Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 11730 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 11730 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
COGNOME IMPERIALI NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SOKANE( SENEGAL) il 01/01/1963 avverso la sentenza del 26/11/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso; udito il difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME il quale si Ł riportato ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 26 novembre 2024, la Corte di appello di Salerno confermava la sentenza di primo grado che aveva ritenuto COGNOME responsabile dei reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen.
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore di COGNOME eccependo la nullità della notificazione del decreto introduttivo del giudizio di appello; si evidenzia come in data 03 ottobre 2024 si fosse provveduto ad una irrituale ed onnicomprensiva notifica telematica eseguita contestualmente ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., nonostante nessun tentativo di notifica al domicilio eletto dall’imputato fosse stato effettuato, posto che si era proceduto ad un tentativo di notifica soltanto in data 15 ottobre 2024.
1.2 Il difensore osserva che del tutto apodittica era la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui aveva escluso la grossolanità della contraffazione; la motivazione era inoltre contraddittoria in quanto da un lato si sosteneva che non era mai stata riferita una fattura dei beni in sequestro totalmente diversa da quella dei prodotti originari, per escludere la cd. grossolanità della merce, dall’altra si evidenziava come le caratteristiche dei beni li rendevano ictu oculi contraffatti ad un primo esame, per escludere la necessità dell’invocato accertamento peritale.
1.3 Il difensore eccepisce che la motivazione della Corte di appello era del tutto carente per quanto riguardava la ritenuta insussistenza dell’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 712 cod. pen.
1.4 Il difensore censura inoltre la motivazione della Corte di appello in ordine alla invocata e
disattesa applicazione della causa di esclusione della punibilità ex art. 131bis cod. pen.; analoga considerazione valeva per la mancata concessione delle attenuanti generiche.
1.5 Infine, con riferimento alla richiesta conversione della pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, il difensore osserva che la Corte di appello aveva formulato una mera asserzione, del tutto priva di supporto motivazionale, circa le qualità soggettive del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. Relativamente al primo motivo di ricorso, si deve premettere che, in materia di vizi della vocatio in ius , il Collegio ribadisce che la nullità assoluta e insanabile prevista dall’art. 179 cod. proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazione della citazione sia stata omessa o quando, essendo stata eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da parte dell’imputato; la medesima nullità non ricorre invece nei casi in cui vi sia stata esclusivamente la violazione delle regole sulle modalità di esecuzione, alla quale consegue la applicabilità della sanatoria di cui all’art. 184 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 229539).
Nella parte motiva della sentenza appena richiamata si afferma che, secondo l’art. 179 comma 1 cod. proc. pen. sono insanabili le nullità “derivanti dalla omessa citazione dell’imputato”, mentre l’art. 184 comma 1 stabilisce che “la nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni Ł sanata se la parte interessata Ł comparsa o ha rinunciato a comparire”. Vi Ł un’apparente contraddizione tra le due disposizioni: una infatti stabilisce l’insanabilità della nullità e la seconda, che segue numericamente con un brevissimo intervallo, prevede una sanatoria, ma la contraddizione viene meno se si considera che la prima disposizione si riferisce solo alle nullità “derivanti dalla omessa citazione” e la seconda alle nullità in generale, sicchØ Ł possibile interpretare le due disposizioni nel senso che la prima prevede delle nullità insanabili anche nel caso di comparizione o di rinuncia a comparire, mentre la seconda introduce una sanatoria per tutte le altre nullità della citazione o della notificazione, cioŁ per le nullità ravvisabili in tutti i casi in cui la citazione non Ł stata “omessa”.
Pertanto, mentre l’omissione della notificazione dà luogo a una nullità insanabile, rispetto alla quale non può operare la sanatoria dell’art. 184 comma 1 cod. proc. pen., le altre nullità sono soggette alla sanatoria e rientrano quindi nella categoria delle nullità a regime intermedio o delle nullità relative, con la conseguenza che devono ritenersi sanate se non eccepite tempestivamente: essendo soggetta, come tutte quelle “a regime intermedio”, alla disciplina della deducibilità prevista dagli artt. 180 e 182 cod. proc. pen., nella fattispecie detta nullità – rientrante in quel novero avrebbe dovuto essere dedotta, nel caso di specie, al piø tardi, in sede di conclusioni del giudizio di appello; non essendovi stata alcuna eccezione nel giudizio di appello, il motivo Ł, pertanto, manifestamente infondato.
1.2 Quanto al secondo motivo di ricorso, si deve rilevare come la giurisprudenza di questa Corte ha piø volte precisato che ‘Integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto, senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana, considerato che l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno ed i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno, non ricorrendo, quindi, l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno’ (Sez. 2, n. 16807 del 11/01/2019, COGNOME Rv. 275814); la Corte di appello ha correttamente applicato la giurisprudenza
sopra richiamata con la motivazione esposta a pag. 3 della sentenza impugnata.
1.3 Il terzo motivo di ricorso non si confronta in alcun modo con la motivazione della Corte di appello contenuta alle pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata, che ha escluso si potesse configurare l’ipotesi di cui all’art. 712 cod. pen.
1.4 Analogamente, la richiesta di applicazione dell’art. 131bis cod. pen. Ł stata esclusa dalla Corte di appello evidenziando l’elevato numero dei capi ricettati e la non occasionalità della condotta, con motivazione congrua e coerente con le risultanze processuali; altrettanto corretta Ł la motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche che, essendo esente da manifesta illogicità, Ł insindacabile in cassazione (cfr., ex multis , Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, dep. 16/01/2019, COGNOME, Rv. 275509-03).
1.5 Relativamente al quinto motivo di ricorso, va premesso che la L. n. 689 del 1981, art. 58, conferisce al giudice un potere discrezionale di concedere o meno le sanzioni sostitutive di cui all’art. 53 stessa legge. In particolare, recita l’art. 58 cit. commi 1 e 2 che “il giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., può sostituire la pena detentiva e tra le pene sostitutive sceglie quella piø idonea al reinserimento sociale del condannato. Non può tuttavia sostituire la pena detentiva quando presume che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato”.
La valutazione del giudice compiuta avuto riguardo ai criteri previsti dall’art. 133 cod. pen. costituisce un “accertamento di fatto”, incensurabile in sede di legittimità ove motivato in modo non manifestamente illogico, come nel caso in esame, nel quale la Corte territoriale ha fatto riferimento alle disagiate condizioni economiche dell’imputato, che comportavano una prognosi sfavorevole sull’adempimento della pena pecuniaria.
2. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchØ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 11/03/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME