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Contraffazione grossolana: quando sussiste il reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per aver detenuto a fini di vendita prodotti con marchio contraffatto. La difesa sosteneva che la contraffazione grossolana e la mancata perizia escludessero il reato. La Suprema Corte ribadisce che il reato sussiste a prescindere dall’evidenza della falsificazione, poiché la norma tutela la fede pubblica e non il singolo acquirente. Viene inoltre confermata la distinzione tra ricettazione e incauto acquisto, rigettando la richiesta di riqualificazione del reato.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contraffazione Grossolana: Perché il Reato Sussiste Anche se il Falso è Evidente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale in materia di tutela dei marchi: la contraffazione grossolana. La questione centrale riguarda se la vendita di un prodotto palesemente falso possa essere considerata un reato. La risposta della Suprema Corte è netta e riafferma un principio fondamentale: il reato sussiste perché l’obiettivo della legge non è proteggere il singolo acquirente dall’inganno, ma tutelare la fede pubblica e l’affidamento che i cittadini ripongono nei marchi.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Corte riguarda un ricorso presentato da una persona condannata nei gradi di merito per aver detenuto, ai fini di vendita, prodotti recanti marchi contraffatti. La difesa ha basato il proprio ricorso su due motivi principali: in primo luogo, la mancata effettuazione di una perizia tecnica che accertasse l’effettiva contraffazione e, in secondo luogo, la natura ‘grossolana’ della falsificazione, talmente palese da non poter ingannare l’acquirente finale. Inoltre, la difesa chiedeva di riqualificare il reato da ricettazione (art. 648 c.p.) a quello meno grave di incauto acquisto (art. 712 c.p.).

L’Analisi della Corte e la Contraffazione Grossolana

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni difensive. L’analisi dei giudici offre spunti importanti per comprendere la logica dietro la repressione di questi illeciti.

La Perizia non è una ‘Prova Decisiva’

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che la perizia non rientra nel concetto di ‘prova decisiva’ la cui mancata ammissione possa giustificare un ricorso per cassazione. La perizia è uno strumento ‘neutro’, la cui disposizione è rimessa alla discrezionalità del giudice e non è un diritto della parte. Pertanto, la sua assenza non costituisce un vizio procedurale che inficia la validità della condanna.

Perché la Contraffazione Grossolana è Irrilevante

Il cuore della decisione riguarda il concetto di contraffazione grossolana. La difesa sosteneva che, essendo il falso facilmente riconoscibile, non vi era la possibilità di ingannare l’acquirente, facendo così venir meno l’offensività della condotta. La Cassazione ha respinto con forza questa tesi, ribadendo un principio consolidato nella sua giurisprudenza.

Il reato di cui all’art. 474 c.p. (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) è un reato di pericolo. Ciò significa che la legge non punisce il danno effettivo (l’inganno del singolo compratore), ma la semplice messa in pericolo del bene giuridico tutelato, che in questo caso è la fede pubblica. La fede pubblica è l’affidamento collettivo che i cittadini ripongono nell’autenticità dei marchi e dei segni distintivi, i quali garantiscono l’origine e la qualità dei prodotti industriali.

Di conseguenza, anche se un acquirente è consapevole di comprare un falso (o potrebbe facilmente accorgersene), la circolazione di tali prodotti inquina il mercato e lede la fiducia generale nei marchi, danneggiando sia i consumatori che i titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Non è necessario, quindi, che l’inganno si realizzi concretamente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando come il primo motivo di ricorso fosse manifestamente infondato e intrinsecamente contraddittorio. La difesa, infatti, da un lato lamentava la mancanza di un accertamento tecnico sulla contraffazione, dall’altro ne affermava la palese evidenza.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la richiesta di riqualificare il fatto in incauto acquisto, i giudici lo hanno ritenuto una mera ripetizione di argomentazioni già presentate e respinte in appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire la differenza sostanziale tra le due fattispecie: nella ricettazione, l’agente ha la consapevolezza, anche solo in termini di possibilità (dolo eventuale), della provenienza illecita del bene e ne accetta il rischio; nell’incauto acquisto, invece, c’è una colpa, una negligenza nel non aver riconosciuto segnali di allarme che avrebbero dovuto indurre al sospetto.

Conclusioni

L’ordinanza in commento conferma con fermezza l’orientamento della giurisprudenza in materia di lotta alla contraffazione. Il messaggio è chiaro: l’argomento della contraffazione grossolana non è una valida difesa per escludere la responsabilità penale. La tutela penale è diretta a proteggere l’integrità del mercato e la fiducia dei consumatori a livello generale. Questa decisione serve da monito per chiunque detenga o venda prodotti falsi: la facile riconoscibilità dell’imitazione non rende la condotta lecita, poiché il danno non è l’inganno del singolo, ma l’inquinamento del sistema economico basato sull’autenticità dei marchi.

La vendita di un prodotto con un marchio palesemente falso è comunque un reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato sussiste anche in caso di contraffazione grossolana perché la norma non tutela il singolo acquirente dall’inganno, ma la fede pubblica, ovvero la fiducia collettiva nell’autenticità dei marchi.

È obbligatorio disporre una perizia tecnica per provare che un prodotto è contraffatto?
No. La perizia non è considerata una ‘prova decisiva’ e la sua ammissione è lasciata alla discrezionalità del giudice. La sua mancata effettuazione non costituisce un valido motivo di ricorso per cassazione.

Qual è la differenza tra il reato di ricettazione e la contravvenzione di incauto acquisto?
Nella ricettazione, chi acquista è consapevole della possibile provenienza illecita del bene e accetta il rischio di commettere un reato (dolo eventuale). Nell’incauto acquisto, invece, l’acquirente non si rende conto della provenienza illecita per negligenza, non avendo colto elementi di fatto (come il prezzo troppo basso o la qualità del venditore) che avrebbero dovuto insospettirlo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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