Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9637 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9637 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/01/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti nell’interesse di: COGNOME Paolo COGNOME nato a Melito di Porto Salvo il 21/12/1976, avverso la ordinanza del 26 settembre 2024 del Tribunale di Reggio Calabria; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi; uditi i difensori del ricorrente, avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno insistito per l’annullamento della impugnata ordinanza, illustrando i motivi da ciascuno separatamente proposti.
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale per il riesame delle misure coercitive di Reggio Calabria rigettava l’appello proposto, ex art. 310 cod. proc. pen., dall’odierno ricorrente avverso l’ordinanza emessa in data 13 agosto 2024 dalla Corte di appello del medesimo distretto (giudice che procede nel merito), che aveva a sua volta rigettato la richiesta di sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, in corso di esecuzione, con quella degli arresti domiciliari, elettronicamente presidiati, in Voghera, respingendo la domanda volta alla rivalutazione della adeguatezza del solo presidio inframurario.
1.1. Il Tribunale rigettava l’appello, ravvisando persistente attualità delle esigenze cautelari di prevenzione speciale, tutelabili solo con la misura di massima afflittività e proporzione della durata della misura rispetto ai termini massimi complessivi.
Si procede nei confronti del ricorrente per due delitti di estorsione in concorso, aggravata anche dal metodo e dalle finalità di agevolazione mafiosa; fatti indicati in imputazione come commessi nell’anno 2016, misura detentiva in corso (per questa causa) dal 21 febbraio 2021; imputato detenuto per altro titolo cautelare dal maggio 2017.
Con i motivi di ricorso proposti, nell’interesse dell’imputato, i difensori deducono:
Avv. NOME COGNOME.
3.1. Violazione e falsa applicazione della legge penale, inosservanza di quella processuale, posta a pena di nullità, e vizi esiziali di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b, c ed e, in riferimento agli artt. 416 bis.1 cod. pen., 125, 274, 275, comma 3, 299, cod. proc. pen.; 27, comma secondo, 111 Cost., 6 CEDU), con riguardo alla ritenuta presunzione di adeguatezza della sola misura carceraria, pur a fronte del sopravvenuto annullamento (con rinvio) disposto da altra sezione di questa Corte in riferimento a distinta imputazione associativa di carattere mafioso (con ruolo apicale); al carattere della presunzione, non assoluta, come insegna la giurisprudenza costituzionale intervenuta a mitigare i rigori del testo originario dell’art. 275, comma 3,. cod. proc. pen.; al superamento della detta presunzione per effetto delle dichiarazioni di altro collaboratore di giustizia (COGNOME escusso sul punto. In particolare, il Tribunale per il riesame, così come la Corte di appello che procede nel merito, nel valutare l’adeguatezza del presidio inframurario, anche in termini di attualità, non avrebbero prestato alcuna attenzione al rilevante annullamento (con rinvio) della sentenza di condanna per il reato di partecipazione associativa mafiosa, con ruolo apicale (dal 2009 al 2017), al virtuoso percorso formativo e risocializzante calcato dall’imputato nel lungo periodo cautelare sofferto, alle dichiarazioni del COGNOME che non riconosceva all’imputato alcuna funzione rilevante ed efficace nell’ambito del sodalizi mafioso (cosca COGNOME della ‘ndrangheta reggina) a base familiare.
– Avv. NOME COGNOME
3.2. Inosservanza della norma processuale, stabilita a pena di nullità (art. 606, comma 1, lett. b e c, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 310, 127, 299 cod. proc. pen avendo il Tribunale esaminato e valorizzato elementi dimostrativi della attualità dei pericula libertatis che non risultano formalmente acquisiti agli atti della procedura incidentale (verbali di interrogatorio del collaboratore di giustizia NOME COGNOME che riferisc circostanze datate all’anno 2017; decreti che hanno disposto la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, per anni quattro, nei confronti dell’imputato); con la conseguenza che tali fonti informative sono state utilizzate e valorizzate senza che su di esse le parti abbiano potuto esercitare il contraddittorio.
