Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1199 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1199 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 03/12/2024
R.G.N. 31418/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME COGNOME nata il 25/12/1972, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME di fiducia;
avverso la sentenza del 02/07/2024 della Corte di appello di Milano, quarta sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non Ł stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5duodecies del d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112 e che, conseguentemente, il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176 e succ. modif., depositata in data 14/11/2024 con la quale il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto che venga disposta, ai sensi dell’art. 619 cod. proc. pen., la rettifica del dispositivo della sentenza impugnata;
preso atto che il difensore fiduciario di NOME COGNOME non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Pavia emessa in data 21/07/2023 all’esito di giudizio abbreviato, così statuiva:
confermava il giudizio di responsabilità nei confronti di NOME COGNOME per i delitti di ricettazione e di detenzione per la vendita di prodotti industriali con modelli e/o segni distintivi contraffatti, in particolare n. 167 capi di abbigliamento con marchio contraffatto rinvenuti presso i locali della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE di cui l’imputata era titolare;
previa disapplicazione della ritenuta recidiva specifica, rideterminava la pena inflitta in anni uno, mesi sette di reclusione ed euro 650,00 di multa.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, tramite il difensore di fiducia, articolando due motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen., il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art 131 bis cod. pen.
La sentenza impugnata Ł manifestamente illogica in quanto ha escluso la particolare tenuità del fatto, dando rilievo alla quantità dei capi di abbigliamento con marchio contraffatto detenuti, senza in alcun modo considerare la liceità e regolarità della ‘restante’ attività imprenditoriale svolta dall’imputata e valorizzando inoltre l’esistenza di un precedente penale specifico (peraltro risalente nel tempo) che, tuttavia, non Ł sufficiente a configurare la causa ostativa del comportamento abituale occorrendo, invece, la commissione di almeno due illeciti della stessa indole di quello per cui si procede.
2.2. Con il secondo motivo si deduce contraddittorietà della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio evidenziando che nella parte motiva della sentenza impugnata la pena- in ragione della disposta disapplicazione della recidiva – Ł stata rideterminata in un anno di reclusione ed euro 400,00 di multa, mentre in dispositivo la sanzione Ł indicata in un anno, sette mesi di reclusione ed euro 650,00 di multa e cioŁ in misura addirittura superiore a quella irrogata dal giudice di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il primo motivo Ł manifestamente infondato.
La Corte di appello ha escluso la ricorrenza della causa di non punibilità prevista dall’art. 131bis cod. pen. affermando l’insussistenza di entrambi i presupposti richiesti dalla norma citata.
Vero Ł che il giudizio formulato in ordine alla ravvisata abitualità di comportamento Ł stato fondato sulla esistenza a carico dell’imputata di un precedente penale specifico e che tale assunto non Ł in linea con il principio dettato dalla pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite n. 13682 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 6665915, secondo cui il comportamento Ł abituale quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, ha commesso almeno due illeciti della stessa indole, oltre quello preso in esame.
E’ tuttavia altrettanto vero che, la valutazione in ordine alla assenza del presupposto dell’offesa particolarmente tenue – che, di per sØ solo, Ł sufficiente ad escludere la causa di non punibilità anche ove non vi sia l’abitualità di comportamento – non Ł manifestamente illogica avendo la Corte valorizzato la quantità assai elevata dei capi di abbigliamento (n. 167) contraffatti e detenuti a fini di vendita presso i locali della azienda di cui l’imputata era titolare e, dunque, avendo dato rilievo al concreto disvalore del fatto ritenuto, con valutazione discrezionale non sindacabile in questa sede.
Diversamente da quanto dedotto dalla ricorrente, la circostanza che la stessa svolgesse comunque anche lecita e regolare attività di commercio nell’ambito della impresa individuale di cui era titolare, non consente di qualificare gli illeciti commessi in termini di minima offensività: al contrario ciò rende ancora piø marcata la violazione della tutela dei consumatori nella genuinità dei segni distintivi di prodotti, evidentemente maggiormente riposta negli esercizi operativi sul mercato.
E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso relativo alla contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in punto di rideterminazione del trattamento sanzionatorio che Ł in contrasto con il dispositivo.
La Corte di appello, a seguito di esclusione della recidiva specifica ritenuta dal giudice di primo grado in equivalenza alle concesse circostanze attenuanti generiche, in parte motiva ha rideterminato la pena inflitta in un anno di reclusione ed euro 400,00 di multa, mentre il dispositivo in calce ed anche quello letto in udienza riportano entrambi la diversa sanzione di anni uno, mesi sette
di reclusione ed euro 650,00 di multa, addirittura superiore a quella irrogata dal Tribunale nonostante la disapplicazione dell’aggravante.
¨ evidente, pertanto, il contrasto logico tra motivazione e dispositivo che non può essere emendato da questa Corte poichØ l’intervenuta disapplicazione della recidiva comporta la necessità di operare sulla pena base (anni due di reclusione ed euro 800,00 di multa) la riduzione per le concesse circostanze attenuanti generiche: operazione che, essendo discrezionale, compete al giudice di merito.
La sentenza impugnata deve, dunque, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, per nuovo giudizio in relazione al solo trattamento sanzionatorio; nel resto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Milano. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così Ł deciso, 03/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME