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Contraffazione grossolana: perché è reato? Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5451/2024, ha stabilito che la vendita di prodotti con marchi palesemente falsi costituisce reato, anche in caso di contraffazione grossolana. Il ricorso di un imputato, condannato per ricettazione di merce contraffatta, è stato respinto. La Corte ha chiarito che il reato tutela la ‘pubblica fede’ nei marchi e non la libera scelta del singolo acquirente. Pertanto, l’evidenza del falso non rende il fatto non punibile. La sentenza affronta anche questioni procedurali, confermando la validità di una decisione anche se il giudice cessa dall’incarico prima del deposito delle motivazioni.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contraffazione Grossolana: È Reato Anche se il Falso è Evidente?

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 5451/2024 offre importanti chiarimenti su un tema molto dibattuto: la contraffazione grossolana. Ci si chiede spesso se vendere un prodotto palesemente falso possa essere considerato un reato, partendo dal presupposto che nessuno potrebbe essere realmente ingannato. La Suprema Corte ha dato una risposta netta, respingendo il ricorso di un imputato e confermando che la tutela della fede pubblica prevale sulla potenziale ingenuità dell’acquirente. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione fondamentale.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di ricettazione di merce contraffatta, secondo l’articolo 474 del Codice Penale. La Corte d’Appello di Potenza aveva confermato la sentenza di primo grado, dichiarando tuttavia l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione. Nonostante ciò, l’imputato ha deciso di ricorrere in Cassazione, sollevando tre principali motivi di doglianza, tra cui la tesi della contraffazione grossolana.

I Motivi del Ricorso: Capacità del Giudice e Falso Palese

La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso su tre argomentazioni principali, due di natura procedurale e una di merito.

1. La Capacità del Giudice di Primo Grado

L’avvocato ha sostenuto che la sentenza di primo grado fosse nulla perché il giudice che l’aveva emessa era stato rimosso dall’ordine giudiziario dopo la lettura del dispositivo ma prima del deposito delle motivazioni. Secondo la difesa, questo avrebbe minato la capacità del giudice.

2. La Mancata Notifica all’Imputato

Un’altra eccezione procedurale riguardava la mancata notifica della sentenza di primo grado direttamente all’imputato, essendo stata notificata solo al difensore di fiducia. Questo, secondo il ricorrente, avrebbe leso il suo diritto di difesa.

3. La Tesi della Contraffazione Grossolana

Il punto centrale del ricorso era l’argomento secondo cui la contraffazione dei prodotti fosse talmente palese e grossolana da non poter trarre in inganno alcun acquirente. Di conseguenza, secondo la difesa, il fatto non avrebbe dovuto costituire reato.

La Decisione della Cassazione e la tutela della fede pubblica

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi del ricorso, fornendo spiegazioni cruciali su ogni punto.

Sulle questioni procedurali, la Corte ha stabilito che la capacità del giudice deve esistere al momento della deliberazione e della lettura del dispositivo in aula. Il successivo deposito delle motivazioni è un atto distinto che non inficia la validità della decisione presa. Riguardo alla notifica, i giudici hanno chiarito che l’appello validamente proposto dal difensore di fiducia sana qualsiasi vizio, poiché dimostra che la difesa è stata pienamente esercitata.

Il cuore della sentenza, tuttavia, risiede nella disamina della contraffazione grossolana. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il reato previsto dall’art. 474 c.p. non tutela la libera determinazione dell’acquirente, ma un bene giuridico di portata più ampia, la pubblica fede. Questo significa che l’obiettivo della norma è proteggere la fiducia collettiva nei marchi e nei segni distintivi come strumenti di garanzia della provenienza e qualità dei prodotti.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che quello in esame è un reato di pericolo. Per la sua configurazione non è necessario che si realizzi un inganno effettivo ai danni di un consumatore. È sufficiente che la circolazione di prodotti con marchi falsificati crei un pericolo per la fiducia del pubblico. La grossolanità della contraffazione e le particolari condizioni di vendita (ad esempio, a un prezzo irrisorio su una bancarella) non sono sufficienti a escludere la punibilità. Se così non fosse, si finirebbe per tutelare solo i consumatori più sprovveduti, lasciando priva di protezione la pubblica fede, che è il vero oggetto della tutela penale. L’ipotesi del ‘reato impossibile’ non ricorre, poiché la possibilità che anche un solo acquirente possa essere tratto in inganno, o che la fiducia generale nei marchi venga minata, è sufficiente a integrare il delitto.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione conferma che la lotta alla contraffazione non si ferma di fronte all’evidenza del falso. La vendita di prodotti con marchi imitati, anche in modo palese, rimane un’attività illecita perché danneggia un bene collettivo: la fiducia nel mercato e nell’autenticità dei segni distintivi. La decisione ribadisce che la tutela penale è ampia e mira a prevenire il pericolo stesso della circolazione di merci false, indipendentemente dal fatto che un singolo acquisto avvenga con o senza consapevolezza della non originalità del prodotto.

La vendita di un prodotto palesemente falso è considerata reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche la contraffazione grossolana integra il reato previsto dall’art. 474 del Codice Penale, poiché la norma tutela la fiducia del pubblico (pubblica fede) nei marchi, e non il singolo acquirente dall’inganno.

Perché la contraffazione grossolana è punibile se nessuno può essere ingannato?
È punibile perché si tratta di un ‘reato di pericolo’. La legge non richiede che qualcuno venga effettivamente ingannato, ma punisce la semplice messa in circolazione di prodotti con marchi falsi perché crea un pericolo per l’affidamento che i cittadini ripongono in tali segni distintivi.

Una sentenza è valida se il giudice viene rimosso dal suo incarico prima di scrivere le motivazioni?
Sì, la sentenza è valida. La Corte ha chiarito che il requisito della capacità del giudice deve sussistere al momento della decisione e della sua lettura pubblica in aula (dispositivo). Il successivo deposito delle motivazioni è una fase distinta che non incide sulla validità della decisione già presa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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