Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30893 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30893 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
Mosca NOME nato Mesagne il 13/10/1979
COGNOME NOMECOGNOME nato a Torino il 13/02/1976
COGNOME RobertoCOGNOME nato a Taranto il 10/10/1973
avverso la sentenza del 23/09/2024 della Corte di appello di Lecce udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME uditi:
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi presentati nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME nonché per l’inammissibilità del ricorso proposto da NOME COGNOME;
-l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME in via principale ha chiesto di sollevare questione di legittimità costituzionale in relazione al trattamento sanzionatorio e, in subordine, di rinviare il procedimento fino alla data del 9 luglio 2025 in attesa della decisione della Corte Costituzionale. Si è riportato ai motivi di ricorso e ha insistito per l’accoglimento. Ha d epositato memoria scritta;
l’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME anche in sostituzione ex art. 102 cod. proc. pen. per delega orale dell’Avv. NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME ha concluso riportandosi ai motivi dei ricorsi e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Lecce -in parziale riforma della sentenza emessa il 10 giugno 2021 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Brindisi all’esito del rito abbreviato -rideterminava la pena inflitta ad NOME COGNOME e a NOME COGNOME ritenuti responsabili dei reati sub A) e B) della rubrica, e confermava nel resto la gravata sentenza.
1.1. Secondo il tema di accusa recepito dai Giudici di merito gli attuali imputati, appartenenti alla marina militare, avrebbero detenuto, trasportato e introdotto nel territorio dello Stato 690 Kg di t.l.e. di contrabbando, utilizzando la nave della Marina Militare ‘ Caprera ‘ (capo A e B). NOME COGNOME, Tenente di Vascello della nave, sfruttando il ruolo di capo dello staff tecnico, si sarebbe altresì reso responsabile del delitto di peculato per avere utilizzato un mezzo della marina militare per il carico e il trasporto del t.l.e. di contrabbando; del reato di istigazione alla corruzione per avere cercato di indurre alcuni componenti dell’equipaggio a non denunciarlo, promettendo loro in cambio parte del carico di t.l.e.; dei reati di corruzione e di falso- per avere mediante sistematica attività di falsa fatturazione e sovrafatturazione in favore di NOME , ufficiale della guardia costiera libica, realizzato profitti illeciti impiegati nell’acquisto del t.l.e. di contrabbando. Infine, avrebbe acquistato il farmaco Cialis, destinandolo alla vendita.
2.Avverso la sentenza NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno, per il tramite dei rispettivi difensori di fiducia, proposto distinti ricorsi.
2.1. L’imputato NOME COGNOME il tramite dell’Avv. NOME COGNOME ha dedotto:
-violazione di legge, in relazione agli artt. 291bis, comma 1, e 291ter , comma 1 e 2, lett. c), del d.P.R. del 23 gennaio 1973 n. 43 e all’art. 135 del cod. pen. mil., e vizi vari di motivazione.
Le fonti dichiarative sul l’ an e sul quomodo del contributo che il ricorrente avrebbe offerto non sarebbero univoche. Nel dettaglio, le dichiarazioni rese da NOME COGNOME coimputato nel reato, sarebbero generiche non chiarendo le dinamiche della vicenda e sarebbero prive di riscontri. Le dichiarazioni rese dai testi NOME COGNOME e NOME COGNOME sarebbero in netto contrasto tra loro;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato assorbimento della fattispecie di cui al capo B) in quella di cui al capo A).
Si verterebbe nella ipotesi del concorso apparente di norme disciplinato dall’art. 15 cod. pen. posto che il concetto di ‘introduzione’ ex art. 291bis d.P.R. n 43 cit. e quello di ‘imbarco’ ex art. 135 cod. pen. mil. sarebbero evocative della medesima condotta criminis ;
-violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al l’avvenuto riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa.
I Giudici di appello avevano ritenuto integrata della circostanza aggravante in considerazione del fatto che il carico del t.l.e. sulla nave ‘ Caprera ‘ nel porto di Tripoli venne realizzata in tempo di notte, in una zona poco illuminata e in un’area situata a livello della banchina in modo da eludere i controlli della Guardia Costiera. Nondimeno -osserva il difensore – il teste NOME avrebbe visto i tre imputati procedere al carico, di talchè il tempo di notte non avrebbe reso in concreto più ‘agevole’ la consumazione del reato ; in ogni caso, la Corte distrettuale non avrebbe chiarito perché la ritenuta ‘prossimità dell’area di carico a livello della banchina ‘ avrebbe dovuto rendere più difficoltosa la sorveglianza considerata la presenza in loco di visori notturni;
-violazione di legge e vizio di motivazione, in relazione alla eccessiva severità del trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non avendo i Giudici di merito considerato lo stato di incensuratezza del ricorrente e la disponibilità a fare chiarezza rendendo interrogatorio;
-violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte di appello omesso di motivare sulla mancata riduzione della pena pecuniaria, nonostante avesse ridotto la pena detentiva ad anni due e mesi dieci di reclusione;
Con gli ultimi due motivi di ricorso ha chiesto alla Corte:
di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 291 -bis , comma 1, e 291ter, comma 2, lett. c) del d.P.R. n. 43 cit relativamente al trattamento sanzionatorio e nello specifico alla pena pecuniaria precisando che la questione affrontata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n 233 del 2018 era stata esaminata sotto il diverso profilo della ragionevolezza della diversificazione sanzionatoria. Nel caso in esame, la questione viene posta sotto il diverso e nuovo profilo della proporzionalità della pena pecuniaria rispetto alla dimensione effettiva dell’illecito , in modo da restituire alla stessa effettività. La pena pecuniaria al pari di quella detentiva deve tendere alla rieducazione del condannato di talchè una pena non proporzionata (nel caso in esame priva anche di un tetto massimo) alla gravità del caso non può svolgere tale funzione. Né la riduzione, pur possibile con il riconoscimento dell’art. 62 -bis cod. pen. e/o l’utilizzo dell’art. 133 -bis cod. pen., escluderebbe la intrinseca sproporzione della pena. Diverse sono le sentenze pronunciate dalla Corte Costituzionale che consentono l’intervento ‘correttivo’ ‘ ai fini di giustizia ‘, qualora emergano sintomi di manifesta irragionevolezza, per sproporzione, di un trattamento sanzionatorio;
di disapplicare la norma interna o di porre la questione di pregiudizialità ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea per contrasto dell’art. 291 -bis , comma 1, e 291ter, comma 2, lett. c) d.P.R. n 43 cit con l’art. 20 della direttiva 2014/567 e l’art. 49 paragrafo 3 della Carta dei Diritti fondamentale della U.E.
