Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7987 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7987 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di NOME NOME, nato a Palermo DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 4.7.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui, in data 22.9.2021, il Tribunale del capoluogo siculo aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei fatti di ricettazione e detenzione, per la vendita, di prodotti con marchi contraffatti sicché, ritenuta ipotesi “lieve” di cui (ora) al comma quarto dell’art. 648 cod. pen. e la continuazione tra le due violazioni di legge, lo aveva condannato alla pena finale di mesi 4 di reclusione ed euro 650 ci multa, oltre al pagamento delle spese processuali;
ricorre per cassazione il NOME a mezzo del difensore di fiducia che deduce:
2.1 carenza assoluta di motivazione e manifesta illogicità: segnala, infatti, che la Corte d’appello si è limitata a ripetere quanto già affermato dal primo giudice circa il fatto che i prodotti in questione recavano un marchio che pur non identico a quello originale, era comunque idoneo a trarre in inganno ed a generare confusione, omettendo, tuttavia, di spiegare il perché; aggiunge che né le case madri avevano mai affermato la falsità dei marchi né alcuna perizia o accertamento è stato mai eseguito circa la loro non autenticità; sottolinea che la grossolanità della contraffazione esclude di per sé la configurabilità del reato;
2.2 violazione di legge in relazione agli artt. 157 e 161 cod. pen.: segnala che la contestazione fissa la data di consumazione del reato al 18.2.2014 e che, alla data della sentenza di primo grado, erano decorsi otto anni, quattro mesi e sedici giorni, ovvero un tempo superiore a quello di sei anni, prorogabile di altri due in assenza di ogni riferimento alla recidiva;
la Procura AVV_NOTAIO ha trasmesso la requisitoria scritta ai sensi dell’art. 23, comma 8, del DL 137 del 2020, concludendo per l’inammissibilità del ricorso: premessa la possibilità di integrazione reciproca delle due sentenze di merito, trattandosi di “doppia conforme”, rileva che i giudici di merito hanno vagliato e congruamente argomentato circa il profilo della grossolanità della contraffazione; rileva che, alla luce della contestata recidiva, i reati non erano e non sono a tutt’oggi prescritti;
la difesa ha trasmesso una memoria scritta in cui contesta le considerazioni della Procura AVV_NOTAIO insistendo nell’accoglimento del ricorso sia con riguardo al primo che al secondo motivo rilevando, a tal fine, che la recidiva, pur contestata, non era stata applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo.
1 Il primo motivo, infatti, deduce vizio di motivazione sotto due profili tra loro distinti e, in realtà, logicamente incompatibili: per un verso, infatti, la dife sostiene che nessun accertamento peritale era stato effettuato per verificare la originalità dei prodotti rinvenuti nella disponibilità del ricorrente di cui nemmeno le case madri avevano mai attestato la falsità; nel contempo, poi, ribadisce la sostanziale “inoffensività” della condotta trattandosi, nel caso di specie, di detenzione di prodotti da considerarsi falsi “grossolani” come tali facilmente riconoscibili.
Prescindendo da ogni considerazione circa la “compatibilità” tra le due prospettazioni difensive, è sufficiente rilevare che, con l’atto di appello, la difes aveva posto esclusivamente la seconda delle questioni appena richiamate, sostenendo la natura grossolana degli articoli sequestrati dandone, perciò, per assodata la “falsità” che, perciò, non può formare oggetto di ricorso per cassazione dove non possono essere sollevate questioni sulle quali il giudice di appello non si sia pronunciato, perché non devolute alla sua cognizione (cfr., tra le altre, Sez. 2 – , n. 26721 del 26/04/2023, COGNOME, Rv. 284768 02; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, GLYPH COGNOME, GLYPH Rv. 269745 GLYPH 01; Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, COGNOME, Rv. 266202 – 01).
Tanto premesso, è sufficiente perciò ribadire il consolidato ed uniforme orientamento di questa Corte secondo cui integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libe determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (cfr tra le tante, Sez. 5, n. 30539 del 13/05/2021, NOME, Rv. 281702 – 01; Sez. 2 – , n. 16807 del 11/01/2019, Assane, Rv. 275814 – 01; Sez. 5,n. 5260 del 11/12/2013, NOME, Rv. 258722 01;
Sez. 2, n. 28423 del 27/04/2012, Fabbri, Rv. 253417 – 01, in cui la Corte ha spiegato che, tenuto conto dell’interesse tutelato, ai fini dell’integrazione dei reati non è necessaria la realizzazione di una situazione tale da indurre il cliente in errore sulla genuinità del prodotto; al contrario, in presenza di una contraffazione,
i reati sono configurabili anche se il compratore sia stato messo a conoscenza dallo stesso venditore della non autenticità del marchio e, in applicazione del principio, ha ritenuto che la configurabilità del reato di cui all’art. 474 cod. pen. non era esclusa, nel caso di specie, dalla presenza di locandine che avvertivano della falsità del prodotto offerto in vendita, sulla cui confezione – che riproduceva i marchi originali – figurava la scrittura “falso d’autore”).
2. Il secondo motivo è parzialmente fondato.
Premesso, infatti, che, dalla lettura delle due sentenze di merito non risulta sia stata applicata la pur contestata recidiva, va in primo luogo ribadito che l’ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell’art. 648 cod. pen. non integra una autonoma previsione incriminatrice, ma una circostanza attenuante speciale; ne consegue che, ai fini dell’applicazione della prescrizione, deve aversi riguardo alla pena stabilita dal primo comma del predetto articolo (cfr., in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 14767 del 21/03/2017, COGNOME, Rv. 269492 – 01).
Nel corso del giudizio di appello (tenuto conto dei complessivi periodi di sospensione del suo corso, conseguente ad un primo differimento dovuto alla adesione del difensore alla iniziativa di protesta dell’avvocatura, sfociata nella astensione dalle udienze; un secondo differimento dovuto alla richiesta di un termine per acquisire la procura speciale onde accedere al rito premiale; un terzo differimento dovuto ad impedimento di uno dei difensori) era senz’altro maturato il termine massimo della prescrizione prevista per il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 e 161 cod. pen.
Consegue l’annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata limitatamente al delitto di cui al capo 1) della rubrica con la elisione della pena di mesi 1 di reclusione ed euro 200 di multa stabilita quale aumento per la continuazione sul più grave delitto di cui al capo 2).
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato ex art. 474 cod. pen., di cui al capo 1), perché estinto per prescrizione e, per l’effetto, elimina la relativa pena di mesi uno di reclusione ed euro duecento di multa.
Così deciso in Roma, il 25.1.2024