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Contraffazione grossolana: irrilevante per il reato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per vendita di prodotti con marchio falso. La Corte ribadisce che il reato sussiste anche in caso di contraffazione grossolana, poiché la norma tutela la fede pubblica e non la libera scelta dell’acquirente. Il reato è di pericolo e non richiede l’effettivo inganno del compratore.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Contraffazione Grossolana: Perché la Vendita di Falsi è Sempre Reato

La vendita di prodotti con marchi falsificati costituisce reato anche quando la falsificazione è talmente evidente da non poter ingannare nessuno? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sul tema della contraffazione grossolana, confermando un principio fondamentale: il reato sussiste comunque, perché la legge non protegge il singolo acquirente dall’errore, ma la fiducia collettiva (la fede pubblica) nei marchi. Analizziamo questa importante decisione.

Il Caso: Ricorso contro la Condanna per Vendita di Merce Falsa

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un imputato condannato in Corte d’Appello per i reati di introduzione e commercio di prodotti con marchi falsi (art. 474 c.p.) e ricettazione (art. 648 c.p.). L’imputato ha contestato la sua responsabilità penale sostenendo, tra le altre cose, che i motivi del suo ricorso fossero fondati su una diversa lettura delle prove e che la falsificazione dei prodotti fosse talmente palese da escludere l’inganno per gli acquirenti.

I Motivi del Ricorso e la Tesi della Contraffazione Grossolana

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi principali. I primi due contestavano l’affermazione della sua responsabilità penale, riproponendo argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ritenuto questi motivi inammissibili perché aspecifici e volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.

Il punto centrale, relativo al secondo motivo, riguardava la tesi della contraffazione grossolana. Secondo la difesa, se un prodotto è un falso evidente, non si può configurare il reato perché manca la possibilità di trarre in inganno l’acquirente. Questo argomento viene spesso utilizzato nella pratica, ma si scontra con l’interpretazione consolidata della giurisprudenza.

La Decisione della Cassazione e la Tutela della Fede Pubblica

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire principi giuridici consolidati. La Corte ha spiegato che i primi motivi di ricorso erano inaccettabili in quanto non si confrontavano criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata e chiedevano una rivalutazione del merito, cosa che esula dai poteri della Cassazione.

L’Irrilevanza della Contraffazione Grossolana

Per quanto riguarda la questione cruciale della contraffazione grossolana, la Corte ha riaffermato che il delitto previsto dall’art. 474 del codice penale è un reato di pericolo. Questo significa che la legge intende punire la creazione di un rischio, non necessariamente un danno effettivo. Il bene giuridico protetto non è la libera determinazione dell’acquirente, che potrebbe essere consapevole di comprare un falso, ma la fede pubblica.

La fede pubblica è la fiducia che tutti i cittadini ripongono nell’autenticità dei marchi e dei segni distintivi. Mettere in circolazione prodotti falsi, anche se grossolanamente, mina questa fiducia e danneggia sia il titolare del marchio che l’ordine economico generale. Pertanto, per la configurazione del reato, è sufficiente la detenzione per la vendita di prodotti con marchio contraffatto, senza che sia necessario accertare la possibilità di un inganno concreto.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una giurisprudenza costante e consolidata. I giudici hanno specificato che il reato di cui all’art. 474 c.p. tutela in via principale e diretta la fede pubblica, intesa come affidamento collettivo nei marchi. Questo interesse pubblico trascende la posizione del singolo acquirente. La norma mira a proteggere l’originalità dei prodotti industriali e a garantirne la leale circolazione, a beneficio sia dei consumatori che dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale. Di conseguenza, l’ipotesi del “reato impossibile” per grossolanità della contraffazione non può trovare applicazione, poiché il pericolo per la fede pubblica si concretizza con la sola messa in commercio del prodotto falso. I motivi del ricorrente, volti a una rilettura dei fatti e delle prove, sono stati giudicati al di fuori del perimetro del sindacato di legittimità, che deve limitarsi a verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza poterla sostituire con una propria valutazione.

le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio di estrema importanza pratica: chi vende prodotti contraffatti non può sperare di andare esente da responsabilità penale sostenendo che i falsi erano riconoscibili. La legge punisce la condotta in sé, in quanto lesiva della fiducia del mercato e dei diritti dei titolari dei marchi. Questa decisione conferma la linea dura della giurisprudenza contro ogni forma di contraffazione, sottolineando come la protezione della fede pubblica sia un valore primario per l’ordinamento giuridico, indipendentemente dalla consapevolezza o ingenuità del singolo consumatore.

Vendere un prodotto con un marchio palesemente falso è reato?
Sì, è reato. La Corte di Cassazione chiarisce che il delitto di commercio di prodotti con marchi falsi è un reato di pericolo che tutela la fede pubblica, ovvero la fiducia collettiva nell’autenticità dei marchi. Pertanto, l’inganno effettivo dell’acquirente non è necessario per la configurazione del reato e la grossolanità della contraffazione è irrilevante.

Perché la Corte di Cassazione può dichiarare un ricorso inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando i motivi presentati sono generici, si limitano a ripetere argomentazioni già respinte nei gradi di giudizio precedenti senza un confronto critico con la sentenza impugnata, oppure quando chiedono alla Corte di riesaminare i fatti del processo, un’attività che non rientra nelle sue competenze di giudice di legittimità.

Qual è il bene giuridico protetto dalla norma sulla contraffazione (art. 474 c.p.)?
Il bene giuridico protetto in via principale e diretta non è il patrimonio o la libertà di scelta del singolo acquirente, ma la fede pubblica. La norma tutela la fiducia che i cittadini ripongono nei marchi e nei segni distintivi come garanzia di autenticità dei prodotti industriali, proteggendo al contempo anche il titolare del marchio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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