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Contraffazione grossolana: quando il reato sussiste

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per commercio di prodotti con marchi falsi. La difesa sosteneva la tesi della contraffazione grossolana, ma la Corte ha ribadito che la valutazione non dipende dalle modalità di vendita, bensì dall’idoneità del marchio a ingannare il pubblico in generale, tutelando la fede pubblica e non solo il singolo acquirente.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contraffazione Grossolana: Quando il Falso è Reato Anche se Evidente?

L’acquisto di prodotti contraffatti è un fenomeno diffuso, ma quali sono i limiti legali per chi li commercia? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della contraffazione grossolana, chiarendo quando la vendita di merce palesemente falsa costituisce comunque reato. La decisione sottolinea che l’obiettivo della legge non è proteggere solo il compratore disattento, ma un bene più grande: la fiducia collettiva nei marchi.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla condanna di un commerciante per il reato previsto dall’articolo 474 del codice penale, relativo all’introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi. La condanna, emessa in primo grado dal Tribunale di Agrigento e confermata dalla Corte d’Appello di Palermo, viene impugnata dall’imputato con un ricorso in Cassazione.

La tesi difensiva si basava su un punto cruciale: la falsificazione dei prodotti era così evidente da configurare una contraffazione grossolana. Secondo l’imputato, questa palese non autenticità avrebbe dovuto portare a considerare il reato come ‘impossibile’, poiché nessuno avrebbe potuto essere realmente ingannato.

La Valutazione della Contraffazione Grossolana

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, cogliendo l’occasione per ribadire principi consolidati in materia. Il cuore della questione non risiede nelle circostanze specifiche della vendita (come il prezzo basso o l’assenza di etichette), ma nella potenziale ingannevolezza del marchio in sé.

I giudici hanno specificato che l’articolo 474 del codice penale tutela in via principale e diretta la fede pubblica. Questo significa che il bene giuridico protetto è la fiducia che il pubblico ripone nell’autenticità dei marchi e dei segni distintivi. La tutela del singolo acquirente è solo una conseguenza indiretta. Pertanto, per stabilire se una falsificazione è grossolana, non si deve guardare al contesto in cui il prodotto viene venduto, ma alla capacità del falso marchio di trarre in inganno un numero indefinito di persone in un momento successivo alla vendita.

Il Principio della Tutela della Fede Pubblica

La Corte ha affermato che concentrarsi sulle modalità di vendita per giudicare la grossolanità del falso sarebbe un errore. Tali elementi (prezzo, luogo di vendita, assenza di confezioni ufficiali) attengono alla tutela del consumatore, che è oggetto di altre norme. La norma sulla contraffazione, invece, protegge il valore simbolico e la fiducia legati al marchio stesso. Un prodotto, anche se venduto su una bancarella, una volta acquistato entra in circolazione e può ingannare terze persone che non erano presenti al momento della vendita e che quindi non conoscono le circostanze che ne avrebbero potuto rivelare la natura contraffatta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha rigettato la tesi del ‘reato impossibile’ basandosi su una giurisprudenza ormai consolidata. Il falso, per essere considerato innocuo e grossolano, deve essere valutato in astratto, per la sua attitudine a ingannare il pubblico in generale, non il singolo acquirente esperto o sospettoso. La valutazione deve essere parametrata alla visione degli oggetti nella loro successiva utilizzazione da parte di un numero indistinto di soggetti.

Di conseguenza, l’assenza di etichette o altre circostanze simili non sono sufficienti a escludere la punibilità. Ciò che conta è se il marchio falsificato, di per sé, abbia una capacità ingannatoria tale da ledere la fede pubblica. Dichiarando il ricorso inammissibile, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento rigoroso in materia di contraffazione. Le implicazioni pratiche sono significative: per chi commercia prodotti con marchi falsi, è molto difficile invocare l’ipotesi della contraffazione grossolana per sfuggire alla condanna. La giustificazione basata sul fatto che ‘chiunque poteva capire che era un falso’ non regge in tribunale. La legge protegge il valore del marchio e la fiducia del pubblico in senso ampio, punendo la messa in circolazione di falsi a prescindere dal contesto specifico della vendita. La decisione riafferma che la lotta alla contraffazione mira a salvaguardare l’intero sistema economico basato sull’autenticità e l’affidabilità dei segni distintivi.

Cosa tutela principalmente l’articolo 474 del codice penale sul commercio di prodotti falsi?
L’articolo tutela in via principale e diretta la ‘fede pubblica’, cioè la fiducia della collettività nell’autenticità dei marchi, e non primariamente la libera determinazione dell’acquirente.

Perché l’assenza di etichette o il prezzo basso non rendono la contraffazione ‘grossolana’?
Perché tali elementi riguardano le modalità di vendita e la tutela del consumatore, mentre la valutazione della contraffazione grossolana deve basarsi sull’idoneità ingannatoria del marchio in sé, considerato nel suo potenziale uso futuro da parte di un pubblico indeterminato.

Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, in questo caso fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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