Contrabbando Sigarette: Non Serve la Prova del Tabacco per la Condanna
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su alcuni aspetti cruciali del reato di contrabbando sigarette, un illecito che continua a rappresentare una sfida per le autorità. La Suprema Corte ha fornito chiarimenti importanti sui requisiti necessari per la configurabilità del reato, specificando come si determina la quantità illecita e quando è possibile escludere la punibilità per la tenuità del fatto. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale preciso, con implicazioni dirette per la difesa e l’accusa in procedimenti simili.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato nei gradi di merito per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri. La difesa dell’imputato aveva sollevato tre principali motivi di doglianza contro la sentenza della Corte d’Appello, puntando a smontare l’impianto accusatorio su questioni tecniche e di diritto sostanziale.
I Motivi del Ricorso e le Regole sul Contrabbando Sigarette
L’imputato, tramite il suo legale, ha contestato la sentenza di condanna basandosi su tre argomentazioni principali:
1. Mancato accertamento della presenza di tabacco: La difesa sosteneva che mancasse una prova certa sulla reale presenza e quantità di tabacco nelle sigarette sequestrate, ritenendo tale accertamento indispensabile per configurare il reato.
2. Errata valutazione del peso: Si contestava il metodo di calcolo della quantità di sigarette, ritenendo che dovesse basarsi sul peso effettivo e non su un criterio convenzionale.
3. Applicabilità della non punibilità: Si richiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, data la presunta lieve entità dell’offesa.
La Decisione della Cassazione e i Principi sul Contrabbando Sigarette
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire principi consolidati in materia di contrabbando sigarette.
Il Primo Motivo: la Prova del Tabacco non è Necessaria
La Corte ha chiarito che, ai fini del delitto previsto dall’art. 291-bis del d.P.R. 43/1973, non sono necessari accertamenti specifici sulla concreta pericolosità del tabacco o sulla sua esatta quantità in ogni singola sigaretta. Il bene giuridico tutelato da questa norma è diverso da quello protetto dalle norme sugli stupefacenti (come l’art. 73 d.P.R. 309/1990), dove l’analisi qualitativa e quantitativa della sostanza è fondamentale. Nel contrabbando, l’oggetto della condotta è la sigaretta come prodotto finito, e la sua natura di tabacco lavorato è presunta.
Il Secondo Motivo: il Peso si Calcola con il “Chilogrammo Convenzionale”
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile. I giudici hanno specificato che il reato di contrabbando fa riferimento alla nozione di chilogrammo convenzionale, come definito dalla normativa fiscale (art. 39-quinquies d.lgs. 504/1995). Secondo questo criterio, un chilogrammo convenzionale corrisponde a un numero predeterminato di prodotti (es. mille sigarette), indipendentemente dal loro peso reale. La Corte di merito, quindi, aveva correttamente applicato questo parametro per quantificare la merce sequestrata.
Il Terzo Motivo: Esclusa la Particolare Tenuità del Fatto
Infine, la Cassazione ha respinto la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p. La Corte d’Appello aveva già motivato, in modo adeguato e logico, l’insussistenza dei presupposti per la non punibilità, considerando che la quantità complessiva di tabacco sequestrato, pari a 12 kg, non poteva in alcun modo qualificare l’offesa come di “particolare tenuità”.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su una chiara distinzione tra la natura del reato di contrabbando e altri reati. Il contrabbando tutela primariamente gli interessi erariali dello Stato, ovvero la corretta riscossione delle imposte sui tabacchi, più che la salute pubblica. Per questo motivo, la legge si concentra sulla quantità di prodotti commercializzati illecitamente, utilizzando un’unità di misura (il chilogrammo convenzionale) che semplifica l’accertamento e lo rende oggettivo. La pericolosità intrinseca del prodotto è irrilevante ai fini della configurazione del reato. La decisione di non applicare la causa di non punibilità per tenuità del fatto si basa su un giudizio quantitativo: una soglia di 12 kg è stata ritenuta sufficientemente elevata da escludere a priori la lieve entità dell’offesa, confermando la discrezionalità del giudice di merito se adeguatamente motivata.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un approccio rigoroso nella repressione del contrabbando sigarette. Stabilisce in modo inequivocabile che le contestazioni tecniche sulla composizione del prodotto o sul suo peso effettivo hanno scarse probabilità di successo. Il riferimento al chilogrammo convenzionale e l’irrilevanza dell’analisi chimica del tabacco rendono l’accertamento del reato più snello e oggettivo. Inoltre, la pronuncia sottolinea che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto difficilmente trova applicazione di fronte a quantitativi significativi, consolidando la linea dura contro un fenomeno criminale che danneggia l’erario e altera il mercato.
È necessario analizzare chimicamente le sigarette per provare il reato di contrabbando?
No. Secondo la Corte di Cassazione, ai fini del reato di contrabbando di cui all’art. 291-bis d.P.R. n. 43/1973, non sono necessari accertamenti sulla concreta pericolosità del tabacco o sulla sua esatta quantità in ogni sigaretta.
Come si calcola la quantità di sigarette nel reato di contrabbando?
La quantità non si basa sul peso effettivo, ma sul cosiddetto “chilogrammo convenzionale”, una misura legale definita dall’art. 39-quinquies d.lgs. n. 504/1995, che corrisponde a un numero specifico di pezzi (ad esempio, mille sigarette).
Quando può essere applicata la non punibilità per “particolare tenuità del fatto” nel contrabbando di sigarette?
La non punibilità può essere applicata solo per offese minime. Nel caso esaminato, la Corte ha ritenuto che un quantitativo di 12 kg di tabacco sequestrato esclude la possibilità di qualificare il fatto come di “particolare tenuità”.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25619 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25619 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME – che deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato accertamento della presenza di tabacco nelle stecche di sigarette sequestrate – è inammissibile, dovendosi ribadire che, ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 291-bis d.P.R. 23 genn 1973, n. 43,/non sono necessari accertamenti sulla concreta pericolosità del tabacco o sul quantitativo di tale sostanza contenuto in ogni singola sigaretta, diversi essendo, rispetto al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 il bene tutelato dalla norma e la tipizzazione dell’oggetto della condotta (Sez. 3, n. 9701 del 17/01/2024, Zhu, Rv. 286030-02);
rilevato che il secondo motivo, che denuncia I vizio di motivazione in relazione al peso effettivo delle stecche di sigarette, è parimenti inammissibile in quanto, come già affermato da questa Corte, il delitto di cui all’art. 291-bis, comma 1, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, recepisce la nozione di chilogrammo convenzionale contenuta nell’art. 39-quinquies d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, corrispondente a: a) duecento sigari; b) quattrocento sigaretti o c) mille sigarette (Sez. 3, n. 9701 del 17/01/2024, Zhu, Rv. 286030-01), e nel caso di specie, la Corte di merito si è correttamente attenuta a tale parametro;
rilevato che il terzo motivo, che lamenta la violazione di legge in relazione all’art 131-bis cod. pen., è inammissibile, in quanto la Corte di merito, con adeguata e non manifestamente illogica motivazione, ha ribadito l’insussistenza dei presupposti della causa di non punibilità in esame, non potendosi l’offesa qualificare di “particolare tenuità” in considerazione del tabacco complessivamente sequestrato, pari a 12 kg.;
stante l’inammissibilità del ricorso e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2024.