Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 33119 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 33119 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord nel procedimento nei confronti di: NOMECOGNOME nato a Casoria il 25/11/1970
avverso l’ordinanza del 28/03/2024 del Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
lette le conclusioni, per l’indagato, dell’Avv. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza emessa il 28 marzo 2024, e depositata il 4 aprile 2024, il Tribunale di Napoli, pronunciando in sede di riesame, ha accolto l’istanza
presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Napoli Nord, che aveva disposto nei confronti del medesimo la misura cautelare degli arresti domiciliari, in relazione ai reati di cui agli artt. 291 comma 2, 291-ter, comma 2, lett. c), e 296, comma 2, d.P.R. n. 43 del 1973 nonché 474 e 648 cod. pen.
Secondo la contestazione, NOME COGNOME con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, tra il mese di ottobre 2023 e il mese di febbraio 2024, avrebbe detenuto e posto in vendita nel territorio dello Stato tabacco lavorato estero di contrabbando, con l’aggravante della connessione dei fatti con un delitto contro la fede pubblica, integrato dall’art. 474 cod. pen. in quanto pacchetti di sigarette o recavano il medesimo codice identificativo univoco, o non lo riportavano affatto. Il Tribunale, però, ha escluso che il codice identificativ univoco sia qualificabile come marchio o altro segno distintivo, a norma dell’art. 474 cod. pen., e, quindi, ha escluso la configurabilità dei reati di cui agli artt. 4 e 648 cod. pen., nonché, conseguentemente, la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 291-ter d.P.R. n. 43 del 1973, che eleva i limiti edittali del reat contrabbando e rende applicabili misure cautelari personali.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, articolando un unico motivo, preceduto da una breve premessa sullo svolgimento della vicenda cautelare.
Con il motivo, si denuncia vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta esclusione dell’aggravante di cui all’art. 291-ter, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1973.
Si deduce che illegittimamente il giudice del riesame ha escluso la configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 291-ter, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1973, perché ha errato nell’individuare l’oggetto della contraffazione. Si precisa che la fraudolenta, o mancata, apposizione di codici identificativi sui pacchetti di sigarette era da valutare quale “sintomo” della contraffazione dei marchi relativi ai produttori delle sigarette (ad esempio, Marlboro). Si osserva che, se sulla base della normativa europea richiamata, ogni pacchetto di sigarette necessita di un proprio codice univoco, la mancata apposizione dello stesso dimostra l’origine illecita del prodotto, e, conseguentemente, la contraffazione del marchio apposto sullo stesso. Si aggiunge, quanto alle esigenze cautelari, che il pericolo di reiterazione emerge evidente sia dai numerosi precedenti specifici, sia dall’indifferenza dell’indagato alle precedenti condanne e ai ripetuti sequestri.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito precisate.
La questione posta nel ricorso ha ad oggetto la correttezza della motivazione dell’ordinanza impugnata nella parte in cui, pur ritenendo sussistente il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri aggravato dalla recidiva specifica, ha negato la configurabilità dell’aggravante della connessione dello stesso con un reato contro la fede pubblica, a norma dell’art. 291-ter, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 43 del 1973, e precisamente con il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, di cui all’art. 474 cod. pen.
Precisamente, l’ordinanza impugnata ha escluso la configurabilità dell’aggravante – la cui sussistenza implica un massimo edittale che consente l’applicazione di una misura cautelare personale – osservando che segno falso ex art. 474 cod. pen. non può essere il codice identificativo univoco del pacchetto di sigarette, siccome non riconducibile ad un marchio registrato.
Il ricorso osserva che l’ordinanza impugnata ha errato perché ha considerato il codice identificativo univoco mendace come oggetto del reato di cui all’art. 474 cod. pen., mentre, invece, il mendacio o l’omissione relativi al codice identificativo univoco sono elementi indicativi della falsità del marchio di fabbrica (in particolare, “Marlboro” e” Wiston”) apposto sulla singola confezione di sigarette.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto perché evidenzia una lacuna motivazionale dell’ordinanza impugnata, che risulta di assoluto rilievo ai fini del giudizio in ordine alla configurabilità e alla sussistenza del reato di cui all’art. cod. pen., quale reato connesso con quello di contrabbando.
3.1. Innanzitutto, il reato di cui all’art. 474 cod. pen. è senz’altro configurabi se riferito ai marchi di fabbrica apposti sui pacchetti di sigarette.
I marchi di produzione, infatti, sono segni distintivi di un prodotto ai quali applica la tutela della proprietà industriale.
3.2. In secondo luogo, la contestazione formulata dal Pubblico Ministero, per come esplicitata nella richiesta di applicazione della misura cautelare, si riferisce (anche) alla contraffazione del marchio di produzione apposto sulle singole confezioni di sigarette.