Le norme in oggetto sarebbero di immediata applicazione anche alla stregua dei principi sanciti dalla Corte di Giustizia con la sentenza Van Gend en Loss del 5 febbraio 1963 e in ragione della precisione e chiarezza degli obblighi previsti. In tale direzione si pone anche la Grande Sezione della Corte di Giustizia con la sentenza dell’8 marzo 2022 con cui si è ritenuto che il principio di proporzionalità della pena riguardi l’intera materia punitiva, di guisa che l’art. 20 della direttiva genera un obbligo in capo allo Stato membro di adottare sanzioni proporzionate alla gravità dei fatti. Ciò consentirebbe, secondo il ricorrente, la diretta applicazione della direttiva con possibilità di rideterminazione della pena direttamente da parte del Giudice interno, e in ogni caso di sollevare la questione con rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato dell’Unione.
2.3. L’imputato NOME COGNOME per il tramite dell’ Avv. NOME COGNOME, ha dedotto:
-violazione di legge e vizio di motivazione in tutte le sue declinazioni per avere i Giudici di merito fondato la responsabilità su prove indiziarie, senza tuttavia che
gli indizi fossero gravi, precisi e concordanti in violazione dell’art. 192 , comma 2, cod. proc. pen.
I Giudici di merito avrebbero dovuto considerare che – sebbene COGNOME avesse materialmente provveduto al carico tanto aveva fatto nell’esclusivo interesse di NOME COGNOME al quale era legato da un rapporto di amicizia e senza conoscerne il contenuto; inoltre, le dichiarazioni dei testi COGNOME e NOME sarebbero poco credibili perché non conciliabili tra loro e anche perché smentite dai testi COGNOME e COGNOME;
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 135 cod. pen. mil. La norma perseguirebbe la sola condotta di imbarco di merci ‘lecite’ e tale non può definirsi il t.l.e. di contrabbando, di guisa che la condotta contestata al capo B) andrebbe assorbita in quella contestata al capo A);
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’avvenuto riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa: non sarebbe stato chiarito in sentenza perchè il tempo di notte e la conformazione dei luoghi di causa avrebbero ostacolato l’attività di sorveglianza sì da agevolare la commissione del reato;
-violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla circostanza aggravante di cui all’art. 61 n . 9 cod. pen. non essendo il Castiglione un pubblico ufficiale né un incaricato di pubblico servizio;
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla circostanza aggravante del trasporto di cui all’art. 291 ter, comma 1, d.P.R. n 43 cit. posto che il carico sulla nave italiana sarebbe ex se già introduzione nel territorio dello Stato italiano, di guisa che non sarebbe configurabile l’attività di trasporto;
violazione di legge e vizio di motivazione quanto al riconoscimento della circostanza aggravante di cui all’art. 291 -ter , comma 2, lett. c) cit.d.P.R., ignorando il Castiglione le attività criminali realizzate dal coimputato NOME COGNOME.
2.4. L’imputato NOME COGNOME per il tramite dell’Avv. NOME COGNOME ha dedotto:
-violazione di legge e vizio di motivazione per illogicità e contraddittorietà in ordine al reato di corruzione e falso contestato al capo F) della rubrica.
Il difensore ha censurato il ricorso ‘ assiduo dei medesimi riscontri processuali ‘ , ovvero le dichiarazioni di Gullo, le risultanze investigative e la fattura n 591, per dimostrare fattispecie tra loro eterogenee nonché l’impostazione metodologica per avere i Giudici di appello riservato ad un breve capoverso della motivazione la trattazione di cinque capi di imputazione
Ha poi evidenziato la mancanza di un attento scrutino delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, che avrebbe consentito di ricostruire e qualificare diversamente la complessa vicenda, e la insufficienza probatoria degli elementi posti a supporto della dichiarazione di responsabilità. Ed invero, il rapporto amicale tra COGNOME e NOME COGNOME non sarebbe un elemento da cui desumere la realizzazione di condotte illecite; il cambiamento delle procedure per l’acquisto dei beni e delle merci – che secondo i Giudici di merito sarebbe indicativo della contestata attività illecita- sarebbe stato smentito dalla documentazione in atti da cui sarebbe invece emerso come- anche nel periodo in cui aveva operato NOME COGNOME– l’attività di acquisto si snodasse attraverso un iter articolato con il coinvolgimento di soggetti differenti . A tal uopo, secondo il difensore, anche il Tenente di NOME COGNOME che subentrò al COGNOME, avrebbe confermato l’assenza di decisivi cambiamenti nelle procedure per la fornitura di merci e di beni in favore della nave e del suo equipaggio.
Pertanto, sarebbe stata smentita la conclusione della Corte di appello in ordine al fatto che il Corbisiero potesse decidere in autonomia l’ acquisito dei pezzi di ricambio e l’attività di manutenzione delle navi .
Né sarebbe significativ a la pur rilevata ‘ concentrazione delle forniture ‘ in capo alla ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE for service ‘ gestita dal maggiore libico NOME COGNOME nel periodo di gestione COGNOME, sia perché anche altri Ufficiali, tra cui il Tenente NOME COGNOME si erano rivolti a tale ditta per l’acquisto dei pezzi di ricambio del naviglio sia perché lo stesso COGNOME si era rivolto ad un’altra ditta per le operazioni di pulizia delle eliche delle unità navali.
Inoltre, secondo il ricorrente, non sarebbero state congruamente valorizzate le conversazioni intercettate in ambientale e le dichiarazioni del teste NOMECOGNOME che confermerebbero l’assoluta mancanza di poteri decisionali in capo al Corbisiero;
-violazione di legge e vizio di motivazione quanto al reato di contrabbando di t.l.e. sub A).
La responsabilità di COGNOME era stata basata sulle sole dichiarazioni dell’equipaggi o seppure tutto il personale o una buona parte di esso sapesse e/o fosse addirittura coinvolto nell’attività i llecita in contestazione. Il colloquio telefonico tra Mosca e COGNOME – nel corso del quale i due interlocutori davano atto di una prassi diffusa a bordo -costituirebbe la prova certa del fatto che tutti ‘ sapessero ‘ e ‘ facessero ‘. I Giudici , inoltre, avrebbero valorizzato le dichiarazioni del coimputato RAGIONE_SOCIALE senza valutare i rilievi critici sollevati con l’atto di appello;
-violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità del reato di peculato, per avere i Giudici assegnato rilevanza probatoria alle dichiarazioni del personale di bordo, senza tuttavia considerare la vera ragione
della condotta del COGNOME il quale aveva prenotato ed usufruito del mezzo in dotazione alla marina militare per il ritiro del materiale della missione lasciato a bordo della nave ‘Caprera’ ;
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di istigazione alla corruzione sub D). La responsabilità del COGNOME sarebbe stata fondata sulle dichiarazioni del nostromo COGNOME che, tuttavia, sarebbero state estrapolate da un contesto narrativo più ampio. In ogni caso, i Giudici del merito avrebbero dovuto tenere conto che la vicenda vedeva coinvolto tutto l’equipaggio e che tra gli stessi membri dell’equipaggio si erano venute a creare delle situazioni di attrito e forte tensione;
-violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio eccessivo e severo nonostante la buona condotta processuale e lo stato di incensuratezza.
Alla odierna udienza – che si è svolta alla presenza delle parti – il Pg e i difensori degli imputati hanno illustrato le rispettive conclusioni.
L’Avv. NOME COGNOME‘interesse di NOME COGNOME ha, altresì, depositato memoria difensiva e ha insistito perché la Corte di cassazione sollevasse la questione di illegittimità costituzionale anche sotto il diverso profilo della violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione per mancato accesso alle pene sostitutive in ordine alla condotta prevista dall’art. 291 -ter del cit. d.P.R. n 43.
In subordine, ha chiesto il rinvio del processo in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale del 9 luglio 2025 pendente su questioni analoghe a quella per cui è processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Vanno preliminarmente affrontate le richieste di rimessione alla Corte Costituzionale e/o alla Corte di Giustizia ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato dell’Unione Europea avanzate dal ricorrente NOME COGNOME sotto il duplice profilo della irragionevolezza del trattamento sanzionatorio per sproporzione della pena pecuniaria ex artt. 291bis , comma 1, e 291ter , comma 2, lett. c) del d.P.R. n. 43 cit., nonché del mancato accesso per il condannato dei reati di contrabbando di t.l.e. alle pene sostitutive ex art. 59 della legge 24 novembre 1981 n 689 nella formulazione introdotta dalla riforma ‘ Cartabia ‘ .
1.1. La prima delle questioni sollevate dal ricorrente costituisce un argomento che ha trovato e continua a trovare ampio riscontro nella giurisprudenza costituzionale secondo cui l’adozione di sanzioni effettive, proporzionate e
dissuasive impone « di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi … » ( ex plurimis , sentenze n. 260 del 2021, n. 20 del 2019 e n. 137 del 2018).
Anche la Corte di Giustizia Europea ha ribadito come il criterio di proporzionalità costituisca principio generale del diritto dell’Unione Europea essendo espressione delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri: esso è richiamato in diversi settori e discipline da singole direttive e, per quanto di interesse, in materia penale, ha ricevuto una specifica declinazione da parte dell’art. 49 , paragrafo 3, della Carta Europea a tenore del quale «le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al reato».
1.2. La violazione della proporzionalità della pena solleva interrogativi sui rimedi esperibili per rendere effettiv o e di immediata operatività all’interno dell’ordinamento di ciascuno Stato il divieto delle pene sproporzionate, viepiù in ordinamenti come quello italiano laddove il principio di legalità in materia penale sancito dall’art. 25 Cost. rimette al legislatore le decisioni sull’ an e sul quantum della pena.
Recentemente, l’affermazione della efficacia immediata e diretta delle direttive, che sanciscono il principio di proporzionalità della pena, nonchè dell’art. 49 cit. all’interno di ciascuno ordinamento degli Stati membri è stata affermata da parte della Grande Sezione della Corte di Giustizia Europea che, con sentenza depositata in data 8 marzo 2022 nell’ambito del processo a carico di NE (C-205/20), ha preso le distanze dal precedente contrastante orientamento (cfr ex multis sentenza del 4 ottobre 2018 – processo RAGIONE_SOCIALE). Il consolidarsi di tale esegesi, dunque, consentirebbe a ciascun giudice interno , nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione, di disapplicare discipline legislative nazionali contrastanti al fine di consentire l’irrogazione di sanzioni proporzionate , senza la necessità del previo ricorso alla Corte di Giustizia o alla Corte Costituzionale.
1.3. Nel descritto contesto si inserisce la questione della ‘ proporzionalità ‘ della pena pecuniaria, posta dal ricorrente Mosca, relativamente ai reati di contrabbando di t.l.e.
Occorre in limine rilevare come nel concetto di proporzionalità sia insito un rapporto quantomeno fra due grandezze, di guisa che il riferimento al criterio di proporzionalità non può prescindere dalla necessaria individuazione di un parametro di riferimento. Nel caso in esame, discutendosi della sanzione, la proporzionalità mira a consentire una valutazione dell’appropriatezza della pena
prevista per un reato, sicchè i due termini di comparazione sono costituiti dalla gravità dell’illecito e dalla afflittività della sanzione.
Il giudizio di proporzione della pena pecuniaria va, dunque, rapportata ad un quid che va a sua volta individuato nel bene -interesse che la norma intende preservare. L’attenzione dell’interprete va, allora, diretto al rapporto tra l’entità del danno o del pericolo causato dal fatto illecito rispetto agli interessi protetti dal legislatore e all’intensità del sacrificio imposto ai diritti fondamentali della persona.
1.4. Ebbene, in relazione ai reati di contrabbando in generale, la Corte costituzionale (v. sentenza n. 233 del 2018) ha precisato che lo specifico settore di tutela è rappresentato dalle entrate finanziarie e dal leale dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali (in ragione del complessivo tenore dell’art. 32 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) . Invece, nello specifico caso di contrabbando di t.l.e., le condotte incriminate destano maggiore allarme sociale posto che il fenomeno criminale è direttamente correlato agli interessi della criminalità organizzata in ragione degli ingenti profitti che tale attività illecita è in grado di garantire e di assicurare in modo immediato; tanto più che tali profitti sovente rappresentano l’utile provvista da reimpiegare in altre iniziative, non necessariamente illecite, secondo tecniche sempre più sofisticate.
1.5. Posto allora che, in relazione ai reati di cui si discorre, le condotte sanzionate non sono esclusivamente lesive del solo aspetto finanziario, sotto il profilo delle entrate non percepite dallo Stato, ma sono destinate a ledere anche l’ordine e la sicurezza pubblica, sì da essere foriere di significativi danni nei confronti dello Stato, ne consegue per un verso che le risposte sul piano della repressione debbono necessariamente essere più pregnanti rispetto a quelle previste per le altre ipotesi di contrabbando e per altro verso che il criterio della necessaria proporzionalità della pena pecuniaria deve essere parametrato e rapportato alla entità del guadagno e del profitto illecito che l’attività criminosa consente di acquisire.
1.6. Ebbene, sotto questo specifico profilo, l’istanza del ricorrente è affetta da genericità. L ‘invocato intervento correttivo da parte del giudice delle leggi o del giudice sovranazionale o anche da parte del giudice interno -a seconda che si voglia accedere all’uno piuttosto che all’altro degli orientamenti espressi quanto ai rimedi di tutela – è possibile a condizione che siano indicati ‘precisi punti di riferimento ‘ cui parametrare la lamentata manifesta irragionevolezza della sanzione.
La valutazione della proporzionalità non può, dunque, prescindere dal raffronto tra il profitto illecito (che nell’accezione ut supra indicata consente di individuare la reale portata offensiva del reato) e la entità della pena pecuniaria che appunto per essere adeguata e proporzionata deve essere rapportata alla gravità del fatto.
Pertanto, il mancato riferimento al criterio per esprimere il giudizio di proporzionalità della sanzione si riflette sulla ammissibilità della istanza che in parte qua difetta della necessaria specificità e rende la questione manifestamente infondata.
1.7. Non è poi rilevante in questa Sede la ulteriore questione relativa alla prospettata illegittimità costituzionale dell’art. 56 , comma 1, della cit. legge n 689, nella formulazione introdotta dalla riforma ‘Cartabia’, introdotta dal ricorrente Mosca con le memorie difensive depositate nel corso della udienza di discussione.
Ed invero, anche là dove la questione dovesse essere risolta dalla Consulta nel senso prospettato dal ricorrente, essa non potrebbe spiegare alcuna efficacia nell’ambito del presente procedimento, posto che non risulta che l’istanza di applicazione della pena sostitutiva in sostituzione della pena detentiva sia stata avanzata nelle precedenti fasi di merito.
Prima di esaminare le doglianze sollevate da ciascuno degli imputati, per una migliore intellegibilità dei fatti per cui è processo, è opportuna una sintetica esposizione della vicenda dedotta in lite.
I fatti di causa vedono coinvolto l’equipaggio della nave della marina militare italiana ‘Caprera’, in missione in Libia per l’operazione ‘ Mare Sicuro ‘ . Il natante in questione -rimasto ormeggiato nella Base Navale di Abbu Sitta a Tripoli tra il 31 marzo al 12 luglio del 2018 – era rientrato il 15 luglio in Italia attraccando nel porto di Brindisi. Nel corso della tarda mattinata, erano stati scaricati sulla banchina sette voluminosi sacchi dell’immondizia di colore nero su cui era leggibile l’etichetta ‘ Attenzione contiene Amianto..Respirare polvere di amianto è pericoloso per la salute. Seguire le norme di sicurezza ‘ . L’operazione di scarico in oggetto aveva allertato il nostromo NOME COGNOME il quale – incaricato l’equipaggio di procedere alla verifica del contenuto delle buste – scopriva la presenza di sigarette di contrabbando di diverse marche. Il successivo controllo, esteso anche a bordo del natante, portava al rinvenimento di altre buste nere identiche a quelle rinvenute sulla banchina, allocate all’interno della cala dei pezzi di rispetto e in cui erano riposte svariate scatole di sigarette di diverse marche, nonchè scatoli contenenti il farmaco ‘ Cialis ‘, per un peso complessivo di 690 kg di t.l.e. di contrabbando.
2.1. Secondo l’imputazione gli attuali imputati, tutti appartenenti alla marina militare con diversi ruoli, avrebbero preso parte alle operazioni di carico e trasporto della merce di contrabbando, rendendosi responsabili dei reati contestati ai capi sub A) e B). L’imputato NOME COGNOME, Pubblico Ufficiale con il grado di Tenente di Vascello,si sarebbe reso responsabile anche di ulteriori condotte criminose contestate rispettivamente ai capi C),D),E)ed F) della rubrica.
Ricorso nell’interesse di NOME COGNOME
Il ricorso va accolto limitatamente al solo trattamento sanzionatorio, mentre è complessivamente infondato nel resto.
3.1. Inammissibile perché aspecifico e perchè declinato in fatto è il primo motivo di ricorso, con cui il ricorrente censura la sentenza della Corte di appello sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione quanto alla affermazione della responsabilità in relazione al delitto di contrabbando di t.l.e. di cui al capo A).
La Corte di appello -anche mediante un congruo richiamo alla trama motivazionale della sentenza di prime cure – ha valutato in modo unitario il quadro probatorio : per i decidenti di merito le dichiarazioni ‘etero -accusatorie’ dei testi COGNOME e del coimputato COGNOME nonché i dati estrapolati dai tabulati telefonici e il contenuto delle conversazioni oggetto di intercettazione convergono nel senso della consapevole partecipazione di NOME COGNOME a tutta l’operazione di carico nel porto di Tripoli e di successivo scarico in quello di Brindisi del t.l.e. di contrabbando, trasportato per il tramite della nave militare ‘ Caprera ‘ .
Sulla base di argomentazioni esaustive, logiche e saldamente ancorate al dato probatorio, i giudici nelle due conformi sentenze di merito hanno spiegato che NOME COGNOME : a) prese parte alla operazione di scarico del t.l.e. di contrabbando nel momento in cui la mattina del 15 luglio 2018 la nave militare ‘Caprera’ attraccò nel porto di Brindisi; b) era consapevole de lla illiceità dell’operazione e del contenuto dei sacchi trasportati a bordo e scaricati sulla banchina tanto da riferire al nostromo NOME COGNOME di essere consapevole di cosa stava trasportando e di lasciarlo procedere nelle operazioni ( cfr verbale di sit di COGNOME– riportato per la parte di interesse alla pag. 96 della sentenza di primo grado); c) aveva preso parte alla precedente fase di carico del t.l.e. a bordo della nave nel porto di Tripoli , avendo proceduto -almeno in due distinte occasioni – a caricare la merce di contrabbando assieme a NOME COGNOME e a NOME COGNOME ( cfr pagg. 35 e ss della sentenza di primo grado).
La responsabilità di NOME COGNOME è stata, dunque, tratta dalla complessiva e sinergica lettura del compendio probatorio, fondato sul narrato del coimputato e dei testi -convergente nel nucleo centrale di fatti e non sminuito dalle marginali divergenze pur rilevate ed esaminate -e su dati oggettivi tratti da fonti documentali.
3.2. Al cospetto della indicata trama motivazionale, il ricorrente lamenta contraddizioni ‘non valutate’ tra il narrato dei testi, l’assenza di riscontri al dictum del coimputato, la omessa valutazione di prove dichiarative e, in sintesi, una non corretta valutazione delle responsabilità del Mosca, che avrebbe aiutato l’amico
NOME COGNOME senza tuttavia essere consapevole della reale portata dell’operazione.
Nondimeno le doglianze difensive non sono in grado di destrutturare la logicità intrinseca della motivazione, avendo la Corte territoriale congruamente e convincentemente spiegato perchè le pur riscontrate divergenze tra le deposizioni rese dai testi COGNOME ( teste de relato ) e COGNOME ( teste diretto) apparissero fisiologiche e di scarsa importanza nel complessivo compendio probatorio ( cfr pagg. 49 della sentenza di appello), posto che la fonte dichiarativa non costituiva l’unico elemento di prova a carico del ricorrente, per la significanza probatoria delle informazioni tratte dall’attività intercettiva e per la rilevanza dei dati estrapolati dai tabulati telefonici; tabulati da cui trapelava il contatto frenetico tra i tre imputati sia a ridosso delle attività di scarico nel porto di Brindisi sia soprattutto dopo la scoperta del carico da parte del nostromo NOME COGNOME.
Peraltro, alla difesa non è consentito di sostituire la ricostruzione operata in sentenza con altra alternativa e sebbene più favorevole al reo, sollecitando il giudice di legittimità nella rilettura delle prove se -come nel caso in esame – non si riscontrano evidenti vulnus motivazionali, omissioni, contraddizioni o travisamenti della prova. Né è consentito estrarre da un articolato ordito motivazionale solo alcuni passaggi argomentativi per contestarne la effettiva rispondenza al vero, bypassando una serie di informazioni di significativa valenza probatoria.
3.3. E’ i nfondato e va rigettato il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente invoca il concorso apparente di norme e il mancato assorbimento del reato sub B) in quello contesto al capo A) essendosi al cospetto della medesima condotta. Si tratta di norme poste a presidio di beni giuridici diversi e di fattispecie che non si pongono in rapporto di necessaria strumentalità tra di loro.
L’art. 135 cod. pen. mil . , infatti, persegue l’arbitraria introduzione di merce a bordo di navi o aereomobili militari, ovvero l’imbarco di merce che avvenga in contrasto con le norme che regolano l’amministrazione e la gestione delle navi, prescindendo dal perseguimento di un profitto per sé o per altri.
3.4. Sono inammissibili perché aspecifici i motivi di ricorso relativi al riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa di cui all’art. 61 n.5 cod. pen. e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Trattandosi di questioni comuni agli altri imputati per la sovrapponibilità del devolutum , per evitare inutili ripetizioni e per economia espositiva si rinvia ai successivi paragrafi 6 e 7 del considerando in diritto.
3.5. Fondato è, invece, il motivo relativo alla omessa motivazione quanto alla (ri)determinazione del trattamento sanzionatorio per mancanza grafica della
motivazione. La Corte di appello ha, infatti, in parte qua riformato la sentenza di primo grado, senza tuttavia esporre le ragioni poste a fondamento della diversa, seppur più favorevole, valutazione: manca l’esposizione e la enunciazione dei criteri seguiti nella rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
In forza di quanto premesso, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce limitatamente alla sola determinazione del trattamento sanzionatorio mentre va confermata nel resto delle statuizioni.
4. Posizione di NOME COGNOME
4.1. Il ricorso è complessivamente infondato e va, pertanto, rigettato.
E’ bene premettere che si è in presenza di un caso di “doppia conforme”. La Corte di appello, nel confermare il giudizio di responsabilità del Castiglione, ha operato frequenti riferimenti al percorso motivazionale seguito dal primo giudice e si attenuta ai medesimi criteri nella valutazione del compendio probatorio. Dunque, la motivazione della sentenza impugnata deve essere letta in uno con quella emessa in primo grado – qualificata da un grado di maggiore precisione nella disamina dei numerosi elementi di prova per la ricostruzione della vicenda nonché del ruolo rivestito dal Castiglione- costituendo un unico complessivo corpo decisionale (in questo senso, tra le molte, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615). Ovvia conseguenza è che – ai fini del controllo di legittimità da effettuare in questa sede sui prospettati vizi di motivazione- le due sentenze di merito devono essere lette in modo sinergico e complessivo.
4.2. Ciò premesso, con il primo motivo di ricorso il ricorrente si duole della conferma della condanna relativamente al reato sub A) sull’assunto della errata valutazione della prova indiziaria per essere gli indizi privi di concludenza e univocità sia sotto il profilo della violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. sia sotto il profilo del vizio di motivazione.
Il motivo – nella sua duplice articolazione – è inammissibile
In relazione alla dedotta violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., non è consentito il motivo che deduca la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. per censurare l’omessa od erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti od acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglianze connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o
decadenza (Sez. 1, n. 1088 del 26/11/1998, dep. 1999, Condello, Rv. 212248; Sez. 6, n. 45249 del 08/11/2012, COGNOME, Rv. 254274; Sez.2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 77518). Al riguardo la Corte di cassazione ha chiarito che la riconduzione dei vizi di motivazione di cui alla lett. e) alla categoria di cui alla lettera c) stravolgerebbe l’assetto normativo delle modalità di deduzione dei predetti vizi, che limita la deduzione ai vizi risultanti “dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame” , laddove, ove se fossero deducibili quali vizi processuali ai sensi della lettera c), in relazione ad essi questa Corte di legittimità sarebbe gravata da un onere non selettivo di accesso agli atti (così Sez. U, n 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027-02).
Sotto il diverso profilo del vizio di motivazione, la doglianza è aspecifica e declinata in fatto.
La Corte territoriale -attraverso il puntuale richiamo all’ordito motivazionale di primo grado e con considerazioni aderenti alle emergenze dell’incartamento processuale, lineari e conformi a logica -ha argomentato in ordine al coinvolgimento, al di là di ogni ragionevole dubbio, di NOME COGNOME nelle vicende criminose inerenti il trasporto e la detenzione di t.l.e. di contrabbando (pagg.70 e ss della sentenza del Giudice di prime cure; pagg. 45 e ss della sentenza adi appello)
Castiglione veniva avvistato nottetempo sulla banchina del porto di Tripoli, assieme a Mosca e a Corbisiero, intento a caricare a bordo della nave militare ‘Caprera’ voluminose buste nere con la scritta pericolo amianto all’interno de lle quali veniva rinvenuta la merce di contrabbando. Oltre alle dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME e del coimputato COGNOME, contestate sotto il profilo della contraddittorietà e l’assenza di riscontri , i decidenti di merito hanno altresì valorizzato elemen ti probatori non ‘considerati’ dal ricorrente tra cui : a) le dichiarazioni rese dal teste COGNOME in ordine alle richieste ‘insolite’ – per la non conciliabilità con il ruolo di comando rivestito sulla nave dal Castiglione – di svolgere turni di notte in aiuto ai piantoni ( cfr pag. 50 per le dichiarazioni di COGNOME); b) il flusso continuo e anch’esso anomalo di contatti telefonici in entrata ed uscita su cellulari in uso ai tre imputati in corrispondenza dell’arrivo della nave Caprera nel porto di Brindisi, ma soprattutto dopo la scoperta del carico di contrabbando ( pg.57 e ss sent. Gup) ; c) l’accusa mossa al Castiglione da NOME COGNOME che, nel discettare a telefono con un amico, individuava la causa dei controlli e la scoperta dell’operazione nei rapporti non amicali che il ricorrente aveva con il resto dell’equipaggi o; d) il fatto che lo stesso COGNOME nel corso di un colloquio telefonico con il Mosca avesse lasciato intendere il coinvolgimento nelle operazioni di contrabbando; e) il fatto che una terza persona si fosse con
naturalezza rivolta direttamente al ricorrente per l’acquisto di sigarette di contrabbando; d) il tenore dei discorsi circa la gestione di ‘ affari ‘ in comune da parte del COGNOME e del Castiglione uditi in diverse occasioni dai componenti dell’equipaggio .
4.3. Che poi il Castiglione fosse consapevole della presenza nella ‘ cala direttore ‘ della nave ‘Caprera’ delle buste nere contenenti t.l.e ed avesse acconsentito al trasporto è conclusione che i giudici di merito hanno logicamente tratto dalla dettagliata ricostruzione di tale segmento della complessa vicenda, riportando e valutando gli elementi di prova a carico e dando puntuale risposta alle obiezioni difensive. Si è dato atto in sentenza che l’ imputato avesse accesso a lla cd ‘cala direttore’ avendo la disponibilità di una ulteriore chiave rispetto a quella ‘ ufficiale ‘; chiave che – su suo ordine -veniva custodita all’interno della sala macchina (COP) di pertinenza del Castiglione (pag. 77 e pag. della sentenza del gup; pagg. 48 e 49 sentenza di appello). Si è messo in rilievo come, nel periodo di missione della nave ‘Caprera’, la chiave ufficiale non fosse stata mai prelevata non risultando annotazioni sull’apposito registro , e come il COGNOME– persona adusa a far valere la posizione di comando rivestita- di fatto disponesse della cala direttore tanto che senza il suo consenso non era possibile depositare alcunchè.
Si è, pertanto, giunti alla ineccepibile conclusione sul piano della logica della inverosimiglianza della prospettazione difensiva circa la buona fede del Castiglione. Peraltro, è il caso di aggiungere come difficilmente per la tipologia del carico -considerato il numero delle buste (settanta), il volume, la etichettatura con la scritta ‘ Attenzione contiene Amianto..Respirare polvere di amianto è pericoloso per la salute. Seguire le norme di sicurezza ‘ – sarebbe potuto sfuggire al ricorrente il deposito della merce.
4.4. Al cospetto di tale percorso argomentativo le argomentazioni difensive – in ordine alla buona fede del COGNOME, che sarebbe rimasto coinvolto solo perchè legato da un rapporto di amicizia al Corbisiero, alla scarsa credibilità dei testi COGNOME e NOME per la contraddittorietà del narrato e per la scarsa conciliabilità con la deposizione di COGNOME e altri testi, al ruolo rivestito dal COGNOME che sarebbe stato l’effettivo gestore della cala direttore -non colgono nel segno.
Molte delle deduzioni difensive si fondano su considerazioni prive di correlazione con le ragioni di fatto e di diritto esposte nella sentenza impugnata perché reiterative di temi già correttamente scrutinati sin dal primo grado di giudizio (cfr pagg. 46 della sent. di appello- per il ruolo di Castiglione rivestito sulla nave Caprera e per l’effettivo controllo da lui svolto sulla cala direttore a discapito del COGNOME; cfr pag. 49 in ordine al tema della credibilità dei testi COGNOME e COGNOME e dei riscontri oggettivi).
In ordine ad altri rilievi, il ricorrente, nel prospettare vizi motivazionali, fornisce una lettura frammentaria e parziale del compendio probatorio, invece analiticamente vagliato in tutti i suoi aspetti dai giudici di merito. Il ricorrente ha monopolizzato l’attenzione solo su una ‘parte’ dell’articolato compendio istruttorio ed ha ‘omesso’ di considerare tutta una serie di ulteriori informazioni probatorie, tratte sia dai tabulati telefoni che dal dato intercettativo nonché dalle dichiarazioni di altri testimoni , tra cui quelle del teste Autorino in ordine alle ‘numerose’ e ‘inusuali’ richieste di cambio turno ricevute dal COGNOME, congruamente ritenute dai Giudici di merito un ulteriore significativo ‘tassello’ a chiusura del quadro di responsabilità del ricorrente ( pagg.50 e ss della sentenza di appello).
E’ il caso di rammentare che la rilettura delle emergenze processuali volta ad una differente ricostruzione dei fatti esula dal perimetro normativo dell’art. 606 cod. proc. pen., posto che la Corte di cassazione deve limitarsi a ripercorrere l’ iter argomentativo svolto dal giudice di merito per verificare la completezza e l’insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili (ex plurimis Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074); vulnus motivazionali che nel caso in oggetto vanno esclusi pe r l’analitica disamina degli elementi di prova , il preciso ancoraggio alle plurime emergenze processuali a carico e le inferenze logiche poste a base del ragionamento.
4.5. Infondato è il motivo relativo al concorso apparente di norme per le ragioni già indicate al paragrafo 3.3. cui si rimanda per economia espositiva.
Manifestamente infondate sono le censure relative al riconoscimento della circostanza aggravante della minorata difesa per le ragioni esposte nel paragrafo 6 del considerando in diritto, essendo i motivi addotti identici a quelli formulati dai coimputati.
4.6. Inammissibili perché reiterativi di questioni correttamente e congruamente valutate nelle due conformi sentenze di merito sono i motivi con cui il ricorrente lamenta il riconoscimento delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 61 n. 9 cod. pen. e 291 ter comma 1 e comma 2 lett. c) d.P.R. n. 43 cit.
E’ sufficiente a tal riguardo per l’assenza di novum e per la esaustività nonché correttezza delle argomentazioni spese – il richiamo alla sentenza impugnata (pagg. 51 e ss della sentenza di appello) che ha dedicato un paragrafo autonomo al trattamento sanzionatorio e al tema specifico delle circostanze aggravanti, affrontando i rilievi critici che il difensore del COGNOME aveva presentato con l’atto di gravame e reiterato con il ricorso.
4.7. Sulla base delle considerazioni che precedono, va dunque disposto il rigetto del ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME e la condanna del medesimo ai sensi dell’art. 6 16 cod. proc. pen. – al pagamento delle spese processuali.
Posizione di Corbisiero Marco.
Il ricorso è fondato limitatamente al capo D), mentre va rigettato nel resto.
5.1. L’imputato , all’epoca dei fatti Tenente di Vascello della nave militare ‘ Caprera ‘ , avrebbe – secondo il tema di accusa recepito nelle due sentenze di merito – approfittato del ruolo di capo dello staff tecnico, procurandosi t.l.e. di contrabbando e finanziando tale operazione mediante i profitti ricavati dalla stipula in regime di monopolio di contratti di compravendita di pezzi di ricambio per il naviglio simulati o a prezzo maggiorato con la ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , appartenente a Ben NOMECOGNOME Ufficiale della Guardia Costiera libica.
In questo contesto all’imputato sono stati contestati i reati di : detenzione , trasporto e introduzione nel territorio dello Stato italiano di 690 Kg di t.l.e. di contrabbando e del farmaco Cialis, utilizzando la nave della marina militare Caprera ( capo a , b, e) ; peculato per l’utilizzo di un mezzo della marina militare, un furgone Ducato, ai fini del carico del t.l.e. di contrabbando( capo c); istigazione alla corruzione per avere cercato di indurre alcuni componenti dell’equipaggio a non denunciarlo, promettendo loro in cambio parte del carico di t.l.e. ( capo d) ; corruzione e falso per avere, mediante sistematica attività di falsa fatturazione e sovrafatturazione in favore del predetto Ben Abulad, acquisito profitti impiegati nell’acquisto del t.l.e. di contrabbando ( capo f) .
5.2. Con il primo motivo di ricorso NOME COGNOME contesta la sentenza di appello sotto il distinto profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione quanto all’affermazione della responsabilità in ordine alle condotte criminose contestate al capo f), ovvero al delitto di corruzione e di falso ideologico.
Sostanzialmente secondo il difensore l’impianto accusatorio sarebbe fragile perché basato sul solo rapporto di amicizia tra il Tenente COGNOME e l’Ufficiale libico e soprattutto perché la procedura per l’acquisto dei pezzi di ricambio della nave era complessa e richiedeva l’intervento di diverse figure ed operatori di guisa che il COGNOME non avrebbe mai potuto agire in autonomia e sfuggire ai controlli. Peraltro, anche il T.V. COGNOME -succeduto in carica al COGNOME -si era avvalso della ditta appartenente a Ben Abulad, di guisa che sarebbe stata smentita la prospettazione accusatoria di un rapporto di affari anomalo e sospetto tra il predetto COGNOME e il ricorrente NOME COGNOME
Le numerose doglianze difensive non colgono nel segno, perché presentate per far valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge, avendo ad oggetto questioni di fatto ‘sindacabili’ nel giudizio di legittimità solo in presenza di motivazione lacunosa o che presenti profili di manifesta illogicità e perché volte a criticare il significato che la Corte di appello ha dato al contenuto delle emergenze
istruttorie, senza introdurre temi decisivi e in grado di disarticolare la coerenza logica della intera motivazione delle due sentenze di merito.
Ed invero, il compendio argomentativo delle due conformi sentenze di merito ha ravvisato solide conferme del tema di accusa nel complessivo quadro probatorio, basato su plurime convergenti fonti dichiarative ma anche sul tenore di conversazioni telefoniche dal contenuto esplicito come tale non suscettibile di differenti letture.
La Corte di appello -anche mediante un confacente richiamo alla trama motivazionale della sentenza del giudice per l’udienza preliminare che per certi aspetti si presenta più articolata e dettagliata nella ricostruzione della vicenda fattuale – sulla base di valutazioni che non presentano aspetti di manifesta illogicità o lacune motivazionali ha spiegato che la missione libica aveva come scopo principale quello di mantenere in efficienza e in ottimo stato di manutenzione le vedette cedute dallo Stato italiano alla Guardia Costiera Libica. Poichè il finanziamento delle forniture gravava sul bilancio dello Stato italiano, che provvedeva al pagamento degli interventi di manutenzione, era compito dei Tenenti di Vascello delle navi garantire l’efficientamento del naviglio libico.
In questo specifico contesto fattuale, si colloca la figura di NOME COGNOME all’epoca T.V. della nave ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ , il quale acquistava, in regime di monopolio rivolgendosi alla ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE for service ‘ facente capo all’Ufficiale libic o NOME COGNOME, i pezzi di ricambio delle navi attraverso un meccanismo di ‘ fatturazione falsa ‘ (sovrafatturazione o fatturazione per operazioni inesistenti) in tal modo finanziando con il surplus l’acquisito di t.l.e. di contrabbando.
Nel dettaglio si è evidenziato che al ricorrente NOME COGNOME – al comando con il grado di Tenente di Vascello di diverse navi della marina, segnatamente nel 2018 del la nave ‘Caprera’ e nel corso dell’anno precedente del le navi ‘ Tremiti ‘ e ‘ Capri ‘ -era stato assegnato l’incarico di provvedere all’efficientamento del naviglio. Era, infatti, il COGNOME che – ricevuta la segnalazione di intervento da parte del Comando del naviglio – ne valutava la necessità e segnalava il tipo di acquisto funzionale alla manutenzione. Nel 2018, il COGNOME -cambiando la procedura -gestiva anche la fase conclusiva della procedura di acquisito, avendo demandato a sé stesso anche il controllo della regolarità dell’appro vvigionamento: attività che, secondo la procedura fino ad allora invalsa, era da sempre stata affidata a diversa figura professionale (cfr dep. T.V. Gullo pagg. 14 e 15 della sentenza di appello; pag. 142 e ss della sentenza di primo grado).
NOME COGNOME, dunque, era divenuto ‘ controllore ‘ di sè stesso perché validava la regolarità dell’approvvigionamento da lui stesso segnalato .
Hanno poi rilevato i Giudici di merito come l’ intervento di manutenzione sulle navi libiche – nel periodo di gestione del Corbisiero – fosse poco efficiente.
Nonostante i continui interventi di manutenzione e di riparazione sulle unità navali numerose erano le navi ‘in mare’ c he presentavano problemi ( cfr pag. 143 e ss della sentenza di primo grado per la trascrizione di alcune conversazioni telefoniche intercettate nel corso delle quali gli interlocutori ridendo parlavano della ‘ efficienza ‘ delle navi della marina sempre ‘ in avaria ‘ ) ; si era registrato un notevole e non giustificato aumento di spesa per la fornitura dei pezzi di ricambio ( cfr dep. testi COGNOME , NOME e NOME COGNOME quanto alla esosità dei prezzi pezzi di ricambio che venivano forniti dalla ditta libica RAGIONE_SOCIALE for RAGIONE_SOCIALE) con emissione di fatture per importi elevati, sì da generare una provvista occulta; era altresì emerso come anche i lavori di carenamento e di pulizia eliche delle navi, solitamente affidate ad una ditta altamente specializzata per la peculiarità delle incombenze , risultavano anch’essi affidati alla ditta RAGIONE_SOCIALE, benchè essa fosse assolutamente priva di competenza nel settore e di operai specializzati, utilizzando peraltro anche fatture non corrispondenti alla modulistica ufficiale .
In tal modo, spiegavano congruamente i Giudici di merito, si era venuto a creare un meccanismo capace di generare ‘riserve occulte’, mediante sovrafatturazione praticando prezzi di mercato elevati o fatture per operazioni inesistenti (cfr pag. 149 e ss della sentenza di primo grado). