Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8143 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 8143  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 29/11/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME, nato a Catania il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Sorrento il DATA_NASCITA;
COGNOME NOME, nato a Wolfsburg (Germania) il DATA_NASCITA;
NOME, nato a Cerignola il DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 20/10/2022 della Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e COGNOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
uditi i difensori, AVV_NOTAIOti: NOME COGNOME e NOME COGNOME, per COGNOME; NOME COGNOME in sostituzione dell’AVV_NOTAIO, per COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 dicembre 2022, resa all’esito del giudizio abbreviato, il Gup del Tribunale di Bolzano ha condannato COGNOME NOME alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione e C 5.221.869,00 di multa, COGNOME NOME alla pena di anni 7 e mesi 2 di reclusione e C 7.832.803,00 di multa, COGNOME NOME alla pena di anni 4 e mesi 4 di reclusione e C 5.221.869,00 di multa, COGNOME NOME a quella di anni 3 e mesi 10 di reclusione e C 5.221.869,00 di multa, per i seguenti reati, unificati sotto il vincolo della continuazione, ai sensi dell’art. 81 cod. pen.
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per il reato previsto dall’art. 416, primo e secondo comma, cod. pen., perché si associavano – COGNOME nel ruolo di organizzatore, gli altri in quello di autisti – all scopo di commettere in diversi Stati dell’Unione Europea più delitti di cui all’art. 40, primo comma, lettera b) , e quarto comma, del d.lgs. n. 504 del 1995, organizzando e promuovendo il trasporto dalla Germania, e la successiva vendita in Italia, di prodotti energetici sottratti al pagamento dell’accisa.
COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, per i delitti di cui agli artt. 110 e 61, n. 7), cod. pen., 40, primo comma, letter b), e quarto comma, del d.lgs. n. 504 del 1995, 3 della legge n. 146 del 2006 e 61-bis cod. pen., per avere sottratto, in associazione tra loro e agendo in più di uno Stato dell’Unione Europea, ingenti quantità di prodotto energetico al pagamento dell’accisa, con le aggravanti della transnazionalità della condotta delittuosa, della rilevante gravità del fatto di reato – arrecante un ingente danno non solo economico, ma anche sociale e ambientale – e della recidiva: a) reiterata, specifica e infraquinquennale, ex art. 99, quarto comma, cod. pen., per COGNOME NOME, sul rilievo sia della datazione dell’ultima sentenza penale pronunciata nei suoi confronti – risalendo la decisione al 2015 e i fatti qui addebitati al biennio 2018/2019 – sia delle precedenti condanne per il reato di truffa, che si ritiene avere la stessa indole di quello ivi contestatogli; b) reiterata specifica per COGNOME NOME, per essere anch’egli destinatario di precedenti condanne per reati della stessa indole di quelli per cui si procede; c) reiterata semplice, ai sensi dell’art. 99, primo comma, cod. pen., per COGNOME NOME, privo di precedenti penali specifici; d) semplice per COGNOME NOME, avente a proprio carico un unico precedente penale.
COGNOME NOME, per il delitto di cui all’art. 648-ter.1, cod. pen., perché, avendo commesso i reati previsti dagli artt. 416 cod. pen. e 40, primo comma, lettera b) , e quarto comma, del d.lgs. n. 504 del 1995, in qualità di amministratore delegato della società di diritto ceco RAGIONE_SOCIALE, trasferiva in attivit imprenditoriali o economiche, e investiva in beni di lusso, parte dei profitti provenienti dalla commissione dei delitti a lui addebitati, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa; nello specifico, i
bonifici fittizi transitati dal conto della RAGIONE_SOCIALE, società cartiera, alla RAGIONE_SOCIALE, l’esborso di C 300.000,00 per l’acquisto del 49% delle quote della società RAGIONE_SOCIALE, l’acquisto dell’imbarcazione da diporto Sunseker 61.
Visti gli artt. 29, 32 e 32 -quater cod. pen., inoltre, la sentenza di primo grado ha condannato COGNOME NOME alle pene accessorie dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e, durante la pendenza della pena, dell’interdizione legale e dell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione, disponendo altresì l’interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni 5 a carico di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
A carico di tutti gli imputati, infine, sono state disposte la condanna alle spese processuali e la confisca prevista dagli artt. 240 cod. pen. e 44 del d.lgs. n. 504 del 1995, diretta o per equivalente, fino al valore di C 3.916.401,00, delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato – e, in particolare, del deposito in Milano, delle pompe di benzina della società RAGIONE_SOCIALE, nonché degli automezzi, trattori e rimorchi di pertinenza del reato – del denaro, dei beni mobili o immobili nella disponibilità degli imputati, della barca Sunseker 61, delle autovetture intestate a COGNOME NOME e delle quote societarie, del denaro, dei beni mobili e di quelli immobili nella disponibilità delle società prestanome costituenti l’architettura dell’organizzazione criminale RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e della ditta individuale RAGIONE_SOCIALE NOME. Con medesima sentenza, il Gup del Tribunale di Bolzano ha assolto gli imputati dai reati di cui agli artt. 110 e 515 cod. pen., nonché COGNOME NOME e COGNOME NOME dal reato di inquinamento ambientale, previsto dall’art. 452-bis cod. pen., perché, in entrambi i casi, non era stata raggiunta la prova della sussistenza del fatto.
La Corte di appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con sentenza del 20 ottobre 2022, ha parzialmente riformato il provvedimento di primo grado, assolvendo COGNOME NOME dal reato di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen., limitatamente all’acquisto dell’imbarcazione Sunseker 61, perché il fatto non sussiste, e così rideterminando le pene principali: COGNOME NOME e COGNOME NOME, 3 anni e 8 mesi di reclusione e C 5.221.869,00 di multa ciascuno; COGNOME NOME, · anni di reclusione e C 7.832.803,00 di multa; COGNOME NOME, 3 anni e 6 mesi di reclusione e C 5.221.869,00 di multa.
Avverso la sentenza COGNOME, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamentano la violazione dell’art. 416 cod. pen. e la carenza e manifesta illogicità della motivazione. La difesa sostiene che la Corte di appello non si è adeguatamente confrontata con gli elementi probatori effettivamente dimostrativi della sussistenza di un’associazione a delinquere. Secondo il ricorrente, la motivazione di secondo grado riscontra al massimo la sussistenza di plurimi delitti di contrabbando di prodotto energetico avvinti dal vincolo della continuazione e manca di considerare come la predisposizione di mezzi e l’organizzazione, ancorché rudimentale, di un’articolazione operativa siano una caratteristica, oltreché di società operanti in assoluta legalità, anche della commissione dei reati minori effettivamente integrati. Né possono essere considerati indicativi della sussistenza del delitto di cui all’art. 416 cod. pen. l’esistenza di numerosi viaggi con trasporto illecito, per il mancato accertamento dell’effettivo materiale trasportato, e per i risultati delle intercettazioni, riferibili a rapporti lavorativi del tutto leciti.
2.2. Con un secondo motivo di ricorso, si denunciano l’erronea applicazione della legge penale e la carenza di motivazione in relazione alla partecipazione dell’imputato alla pretesa associazione a delinquere. Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado ha erroneamente fondato il proprio convincimento circa la partecipazione dell’imputato su un quadro indiziario congetturale, perché né i trasporti né le telefonate captate appaiono idonei ad integrare indizi inequivoci della consapevolezza dell’imputato di appartenere ad un’associazione criminale dedita al contrabbando. In primo luogo, si sostiene che risultano del tutto ipotetiche le affermazioni del giudice di merito secondo cui il materiale effettivamente trasportato in tutti i viaggi addebitati all’imputato .era prodotto petrolifero sottoposto ad accise. In secondo luogo, assolutamente generico sarebbe il contenuto della telefonata n. 11 del 04/05/19, con la quale l’imputato, dicendo a COGNOME «Di certe cose è meglio parlarne da vicino», avrebbe potuto riferirsi ad una serie innumerevole di questioni. Né univocamente sintomatiche di cosciente partecipazione all’associazione criminale potrebbero considerarsi la telefonata del 18/04/19, con cui il ricorrente avvisava NOME di possibili controlli di polizia – e che potrebbe trovare fondamento in timori variamente motivati avverso il controllo – e la conversazione n. 17, erroneamente travisata dalla Corte di appello laddove ne evidenzia la riferibilità ad uno svuotamento del carico di gasolio, ma che, invece, riguarderebbe esclusivamente uno sversamento di morchie di deposito della cisterna, peraltro mai avvenuto.
2.3. In terzo luogo, si censurano la violazione degli artt. 40, primo comma lettera b), e quarto comma, del d.lgs. n. 504 del 1995, 3 della legge n. 146 del 2006, e 192, secondo comma, cod. proc. pen., relativamente alla contestazione del reato di evasione dell’accisa pluriaggravata, e la carenza ed illogicità della
motivazione sul punto. La ricostruzione difensiva rileva come la Corte di appello sia rimasta sganciata dalle risultanze probatorie, le quali, nel caso di specie, sarebbero inidonee a fondare la responsabilità penale dell’imputato, perché mancanti della prova che, nei 205 viaggi contestati, si fosse trasportato effettivamente prodotto energetico idoneo alla autotrazione, per l’esiguo numero e gli esiti dei controlli effettuati, nell’ambito dei quali, peraltro, era stata accert la natura del materiale trasportato come di una miscela di prodotti petroliferi diversa dal gasolio per autotrazione. La ritenuta responsabilità risulterebbe ancorata ad elementi indiziari non gravi, precisi e concordanti, come l’attività di positioning dei mezzi e presunte operazioni di cambio targa, mediante l’apposizione di targa TARGA_VEICOLO, custodita all’interno del camion, una volta che il materiale trasportato fosse giunto in Italia a seguito del trasporto ferroviario tramite RAGIONE_SOCIALE.LA.
2.4. Con una quarta doglianza, si lamentano la violazione di legge per erronea applicazione dell’aggravante della transnazionalità di cui agli artt. 3 della legge n. 146 del 2006 e 61-bis cod. pen. e il relativo vizio di motivazione. Nello specifico, il ricorrente ritiene che i giudici di merito abbiano omesso di considerare che in Germania il prodotto trasportato, equiparato agli oli lubrificanti, non è sottoposto ad accisa o ad altra tassazione. Infatti, stante l’accertamento della natura del materiale trasportato come di una miscela di prodotti petroliferi analoghi ma non identici al gasolio, soltanto in Italia esso risultava equiparato, anche fiscalmente, al carburante per autotrazione soggetto ad accise, risultando altresì qualificato, nel territorio tedesco, quale olio lubrificante e, come tale, non soggetto alla medesima tassazione; né· in Germania risulta necessario per il suo trasporto il documento elettronico europeo. Da ciò deriverebbe la completa consumazione dell’attività criminale addebitata nel solo territorio italiano, al momento in cui, con l’importazione del prodotto, l’accisa non veniva assolta, anche in mancanza di qualsiasi indicazione circa l’eventuale contributo offerto da un autonomo gruppo criminale operante all’estero, richiamato dalla seconda norma che si assume violata.
2.5. Si lamentano, poi, la violazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. nonché il connesso vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione dell’aggravante della recidiva reiterata. Secondo la prospettazione difensiva, l’ultimo precedente penale dell’imputato – risalente nel tempo (2012) ed avente natura completamente disomogenea rispetto ai reati per i quali qui si procede avrebbe dovuto indurre il giudice di merito ad escludere l’operatività della recidiva, perché necessariamente sintomatico di una valutazione positiva sulla personalità dell’odierno ricorrente. Si sarebbero dovute considerare la marginalità del contributo causale apportato dall’imputato, come autista, nei fatti in contestazione
e la discontinuità con le precedenti condanne. Inoltre, non sarebbe sufficiente indicare l’esistenza di precedenti penali, peraltro senza alcuna indicazione della natura e dell’epoca dei reati per i quali era già intervenuta la condanna definitiva.
2.6. Infine, si deducono la violazione dell’art. 62 -bis cod. pen., e vizi motivazionali afferenti all’esorbitanza del trattamento sanzionatorio, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e all’incongruità dell’aumento disposto per la continuazione. A parere del ricorrente, la richiesta di concessione delle circostanze di cui all’art. 62 -bis cod. pen. è giustificata dalla necessità di adeguamento della pena al caso concreto e fondata sulla condotta processuale, essendo stato l’unico a presentarsi all’udienza prevista per l’esame degli imputati. La Corte di appello avrebbe anche omesso di confrontarsi con le doglianze difensive relative alla quantificazione della pena – ritenuta irragionevolmente ed immotivatamente superiore al limite edittale alla luce del rilevante numero di trasporti di contrabbando effettuati, dell’elevato ammontare dell’accisa evasa e della notevole capacità a delinquere dimostrata dall’imputato e agli aumenti disposti a titolo di continuazione, anche con riferimento alla mancata individuazione dell’entità di ogni singolo aumento.
La sentenza è stata impugnata, mediante i propri difensori, anche da COGNOME NOME, il quale propone un primo e un terzo motivo di ricorso analoghi a quelli dedotti nell’interesse di COGNOME NOME. Si aggiunga, in relazione al primo motivo di impugnazione che, a parere della difesa, la motivazione della decisione di secondo grado, oltre ad essere carente in relazione agli elementi di prova effettivamente dimostrativi dell’esistenza di un’associazione a delinquere, sarebbe altresì illogica allorquando conferma la sussistenza del reato associativo anche in presenza di pronuncia di assoluzione, emessa all’esito del giudizio di primo grado in relazione alle ipotizzate frodi in commercio e nonostante che le condotte residue risultassero già inglobate nell’imputazione relativa al solo reato di contrabbando di materiale energetico.
3.1. Con un secondo motivo di ricorso, si censurano la violazione di legge nonché il connesso vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del ruolo di promotore ed organizzatore, ascritto all’imputato. La motivazione sul contributo causale dato dal ricorrente risulterebbe essere carente, sovrapponendo l’oggetto di prova con il thema probandum, ed erroneamente considerando la carica di amministratore di diritto o di fatto di tutte le società coinvolte nel contrabbando, nonché l’esercizio su di esse di un controllo occulto, nella veste di promotore ed organizzatore dell’intero gruppo criminale. Nello specifico, i giudici di merito avrebbero fallacemente ritenuto che l’effettivo controllo delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE da parte di COGNOME, in luogo dei prestanome NOME COGNOME e COGNOME
NOME, risultasse provato, rispettivamente, per il fatto che egli risultava essere l’effettivo titolare della società RAGIONE_SOCIALE, la quale non aveva nessuna ragione di eseguire bonifici con importi tanto elevanti alla società RAGIONE_SOCIALE, se non quella di consentire illeciti giroconti tra società nella stessa titolarità dell’imputato, e perché, in caso di problemi concernenti i mezzi di trasporto di pertinenza della RAGIONE_SOCIALE car, gli autisti si rivolgevano a COGNOME e non alla RAGIONE_SOCIALE. In secondo luogo, la Corte territoriale avrebbe dedotto il presunto controllo occulto esercitato dal ricorrente sulle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dall’essere il supposto prestanome della prima nullatenente e pluripregiudicato, e dalla qualificazione di COGNOME NOME, amministratore della seconda, come meccanico e autista dell’imputato, omettendo in ciò di confrontarsi con la ricostruzione difensiva attestante la sussistenza di un rapporto di lavoro come autotrasportatore – diverso e contestuale all’amministrazione da parte del primo della RAGIONE_SOCIALE – tra lo stesso RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, dichiaratamente appartenente a COGNOME. Né si ritiene coerente la parte motiva relativa alla presunta titolarità, in capo all’imputato, della società RAGIONE_SOCIALE, laddove il giudice del gravame assume, pur in assenza di perizia fonica, l’attendibilità del riconoscimento della voce dell’imputato – captata nell’ambito di una telefonata rivolta a una banca e fatta, si ritiene, con l’identità di COGNOME NOME, effettivo titolare della società – dalla scelta del rito abbreviato effettuata dal ricorrente senza alcuna richiesta di integrazione probatoria, così confondendo l’accettazione del materiale probatorio formato nel corso delle indagini con quella della sua capacità dimostrativa.
