Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 27100 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 27100 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 04/05/1992
avverso la sentenza del 28/01/2025 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce l’erronea applicazione della legge penale in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cu all’art. 474 cod. pen., è manifestamente infondato a fronte di una congrua e lineare motivazione che dà conto della non grossolanità del falso (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata); va, inoltre, rilevato che, in ogni caso, non assume alcun rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana «considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la li determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolar del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazion non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti inganno» (Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019, Assane, Rv. 275814 – 01);
considerato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta l’assenza di motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per il delitto di cui all’ar 648 cod. pen., è generico per indeterminatezza perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato;
osservato che il terzo motivo di ricorso, che lamenta la mancata concessione della pena pecuniaria sostitutiva, è manifestamente infondato;
che, invero, in tema di sanzioni sostitutive, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, l’accertamento della sussistenza delle condizioni che consentono di applicare una delle sanzioni sostitutive della pena detentiva breve costituisce un accertamento di fatto, non sindacabile in sede di legittimità, se motivato in modo non manifestamente illogico (cfr. Sez. 3, n. 9708 2 del 16/02/2024, COGNOME, Rv. 286031; Sez 1, n. 35849 del 17/05/2019, COGNOME, Rv. 276716);
che, nella specie, i giudici del merito hanno congruamente esplicitato, facendo corretto riferimento agli elementi negativi di cui all’art. 133 cod. pen., l ragioni della mancata sostituzione (si veda pag. 4 della sentenza impugnata);
ritenuto che il quarto motivo di ricorso che contesta la mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen., oltre che riprodutti
di profili di censura già proposti in appello, è manifestamente infondato in quanto, premesso che l’applicabilità della suddetta diminuente implica un
apprezzamento riservato al giudice di merito e non censurabile in sede di legittimità se immune da vizi logico-giuridici, nel caso di specie, emerge come i
giudici di merito abbiano ritenuto non ravvisabile il danno economico di speciale tenuità sulla base di una congrua e non illogica motivazione (si vedano le pagg.
4 e 5 della impugnata sentenza nella parte in cui si fa riferimento al valore dei beni falsificati e ricettati ed alla non occasionalità della condotta criminosa), in
linea con l’indirizzo incontrastato della Corte di legittimità (cfr. Sez. U, n. 28243
del 28/03/2013, COGNOME Rv. 255528, in motivazione; Sez. 2, n. 15576
del 20/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 255791 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 giugno 2025.