3.3. Violazione e falsa applicazione della legge penale e vizi esiziali della motivazione (artt. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen., in riferimento agli articoli 629 e 416 bis.1 cod. pen., 275, comma 3, 299, comma 1, cod. proc. pen.), avendo il Tribunale del controllo cautelare del tutto omesso di esaminare e valorizzare la durata delle privazioni sofferte, la dimostrata rescissione dei vincoli con l’ambiente criminale di provenienza, il comportamento tenuto in costanza di detenzione, l’attività di risocializzazione tenuta nel corso del lungo intervallo detentivo. In particolare, il Tribunale, diversamente da quanto fatto per il coimputato COGNOME, ha rifiutato il confronto con la pronuncia rescindente, resa in sede di legittimità, in riferimento al diverso processo che vede imputato il ricorrente per fatti associativi mafiosi (con funzione apicale), ove era stata censurata l’attendibilità di alcuni collaboratori di giustizia che avevano deposto in quel diverso processo. Il Tribunale, inoltre, argomenta il tema della attualità della vicinitas mafiosa valorizzando elementi datati ad anni antecedenti il 2017 (anno di decorrenza della privazione della libertà del COGNOME), laddove invece pretermette qualsivoglia analisi dei comportamenti carcerari successivi a tale data. Impropria e apodittica è anche la valorizzazione della permanenza delle esigenze cautelari in diverso processo ove, alla scarcerazione per decorrenza dei termini massimi di fase è conseguita (ai sensi e per gli effetti dell’ad 307 cod. proc. pen.) l’applicazione di misure non detentive. Il Tribunale, ancora, insiste nel valorizzare le condotte tenute con i reati per cui si procede, senza tener conto che tali condotte vanno contestualizzate e racchiuse in un preciso periodo storico (quello che precede l’anno 2017), senza che nessun elemento possa indurre ad attualizzare quella ritenuta pericolosità; anzi, il Tribunale ha mancato di valorizzare il tempo decorso dalla data di applicazione della misura (oltre sette anni), tempo caratterizzato da evidente sforzo risocializzante compiuto dall’imputato. Il Tribunale ha infatti del tutto negletto le dichiarazioni del collaborato NOME COGNOME che riferiva della condotta tenuta dal ricorrente in costanza di detenzione, del tutto incompatibile con l’attualità dell’inserimento nel contesto mafioso a base familiare. Il Tribunale, infine, nulla obietta, se non espressioni meramente tautologiche, circa la inidoneità in concreto della misura degli arresti domiciliari, elettronicamente presidiati, in luogo distante circa mille chilometri dal territorio ove la cosca esercita il controllo mafioso Corte di Cassazione – copia non ufficiale
del.territorio. Ancora una volta, il Tribunale non fa altro che condurre apoditticamente alla attualità i peri cula libertatis datati ad epoca antecedente al 2017, del tutto cancellando le tracce documentali di una lunga condotta carceraria più che virtuosa, fondando peraltro tale valutazione su elementi di conoscenza non acquisiti nel contraddittorio.
Con memoria trasmessa a mezzo p.e.c. in data 23 dicembre 2024, la difesa ha replicato agli argomenti valorizzati dal Pubblico ministero, insistendo per l’annullamento della ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
1.1. La richiesta rivolta al giudice che procede nel merito recava un preciso petitum, circoscritto nella domanda di sostituzione della misura cautelare di massima afflittività con quella degli arresti domiciliari, elettronicamente presidiati, in diversa e lontana Regione; il che presuppone la non contestazione della inalterata consistenza del quadro gravemente indiziario, già peraltro cristallizzato dal giudicato cautelare formato sulla posizione dell’istante per i fatti descritti in imputazione, così come aggravati, anche dal metodo e dalle finalità di agevolazione mafiosa.
Orbene, deve preliminarmente evidenziarsi che nella fattispecie, in ragione del reato oggetto di imputazione, per come aggravato, opera il comma 3 dell’art. 275 cod. proc. pen., che pone una presunzione “temperata” di adeguatezza del presidio di massima afflittività, ove il fatto sia commesso (come nella fattispecie contestata) con metodo o per finalità di agevolazione mafiosa.
1.2. Ciò posto, questa Corte ha già avuto modo di affermare che la pericolosità sociale, anche nel suo massimo grado espressivo, nei termini cristallizzati dal legislatore all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., si desume congiuntamente dall’apprezzamento prognostico di fatti storicizzati, quali le specifiche modalità e circostanze del fatto e dal personalità dell’agente (Sez. 6, n. 45489, del 21/6/2018; Sez. 5, n. 49038, del 14/6/2017, Rv. 271522; Sez. 1, n. 37839, del 2/3/2016, Rv. 267798; Sez. 3, n. 1166, del 2/12/2015 – dep. 14/1/2016, COGNOME, Rv. 266177).
1.3. Anche sul tema della adeguatezza della sola restrizione inframuraria (art. 275, cod. proc. pen.) il Tribunale si era già espresso nella sede propria di riesame, con provvedimenti “stabilizzati” sui temi della gravità indiziaria, delle esigenze cautelari e della adeguatezza del presidio applicato.
1.4. Il Tribunale della cautela, con il provvedimento oggi impugnato, emesso quale giudice di appello ex art. 310 cod. proc. pen., non si è limitato ad opporre il “giudicato cautelare” già formatosi, ma ha esplicitamente affrontato il tema della presunzione di adeguatezza scolpita al comma 3 dell’art. 275 del codice di rito, ritenendola non vinta da
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alcun sopravvenuto elemento di novità concreta, né per il tempo trascorso dalla applicazione della misura (nell’ambito dei termini di fase e complessivi indicati dal legislatore processale) poteva ritenersi sproporzionato rispetto alla misura della sanzione irrogata, nella conformità verticale del giudizio di merito.
Si è già detto che il tema posto con i motivi della impugnazione incidentale era quello della attuale adeguatezza della restrizione inframuraria, avendo la difesa evidenziato che la più volte richiamata presunzione di adeguatezza (art. 275, comma 3, cod. proc. pen.) del solo presidio carcerario era stata incrinata e vinta dalle vicende sopravvenute (fruttuoso percorso formativo calcato in costanza di detenzione, con il conseguimento di titoli di studio universitari; annullamento con rinvio della condanna per ipotesi di partecipazione associativa mafiosa a base familiare, con ruolo direttivo; sopravvenute dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME che in riferimento al comune periodo di detenzione aveva avuto modo di notare che il ricorrente non rivestiva più alcun ruolo rilevante in seno alla sodalità mafiosa a base familiare).
2.1. Il giudice dell’appello cautelare ha invece ritenuto che la presunzione di adeguatezza della sola misura carceraria non potesse ritenersi vinta da alcun sopravvenuto e segnalato elemento naturalistico o giuridico di valutazione. Non il tempo trascorso dalla data di applicazione della misura, non sproporzionato rispetto alla misura della pena inflitta in primo e secondo grado. Non il percorso formativo calcato in regime detentivo, non apprezzabile nell’incidente cautelare, nel cui ambito la detenzione non è funzionale alla rieducazione ed al recupero sociale del detenuto. Non le dichiarazioni del collaboratore COGNOME ritenute didascaliche, assertive e, soprattutto, contrastate dalle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME che avrebbe riferito (in tempi successivi alla data di emissione ed esecuzione del titolo genetico) di un ruolo ancora attuale (in tempi successivi al 2017) del ricorrente all’interno del sodalizio, oltre alla valutazione di attual pericolosità sociale stimata in sede di prevenzione, ove la disposta misura di prevenzione della sorveglianza speciale era divenuta definitiva per infruttuoso esaurimento dei giudizi di impugnazione.
2.2. Sulla base di questi decisivi elementi ha dunque concretamente apprezzato l’inanità della misura domiciliare invocata, a contenere la spinta criminale dell’agente, per come rappresentata dai fatti per cui è cautela (ripercorsi in motivazione) e dagli allarmanti rapporti di contiguità familistica con la cosca nel cui interesse il ricorrente ha, con metodo mafioso, mosso la sua pretesa estorsiva.
Si è pure già detto che la contestazione (preliminare) di natura processuale che la difesa muove con i motivi di ricorso consiste proprio nella violazione del contraddittorio “sulla prova”, avendo il Tribunale assegnato un ruolo decisivo, nell’ambito della valutazione di adeguatezza della misura in essere, ad elementi (dichiarazioni recenti del collaboratore
di gi.ustizia NOME COGNOME e definitività della misura di prevenzione .applicata) la cui traccia grafica non si rinviene agli atti del fascicolo formato per la decisione incidentale; né il Tribunale della cautela ha indicato la fonte di tali conoscenze (atti di altro procedimento incidentale ovvero atti del giudizio di merito trasmessi dal giudice che procede o dal Pubblico ministero e non affoliati al fascicolo formato per la procedura incidentale).
3.1. Orbene, dal doveroso esame degli atti trasmessi a questa Corte ed accessibili in ragione del vizio processuale dedotto, non emerge la traccia grafica di tali fonti informative, sicché prende ineluttabilmente consistenza il sospetto (non avversato da significanti orientati in verso contrario) che le parti non siano state poste nelle condizioni di prendere conoscenza di tali fonti di informazione e di contraddire sul loro significato e sulla lor efficacia euristica. Il che produce il vizio esiziale del provvedimento impugnato, che la difesa ha tempestivamente eccepito con il motivo di ricorso proposto (Sez. U, n. 15403 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 286155 – 01: Nel giudizio di appello cautelare, celebrato nelle forme e con l’osservanza dei termini previsti dall’art. 127 cod. proc. pen., possono essere prodotti dalle parti elementi probatori “nuovi” nel rispetto del contraddittorio e del principio di devoluzione, contrassegnato dalla contestazione, dalla richiesta originaria e dai motivi contenuti nell’atto di appello; in particolare, la valorizzazione del principio del contraddittorio sui nova dedotti dalle parti si legge alle pagine 23 e ss. della motivazione, sub 11.4. e 11.5, ove si richiama anche la precedente decisione assunta a Sezioni Unite, n. 18339 del 31/03/2004, COGNOME, Rv. 227357; per l’affermazione del principio della tutela del contraddittorio informato nell’incidente cautelare, si veda pure Sez. 2, n. 3854 del 30/11/2021, dep. 2022, Aprovitola, Rv. 282687 – 03).
L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio al Tribunale per il riesame di Reggio Calabria per nuovo esame da svolgere sulla base di elementi di valutazione, anche “nuovi”, ma acquisiti e valutati nel pieno contraddittorio delle parti.
4.1. Ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen. la presente sentenza va comunicata al ricorrente detenuto a cura del direttore dell’istituto penitenziario di detenzione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria, competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc. pen.
cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. -J rd < Manda alla cancelleria per gli adempimenti di proc. pen.
Così deciso il 7 gennaio 2025.