3.2. Con un quarto motivo di doglianza, la difesa propone censura analoga a quella. dedotta in quarto luogo nell’interesse di COGNOME NOME. Si richiama il dettato normativo della legge n. 146 del 2006 e si specifica il modello definitorio del reato transnazionale, corrispondente non già ad autonoma fattispecie di reato ma a qualsiasi figura criminosa che si sia realizzata in più di uno stato, ovvero che si sia realizzata in uno stato con il compimento di una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo in altro stato, che sia stata commessa in uno stato ma abbia visto il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato ovvero che, pur commessa in un unico stato, abbia effetti sostanziali in un altro stato. Quanto alla posizione di COGNOME, si ribadisce che la circostanza aggravante sarebbe integrata dal solo contributo fornito da un gruppo criminale operante in più di uno stato. Nel caso di specie, la Corte territoriale sarebbe caduta in errore nel ritenere sussistente tale gruppo, limitandosi a rilevare il carattere transnazionale del reato ed astenendosi altresì dal fornire qualsivoglia motivazione in ordine al contributo da esso presumibilmente offerto. Le argomentazioni difensive risulterebbero peraltro corroborate dall’interpretazione fornita sul punto dalla giurisprudenza (Cass., Sez.
U., n. 18374 del 31/01/2013), secondo cui il reato transnazionale non sarebbe soggetto ex se ad aggravamento di pena.
3.3. Con una quinta censura, si lamentano la violazione di legge nonché la connessa carenza di motivazione, con riguardo al reato di cui all’art. 648-ter.1. cod. pen. In primo luogo, il giudice di appello avrebbe fondato il proprio convincimento circa la sussistenza del reato di autoriciclaggio sul presunto carattere fittizio del commercio di autovetture qualificato come causale rispetto ai bonifici che la RAGIONE_SOCIALE car avrebbe effettuato alla RAGIONE_SOCIALE, per C 475.000,00, sul rilievo della presunta inesistenza della società emittente – in quanto priva di sede e di entrate, titolare dei soli mezzi di trasporto usati per il contrabbando e intestata ad un prestanome – dell’inesistenza di uffici e di un salone espositivo della RAGIONE_SOCIALE, dell’insolita anteriorità della data di immatricolazione di alcune vetture vendute dalla società automobilistica rispetto alla data della loro fatturazione, della mancanza di documentazione afferente ai passaggi di proprietà dei medesimi automezzi. In secondo luogo, egli avrebbe derivato la provenienza contrabbandiera della somma di C 300.000,00, per l’acquisto del 49% delle quote per un valore nominale di C 1.127.000,00 della società RAGIONE_SOCIALE, dalla ingente quantità dei profitti derivanti dall’attività di contrabbando del gasolio e dalla sostanziale inesistenza della RAGIONE_SOCIALE. Ebbene, in entrambi i casi, il giudice del gravame avrebbe omesso di fornire un’adeguata motivazione a sostegno di tali asserzioni, ignorando: nel primo caso, che l’attività di vendita rappresenterebbe l’effettivo oggetto sociale della società dichiaratamente amministrata dall’imputato e che la RAGIONE_SOCIALE non necessiterebbe di un salone espositivo, perché impegnata nella vendita a società ed importatori, considerati, peraltro, non solo il deposito, da parte dell’imputato, delle fatture di vendita, ma anche il difetto di prova in ordine all’effettivo impiego illecito del denaro; nel secondo caso, che i profitti investiti nell’acquisto delle quote societarie potrebbero derivare dall’attività imprenditoriale lecitamente svolta – e dichiarata anch’essa dal ricorrente, non potendosi rilevare alcun automatismo tra la quantità, ancorché elevata, dei profitti delle attività di contrabbando e l’integrazione del reato di autoriciclaggio. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.4. Con un sesto motivo di ricorso, l’imputato propone doglianza analoga a quella di COGNOME relativamente alla violazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. nonché al connesso vizio di motivazione. La difesa si allinea alla censura del primo ricorrente per quanto concerne la rilevanza della datazione dei precedenti penali e denuncia la carenza motivazionale della sentenza – pur a fronte di argomentazioni relative al tempo trascorso che, secondo la stessa giurisprudenza di legittimità, necessiterebbero di un rigoroso onere di motivazione – anche quanto
alla rilevanza, ai fini dell’esclusione della recidiva, dell’estinzione del reato intervenuta relativamente alla condanna del 2009.
3.5. Con una settimag doglianza, il ricorrente deduce una censura analoga al sesto motivo del ricorso nell’interesse di COGNOME, a cui aggiunge la contestazione del vizio motivazionale in ordine alla eccessività della multa.
3.6. Si lamenta, poi, la violazione degli artt. 240 cod. pen. e 44 del d.lgs n. 504 del 1995, oltre che l’illogicità e la carenza della relativa motivazione, nella misura in cui la Corte di appello avrebbe erroneamente disposto la confisca diretta sulla società RAGIONE_SOCIALE sul rilievo dell’esistenza del rapporto di pertinenzialità con il reato, omettendo, tuttavia, di confrontarsi con le risultanze dell’attività dell Guardia di Finanza, dalle quali emergerebbe l’assenza di particolari indici di criticità nell’esame dei dati fiscali della società. Del pari illogica, perché sproporzionata, risulterebbe l’applicazione della confisca per equivalente, di gran lunga superiore all’ammontare dell’accisa che si ritiene evasa e perciò passibile di travalicare l’effetto meramente ripristinatorio che dovrebbe avere.
3.7. Infine, si denunciano la violazione dell’art. 316 cod. proc. pen. e il connesso vizio motivazionale, sul rilievo del silenzio serbato dal giudice di secondo grado in ordine alla revoca del sequestro conservativo disposto, ritenuto altresì pregiudizievole rispetto all’effettiva possibilità di contestazione della misura cautelare reale.
Avverso la sentenza, anche COGNOME NOME, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. in relazione agli indizi di colpevolezza per il reato di cui all’art. 416, primo, secondo e quinto comma, cod. pen., perché la Corte territoriale avrebbe omesso di considerare che il ricorrente non ha mai collaborato nell’ideazione del reato e nell’organizzazione delle attività delittuose né ha mai conosciuto la struttura organizzativa predisposta per il compimento delle medesime. Sostiene la difesa che, nel caso di specie, ci si troverebbe dinnanzi non già ad un reato associativo bensì ad un reato a concorso necessario, rispetto al quale, in ogni caso, l’imputato si sarebbe limitato a svolgere la propria professione di autista, con il solo fine di ottenere un compenso per la propria attività.
 Avverso la sentenza anche NOME, tramite difensore, ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone l’annullamento.
5.1. Con una prima doglianza, si lamenta la violazione di legge. In primo luogo, il giudice del gravame avrebbe erroneamente mancato di considerare gli elementi che avrebbero potuto condurre ad un proscioglimento dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. In secondo luogo, la Corte avrebbe omesso di
applicare correttamente la legge penale in ordine alla quantificazione della pena, irrogando una sanzione inadeguata all’effettiva entità del reato e, in ogni caso, priva di fondamento logico-motivazionale, perché derivante da una semplice somma aritmetica. In terzo luogo, non sarebbe stata presa in considerazione la possibilità, invero ravvisabile nel caso di specie, di riconoscere a favore del ricorrente l’attenuante della minima importanza del contributo da questi arrecato nella preparazione o nell’esecuzione del reato (di cui all’art. 114 cod. pen.).
5.2. Con un secondo motivo di ricorso, analogamente alla prima doglianza dedotta da ciascun ricorrente, si censura la violazione di legge in relazione alla ritenuta sussistenza del reato associativo. Secondo la difesa, i giudici di merito avrebbero erroneamente valorizzato in chiave accusatoria intercettazioni telefoniche insufficienti in tal senso.
5.3. In terzo luogo, si deduce il vizio di motivazione relativamente all’intero provvedimento impugnato. A parere del ricorrente, la sentenza di secondo grado difetterebbe di argomentazioni complete e puntuali, limitandosi a richiamare per relationem la sentenza di primo grado, senza fornire tuttavia nessun supporto logico né in ordine alla condanna, né in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti dell’art. 62-bis cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che la quasi totalità delle censure – all’esame delle quali si procederà con riferimento alle posizioni dei singoli imputati – sono inammissibili perché dirette, con argomentazioni in parte generiche e in parte manifestamente infondate, ad ottenere una rivalutazione di elementi già presi adeguatamente in considerazione dai giudici di merito, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze emerse dalla motivazione, senza la prospettazione di elementi puntuali, precisi e di immediata valenza esplicativa tali da dimostrare un’effettiva carenza motivazionale su punti decisivi del gravame (ex plurimis, Sez. 5, n. 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970). Nella maggior parte dei casi, a fronte della ricostruzione e della valutazione della Corte di appello, i ricorrenti non offrono la compiuta rappresentazione e dimostrazione di alcuna evidenza (pretermessa ovvero infedelmente rappresentata dal giudicante) di per sé dotata di univoca, oggettiva e immediata valenza esplicativa, tale, cioè, da disarticolare, a prescindere da ogni soggettiva valutazione, il costrutto argomentativo della decisione impugnata, per l’intrinseca incompatibilità degli enunciati.
1.1. Deve ricordarsi, in punto di diritto, che la rilevabilità del vizio d motivazione soggiace alla verifica del rispetto delle seguenti regole:
a) il vizio deve essere dedotto in modo specifico in riferimento alla sua natura (contraddittorietà o manifesta illogicità o carenza), non essendo possibile dedurre il vizio di motivazione in forma alternativa o cumulativa; infatti non può rientrare fra i compiti del giudice della legittimità la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell’art. 581, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. (ex plurimis, Sez. 2, n. 39138 del 10/09/2019; Sez. 2, n. 37298 del 28/06/2019);
b) per il disposto dell’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., il vizio della motivazione deve essere desumibile dalla lettura del provvedimento impugnato, nel senso che esso deve essere “interno” all’atto-sentenza e non il frutto di una rivisitazione in termini critici della valutazione del material probatorio, perché in tale ultimo caso verrebbe introdotto un giudizio sul merito valutativo della prova che non è ammissibile nel giudizio di legittimità: di qui discende, inoltre, che è onere della parte indicare il punto della decisione che è connotata dal vizio, mettendo in evidenza nel caso di contraddittorietà della motivazione i diversi punti della decisione dai quali emerga il vizio denunciato che presuppone la formulazione di proposizioni che si pongono in insanabile contrasto tra loro, sì che l’accoglimento dell’una esclude l’altra e viceversa (ex plurimis, Sez. 2, n. 11992 del 10/04/2020; Sez. 2, n. 20677 dell’11/04/2017, Rv. 270071);
c) il vizio di motivazione deve presentare il carattere della essenzialità, nel senso che la parte deducente deve dare conto delle conseguenze del vizio denunciato rispetto alla complessiva tenuta logico-argomentativa della decisione. Infatti, sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità., la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (ex plurimis, Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, Rv. 28058902)
1.1.1. Inoltre, deve ricordarsi, che la mancanza di specificità del motivo va ritenuta non solo per la sua indeterminatezza, ma anche per la mancata correlazione tra le ragioni argomentate nella decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato. Pertanto, è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (ex
plurimis, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970; Sez. 3, n. 44882 del 18/08/2014, Rv. 260608; Sez. 2, n. 29108 del 15/07/2011).
1.1.2. Parimenti, è inammissibile il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lettera e), per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Rv. 280027 – 04).
1.2. Fatte queste premesse di carattere generale, si deve ora procedere all’esame dei ricorsi proposti dai singoli imputati, esaminando in primo luogo e unitariamente i motivi che hanno contenuto analogo.
I rilievi – motivo 2.1. per COGNOME, motivo 3 per COGNOME, motivo 4 per COGNOME e motivo 5.2 per COGNOME – che possono essere trattati congiuntamente perché parimenti riferiti alla violazione dell’art. 416 cod. pen. e al connesso vizio di motivazione in ordine all’assenza di elementi probatori in grado di dimostrare l’esistenza dell’associazione, sono inammissibili.
Le difese degli imputati hanno variamente negato la sussistenza del reato associativo, omettendo di confrontarsi con le univoche risultanze probatorie concretamente restituite dagli atti di indagine. Le prospettazioni difensive, del resto, si riducono ad una mera contestazione di quanto emerso dalla motivazione della decisione di secondo grado, senza l’indicazione di elementi dirimenti puntuali e precisi atti a contestare la materialità del fatto. Non si considera, in particolare, che, secondo la conforme valutazione dei giudici di primo e secondo grado, l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale, con ramificazioni in diversi paesi europei e dotata di strutture e mezzi, risulta essere corroborata, in sintesi: a) dall’esistenza di molteplici società cartiere, fittiziamente intestate prestanomi e risultate invece direttamente o indirettamente riconducibili al COGNOME, in veste di promotore e organizzatore del sodalizio, ed operanti il trasporto, l’acquisto e la rivendita di prodotti petroliferi di contrabbando; b) dalla conseguente esistenza di un’adeguata struttura organizzativa; c) dall’elevato numero dei trasporti effettuati (205 nell’arco di un anno); d) dal legame che si è accertato esistere tra i membri dell’associazione, sul rilievo di quanto emerso dalle attività di intercettazione e dal dato che uno degli imputati si è offerto di fungere da prestanome per una delle società di COGNOME; e) dall’indeterminatezza del programma criminoso, desunta non soltanto dalla stabilità della struttura e dalla
sua conseguente funzionalità a perdurare e ad essere utilizzata nel tempo, ma anche dal cambiamento delle modalità operative e, in particolare, dalla circostanza che l’originaria tratta RO.LA Worg-Trento sia stata sostituita dalla tratta FriburgoNovara, essendo la prima verosimilmente interessata da maggiori controlli di polizia.
contatto telefonico tra gli odierni imputati, sia la consapevolezza circa la natura illecita delle attività svolte.
Fatte queste premesse, deve rilevarsi che le residue censure lamentate con il ricorso proposto da COGNOME sono inammissibili.
4.1. Il secondo motivo di ricorso – con cui si deducono l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di colpevolezza sulla partecipazione del ricorrente alla contestata compagine associativa – è inammissibile. Quanto al ruolo rivestito dall’imputato all’interno del sodalizio criminale, occorre sottolineare come la Corte territoriale abbia correttamente qualificato lo stesso in termini di mero partecipe all’organizzazione stessa, in qualità di autista. La condotta di partecipazione ad un’associazione per delinquere, invero, è a forma libera e può realizzarsi in forme e contenuti diversi, essendo sufficiente che, anche in modo non rituale, si inserisca di fatto nel gruppo per realizzarne gli scopi (ex plurimis, Cass., Sez. 3, n. 2351 del 18/11/2022, dep. 20/01/2023, Rv. 284057 – 02). Ciò premesso, contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, il giudice di secondo grado ha ben precisato che le intercettazioni indicate nella sentenza impugnata – e riprese nel ricorso – fanno emergere la preoccupazione dell’imputato di rivelare al telefono cose di cui non si poteva parlare e di evitare ai compagni di consorteria i controlli di polizia, o si riferiscono ad un carico di gasolio di cui era necessario disfarsi in un luogo all’aperto, nonché alla sua partecipazione ad un rilevante numero di reati fine, 21 viaggi per un arco temporale esteso per circa undici mesi. Se ne fa derivare logicamente la piena consapevolezza del carattere fraudolento dell’attività svolta dal gruppo, al quale l’imputato partecipava pienamente svolgendo il suo ruolo.
4.2. Il quarto motivo di ricorso – riferito alla violazione di legge per erronea applicazione dell’aggravante della transnazionalità e al relativo vizio di motivazione sul rilievo del mancato assoggettamento, in Germania, del materiale trasportato al pagamento delle accise- è inammissibile perché manifestamente infondato. La motivazione della Corte d’appello – a fronte di contestazioni generiche e indeterminate in ordine alla sussistenza dell’aggravante di cui agli artt. 3 della legge n. 146 del 2006 e 61-bis cod. pen. – appare chiara e ben calibrata nella parte in cui, a pag. 30 del provvedimento impugnato, precisa che deve ritenersi provato che il carico traportato sia prodotto energetico sottoposto ad accisa, richiamando altresì l’armonizzazione, intervenuta a livello europeo, della disciplina dell’accisa nonché l’avvenuto inserimento del trasporto del gasolio intracomunitario tra gli stati dell’Unione Europea in un apposito sistema informatizzato comunitario di controllo (EMCS) e puntualizzando la necessità che il carico di gasolio trasportato debba essere accompagnato da uno specifico
documento amministrativo di accompagnamento elettronico (NUMERO_DOCUMENTO, onde la sottoposizione del prodotto energetico alle accise anche in territorio tedesco, dove avveniva una tratta considerevole dei trasporti illeciti. Può dunque trovare applicazione il principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’aggravante speciale della transnazionalità di cui all’art. 61-bis cod. pen., è sufficiente che le attività illecite siano realizzate diversi Stati e che all’estero possa trovarsi anche uno soltanto dei componenti del gruppo, chiamato a svolgere un’attività essenziale per la perpetrazione degli illeciti, in quanto sono le attività criminali consumate in più di uno Stato che qualificano come transnazionale il gruppo criminale (Sez. 2, n. 11957 del 27/01/2023, Rv. 284445).
4.3. La quinta censura – afferente alla violazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. nonché al connesso vizio di motivazione in ordine alla mancata esclusione della recidiva contestata – è inammissibile in quanto diretta ad ottenere valutazioni estranee al sindacato di legittimità. Sul punto occorre rilevare come la Corte territoriale abbia correttamente confermato l’applicazione della recidiva per l’evidente inefficacia deterrente delle precedenti condanne rispetto agli odierni fatti in contestazione, pur valutandone la distanza temporale. Nel riconoscere la contestata aggravante, invero, il giudice del gravame ha valorizzato la pluralità delle precedenti condanne e la rilevante gravità dei fatti ora contestati, insidiosamente posti in essere in forma organizzata, opportunamente ritenendo che «i fatti di cui all’odierna imputazione siano indicativi di una maggiore attitudine a delinquere e pericolosità del reo».
4.4. La sesta doglianza – con cui si lamentano · la violazione dell’art. 62-bis cod. pen., e i vizi motivazionali afferenti all’eccessività del trattamento sanzionatorio, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e alla lamentata congruità dell’aumento disposto per la continuazione, in parte comune anche a quella proposta nell’interesse di COGNOME (motivo 3.5) – è parimenti inammissibile. Nessun profilo di illegittimità è ravvisabile nella sentenza impugnata relativamente al trattamento sanzionatorio, laddove si consideri che il riferimento, da parte del giudice di appello, alla gravità dei fatti e all’entità d danno arrecato all’erario dello Stato, è pienamente sufficiente sul punto. Sulla base delle medesime ragioni, deve ritenersi adeguatamente giustificato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, e, attraverso il riferimento al numero e alla gravità dei reati contestati, la conferma dell’aumento per la continuazione disposta dai giudici di merito. Del tutto correttamente sul piano logico, dunque, il provvedimento impugnato avvalora il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, l’aumento per la continuazione – ritenendo quale reato base la violazione tributaria e computando dettagliatamente i singoli aumenti – e,
quanto a COGNOME, la congruità della multa inflitta rispetto alla notevole gravità dei fatti, ma corregge il calcolo della pena effettuato dal giudice di primo grado in contrasto con l’art. 63, quarto comma, cod. pen., addivenendo conseguentemente ad una adeguata rideterminazione delle pene da irrogare, con le modalità dettagliatamente indicate nelle pagg. 33 e 38, rispettivamente, per COGNOME e COGNOME.
Le residue censure avanzate con il ricorso proposto da COGNOME NOME sono anch’esse inammissibili.
coinvolgimento della società RAGIONE_SOCIALE, per conto della quale, secondo la difesa, NOME avrebbe trasportato lecitamente carburante, era corroborato da apposita documentazione della Guardia di Finanza; e) infine, con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, che, da un lato, gli uffici della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE erano gli stessi e le relative segreterie consideravano il COGNOME l’effettivo titolare delle società, mentre, dall’altro lato, era lo stesso COGNOME ad intrattenere in prima persona rapporti con commercialisti, banche e notai, oltre a qualificarsi come amministratore nell’ambito di una telefonata captata tramite intercettazioni.
5.2. Il quarto motivo di ricorso – inerente alla violazione di legge per erronea applicazione dell’aggravante della transnazionalità di cui agli artt. 3 della legge n. 146 del 2006 e 61-bis cod. pen. – è, del pari, inammissibile. La ricostruzione della difesa né deduce effettive violazioni di legge né propone doglianze relative a prospettazioni fattuali strettamente concernenti la presunta transnazionalità del reato contestato, ma si limita a fondare le proprie censure su una questione quella relativa alla supposta inesistenza di un gruppo criminale organizzato operante all’estero – sulla quale la Corte di appello correttamente non ha preso posizione perché mai posta alla sua attenzione, come emerge dall’esposizione di pag. 30, il cui contenuto non è contestato dalla difesa. La questione è, dunque, preclusa nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 606, terzo comma, cod. proc. pen.; possono richiamarsi, in ogni caso, le considerazioni circa la transnazionalità del reato tributario già svolte sub 4.2.
5.3. La quinta censura risulta anch’essa inammissibile nella parte in cui si riferisce alla violazione di legge ed alla connessa carenza di motivazione con riguardo al reato di cui ·all’art. 648-ter.1. cod. pen. Le asserzioni del ricorso risultano meramente fattuali e valutative, perché dirette ad ottenere una reinterpretazione di operazioni che, in modo non equivoco, integrano il reato di autoriciclaggio, riducendosi ad una mera contestazione delle risultanze apprezzate nella decisione di secondo grado, senza la prospettazione di puntuali elementi dirimenti. Più precisamente, la doglianza omette di confrontarsi con il provvedimento impugnato, il quale, alle pagg. 31 e 32, fornisce una motivazione linearmente argomentata relativamente all’accertato carattere fittizio del commercio di autoveicoli posto in essere dalla RAGIONE_SOCIALE – sul rilievo della provenienza dei bonifici eseguiti a suo favore dalla società RAGIONE_SOCIALE, dell’inesistenza di uffici e di un salone espositivo della RAGIONE_SOCIALE, dell’insolita anteriorità della data di immatricolazione di alcune vetture vendute dalla società automobilistica rispetto alla data della loro fatturazione e sull’assunto della mancanza di documentazione afferente ai passaggi di proprietà dei medesimi automezzi – ed in ordine alla sussistenza della condotta di autoriciclaggio, conseguentemente all’esborso di C 300.000,00 da parte della stessa RAGIONE_SOCIALE, per
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l’acquisto del 49% delle quote del progetto Futuranna, vista l’ingente entità dei profitti dell’attività contrabbandiera e tenuto altresì conto del fatto che, per quanto emerso dalle indagini, la medesima RAGIONE_SOCIALE «era una mera scatola vuota priva di operatività».
5.4. Il sesto motivo di impugnazione, con il quale si lamentano la violazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. nonché il connesso vizio di motivazione, è parimenti inammissibile. Anche in questo caso – come già osservato per il ricorso presentato nell’interesse del COGNOME – la difesa propone una ricostruzione rivolta ad ottenere valutazioni di merito. Risulta, in particolare, inconferente l’argomento dell’estinzione del reato – effettivamente intervenuta con riferimento alla condanna del 2009 ed in grado di paralizzare, in astratto, la recidiva – nel caso di specie irrilevante per la presenza di plurimi precedenti penali non estinti, da rapportare alla rilevante gravità dei fatti per cui si procede, sintomo di crescente pericolosità.
5.5. La settima censura – relativa alla violazione dell’art. 62-bis cod. pen., e ai vizi motivazionali afferenti all’eccessività del trattamento sanzionatorio, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, all’eccessività della multa irrogata all’incongruità dell’aumento disposto per la continuazione – è inammissibile per i rilievi sub 4.4., che qui si intendono richiamati.
5.6. L’ottavo motivo di ricorso, relativo alla confisca, è anch’esso inammissibile, perché formulato in modo non specifico. Sul punto è sufficiente richiamare quanto osservato sub 1, evidenziando che i giudici di primo e secondo grado, con conforme valutazione, hanno valorizzato l’esistenza di fatture che documentano l’acquisto da parte della società .RAGIONE_SOCIALE di prodotti petroliferi dalla società RAGIONE_SOCIALE, anch’essa coinvolta nelle attività di contrabbando, oltre all’insussistenza di perizie, o altri elementi probatori di valutazione, in ordine ad un preteso diverso valore societario della RAGIONE_SOCIALE
5.7. Il nono motivo di impugnazione – con il quale si denunciano la violazione dell’art. 316 cod. proc. pen., nonché il connesso vizio motivazionale in punto di sequestro – è inammissibile. La difesa, invero, si confronta erroneamente con la sentenza impugnata allorché ritiene insussistenti le condizioni di applicabilità del sequestro conservativo, omettendo di considerare la mancata prestazione da parte del ricorrente di concrete garanzie a tutela del pagamento dovuto, tenuto conto dell’entità della pena pecuniaria alla quale l’imputato è condannato e di quella di ogni altra somma dovuta allo Stato e delle spese processuali, nonché della capacità del ricorrente – corroborata dalla varietà e gravità delle condotte delittuose a lui contestate – di compiere atti di disposizione del proprio patrimonio, con conseguente concreto pericolo di dispersione fraudolenta dei beni.
Il ricorso proposto da COGNOME NOME, riferito al reato associativo, è inammissibile. Possono essere richiamate le considerazioni già svolte sub 1.1.2 e 2. Si aggiunga il rilievo dell’assoluta genericità del ricorso, che si scontra, invero, con una motivazione logica e coerente laddove evidenzia la partecipazione dell’imputato ad un rilevante numero di reati-fine – 45, lungo un arco temporale di circa un anno – e la consapevolezza del carattere illecito della sua attività, correttamente sottolineando (pag. 39) che «COGNOME dichiarava che la Finanza era addosso a tutti e raccontava, dopo avere sottratto un carico di gasolio, della sua intenzione di rivelare il sistema fraudolento, manifestando anche il timore di subire in tal caso delle ritorsioni sulla sua persona da parte della consorteria». Mentre non può essere accolta «l’argomentazione secondo cui l’impossessamento di un carico di combustibili rappresenterebbe la prova che l’imputato non partecipava al vincolo associativo, dal momento che l’effettiva appartenenza, comprovata per il periodo anteriore alla data del predetto impossessamento, è sufficiente a ritenere integrato il reato».
7. Il ricorso proposto da NOME è inammissibile.
7.1. La prima censura è inammissibile, risolvendosi in una serie concatenata di asserzioni riferitArofili non espressamente dedotti nei motivi di ricorso e perciò violative del combinato disposto degli artt. 597, 606, terzo comma, e 609, primo comma, cod. proc. pen., secondo cui i poteri di cognizione della Cassazione non possono estendersi oltre i limiti dell’effetto devolutivo. Va in ogni caso rilevata la piena adeguatezza della motivazione della sentenza impugnata in punto di circostanze e·trattamento sanzionatorio – rideterminato in·diminuzione – perché correttamente riferita alla gravità dei fatti, la mancanza di elementi positivi di giudizio e, più in generale, alla personalità dell’imputato (pag. 44)
7.2. Il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 416 cod. pen., è anch’esso inammissibile. Valgono sul punto le considerazioni già svolte sub 2, da intendersi richiamate. Si aggiunga, inoltre, il rilievo della genericità della formulazione del motivo e l’insufficienza della contestazione delle sole intercettazioni ai fini della presunta insussistenza del crimine associativo, vista l’univocità sul punto di altri elementi del quadro probatorio, come i monitoraggi GPS, i servizi OPG, le riprese fotografiche’ e la documentazione in atti.
7.3. La terza doglianza – con la quale viene dedotto il vizio di motivazione in ordine all’intero provvedimento impugnato – deve, infine, essere ritenuta anch’essa inammissibile, perché formulata in maniera generica. Valgono le considerazioni già svolte sub 1 e ss., da intendersi interamente richiamate, circa
·  GLYPH la necessità di individuare puntuali riferimenti ai passaggi logici del provvedimento da sottoporre a critica.
I ricorsi, in conclusione, devono essere dichiarati inammissibili. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3000,00, per ciascuno dei ricorrenti. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/11/2023.