Nella indicata richiesta, infatti, si precisa: «Nel caso di specie, l’assenza e l ripetizione del codice identificativo sulle confezioni in sequestro dimostrano, ancor prima di qualsivoglia tipo di analisi tecnica, la non genuinità del relativo tabacco lavorato e, quindi, la contraffazione del marchio e la ricettazione del prodotto – di provenienza delittuosa proprio in ragione della contraffazione del marchio – atteso
che uno specifico codice, come detto, non solo deve essere apposto su ciascuna confezione ma contraddistingue un solo, ed uno soltanto, pacchetto di sigarette».
E il G.i.p., nell’accogliere tale richiesta, aveva accolto tale prospettazione, pur se con una notazione meramente sintetica, nella quale si afferma: «il medesimo codice identificativo, rilevato dalla p.g. all’atto del sequestro, o l’assenza del stesso, sui pacchetti di sigarette, conferma che trattasi di beni contraffatti
3.3. In terzo luogo, la falsificazione o l’omissione del codice univoco identificativo apposto sul singolo pacchetto costituisce circostanza specificamente indicativa della falsità (anche) del marchio di fabbrica, e che, perciò, richiede specifica valutazione da parte del giudice alla cui cognizione è sottoposta l’imputazione.
Invero, il codice identificativo univoco – istituito dalla Direttiva 2014/40/UE e disciplinato dal Regolamento di esecuzione n. 574/2018/UE nonché dal Decreto ministeriale 23 maggio 2019 per le sigarette ed il tabacco da arrotolare – ha la funzione di “tracciare” e “rintracciare” ciascuna confezione unitaria di prodotti del tabacco lungo tutta la filiera produttiva, dal fabbricante fino all’impianto nel qual la stessa è immessa per la prima volta sul mercato. Precisamente, il sistema è il seguente: a) in ogni Stato vi è un emittente di identificativo, che genera e rilascia ai fabbricanti e agli importatori di prodotti del tabacco i singoli codici identifica univoci (in Italia, l’emittente di identificativo è l’Agenzia delle Dogane e d Monopoli); b) il produttore e l’importatore devono apporre il codice identificativo univoco su ciascuna confezione unitaria di prodotti del tabacco, e devono garantire la corretta applicazione e leggibilità di ciascun codice identificativo univoco; c) i questo modo vengono registrati i movimenti di ogni singola confezione lungo tutta la catena di produzione e distribuzione, e ogni codice identificativo univoco deve contraddistinguere un solo, ed unico, pacchetto di sigarette.
Ora, se questo è il sistema, risulta evidente che l’omessa apposizione del codice identificativo univoco, o l’apposizione di un falso codice identificativo univoco, sono circostanze che rendono non identificabile né il produttore, né gli altri soggetti della filiera di distribuzione della singola confezione di sigarette.
Ma, in questa prospettiva, risulta altamente probabile che la falsificazione o l’omessa apposizione del codice identificativo univoco siano accompagnate anche dalla falsificazione del marchio di produzione: da un lato, non è più possibile alcun controllo in ordine alla produzione e distribuzione della singola confezione di sigarette, e, dall’altro, appare poco probabile che il titolare di un marchio noto s esponga ad immettere sul mercato prodotti agevolmente individuabili come “clandestini”.
3.4. In quarto luogo, infine, non è controverso che i pacchetti di sigarette sequestrati all’indagato perché oggetto di contrabbando o riportano un codice
identificativo univoco duplicato, e quindi mendace, o non riportano alcun codice identificativo univoco.
In particolare, l’ordinanza impugnata rappresenta che: a) gli otto pacchetti di sigarette sequestrati il 24 ottobre 2023 riportavano stampato il medesimo codice
identificativo univoco; b) quasi tutti i pacchetti sequestrati il 28 ottobre 202
riportavano stampato il medesimo codice identificativo univoco, salvo otto, i quali non riportavano alcun codice identificativo univoco; c) quasi tutti i pacchetti
sequestrati il 23 novembre 2023 e il 22 gennaio 2024 riportavano stampato il medesimo codice identificativo univoco, salvo due, i quali non riportavano alcun
codice identificativo univoco; d) quasi tutti i pacchetti sequestrati il 21 febbra
2024 riportavano stampato il medesimo codice identificativo univoco, salvo undici, i quali non riportavano alcun codice identificativo univoco.
4. L’accoglimento del ricorso comporta l’annullamento dell’ordinanza impugnata per nuovo giudizio al fine di valutare, innanzitutto, se sussiste
l’aggravante della connessione del reato di contrabbando con quello di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi, di cui all’art. 474
cod. pen., avendo riguardo alla contraffazione del marchio di fabbrica apposto sui singoli pacchetti di sigarette.
Il Giudice del rinvio si determinerà all’esito di una valutazione di tutti g elementi disponibili, evitando di incorrere nella lacuna motivazionale evidenziata in precedenza nei §§ 3, 3.1, 3.2, 3.3 e 3.4.
E, qualora ritenga sussistente l’aggravante in questione, procederà a verificare se sussistano a carico dell’indagato le esigenze cautelari, per come indicate nel ricorso esaminato in questa sede.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
Così deciso in data 07/06/2024.