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Contraffazione marchi ricambi auto: la Cassazione

Un’imprenditrice, titolare di un’azienda di stampa, è stata condannata per aver prodotto ricambi per auto con marchi contraffatti. In Cassazione, pur dichiarando il reato estinto per prescrizione, i giudici hanno confermato le statuizioni civili. La sentenza chiarisce che la ‘clausola di riparazione’ non autorizza la riproduzione del marchio, configurando sempre il reato di contraffazione marchi ricambi auto e l’obbligo di risarcire il danno al titolare del marchio.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contraffazione Marchi Ricambi Auto: Quando la Riproduzione del Logo è Reato

Il settore dei ricambi automobilistici è un terreno fertile per complesse questioni legali, specialmente quando si tocca il tema della proprietà intellettuale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato principi cruciali in materia di contraffazione marchi ricambi auto, stabilendo che la riproduzione del logo di una casa costruttrice su un pezzo non originale costituisce reato, anche se il fine è quello di ripristinare l’aspetto estetico del veicolo. Questo caso offre spunti fondamentali per comprendere i limiti della cosiddetta ‘clausola di riparazione’ e le responsabilità, sia penali che civili, dei produttori.

I fatti del caso: la produzione di ricambi con loghi non originali

La vicenda giudiziaria ha visto come protagonista l’amministratrice di un’azienda specializzata nella stampa per conto terzi. La sua società aveva ricevuto da un’azienda committente, operante nel settore dei ricambi ‘aftermarket’, l’incarico di decorare delle lenti per copricerchi con i marchi di note case automobilistiche. Tali lenti venivano poi applicate sui copricerchi prodotti e commercializzati dalla committente.

In seguito a un’indagine, l’imprenditrice è stata condannata in primo e secondo grado per il reato di contraffazione di marchi industriali, aggravato dall’aver commesso il fatto con allestimento di mezzi e attività organizzate. La difesa dell’imputata ha sempre sostenuto la liceità della condotta, appellandosi alla normativa comunitaria e nazionale che, a suo dire, consentirebbe ai produttori indipendenti di realizzare ricambi di ‘qualità equivalente’ per garantire la libera concorrenza nel mercato post-vendita.

La decisione della Cassazione: reato estinto, ma danno da risarcire

Giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, il caso ha avuto un esito duplice. Sotto il profilo penale, i giudici hanno dichiarato l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, annullando la sentenza di condanna senza rinvio. Questo significa che, a causa del tempo trascorso dai fatti, lo Stato ha perso il potere di punire l’imputata.

Tuttavia, la Corte ha rigettato il ricorso per quanto riguarda gli effetti civili. Ciò comporta la conferma della condanna dell’imputata al risarcimento dei danni in favore della casa automobilistica, parte civile nel processo. Inoltre, l’imprenditrice è stata condannata a rimborsare le spese legali sostenute dalla controparte nel giudizio di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, fornendo chiarimenti essenziali sulla contraffazione marchi ricambi auto.

Irrilevanza della ‘clausola di riparazione’

Il fulcro della difesa si basava sulla ‘clausola di riparazione’ (art. 241 del Codice della Proprietà Industriale), che permette la produzione di componenti di ricambio per ripristinare l’aspetto originario di un prodotto complesso. La Cassazione ha però ribadito un principio consolidato: questa clausola riguarda il design del pezzo, non il marchio. Il marchio è un segno distintivo che garantisce l’origine, l’autenticità e la qualità del prodotto. La sua registrazione conferisce al titolare un diritto di uso esclusivo. Pertanto, la sua riproduzione non autorizzata su un prodotto non originale costituisce sempre una violazione penalmente rilevante. L’uso del marchio altrui è consentito solo sulla confezione del ricambio per indicarne la destinazione, non sul prodotto stesso.

La responsabilità penale e l’aggravante dell’attività organizzata

I giudici hanno respinto anche la tesi della buona fede dell’imputata. In qualità di operatrice professionale del settore, aveva il dovere di informarsi approfonditamente sulla liceità delle lavorazioni commissionate, senza potersi accontentare delle rassicurazioni del committente. La Corte ha inoltre confermato la sussistenza dell’aggravante dell’attività organizzata (art. 474-ter c.p.). La collaborazione pluriennale con l’azienda committente, l’elevato numero di pezzi contraffatti (decine di migliaia) e l’impiego di una struttura aziendale dotata di mezzi e personale sono stati ritenuti elementi sufficienti a integrare un’attività di contraffazione strutturata e professionale, anche se non esclusiva.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un monito importante per tutti gli operatori del mercato dei ricambi indipendenti. La produzione di pezzi ‘compatibili’ o di ‘qualità equivalente’ è lecita, ma incontra un limite invalicabile nella tutela del marchio. Apporre un logo registrato su un prodotto non originale è un’attività illecita che integra il reato di contraffazione. Anche se il procedimento penale dovesse concludersi con una prescrizione, la responsabilità civile per il danno arrecato al titolare del marchio rimane pienamente integra, con il conseguente obbligo di risarcimento. Le aziende del settore devono quindi prestare la massima attenzione, verificando scrupolosamente la legalità delle proprie produzioni per non incorrere in gravi conseguenze economiche e legali.

È legale produrre un pezzo di ricambio non originale e apporvi il marchio della casa automobilistica?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la riproduzione non autorizzata di un marchio registrato su un componente di ricambio non originale integra il reato di contraffazione, in quanto il marchio serve a indicare l’origine e l’autenticità del prodotto e il suo uso è esclusivo del titolare.

La cosiddetta ‘clausola di riparazione’ autorizza a riprodurre il marchio su un ricambio per ripristinare l’aspetto originale del veicolo?
No. La sentenza chiarisce che la ‘clausola di riparazione’ prevista dal Codice della Proprietà Industriale liberalizza la produzione di parti di ricambio per ripristinare l’aspetto estetico di un prodotto complesso (es. carrozzeria), ma non permette in alcun modo l’imitazione o la contraffazione del marchio apposto sul componente originale.

Se il reato penale si estingue per prescrizione, il responsabile deve comunque risarcire il danno alla parte lesa?
Sì. Come deciso in questo caso, anche se il reato viene dichiarato estinto per prescrizione, le statuizioni civili della sentenza di condanna possono essere confermate. Ciò significa che l’imputato, pur non subendo la pena criminale, è comunque tenuto a risarcire il danno causato alla parte civile (il titolare del marchio).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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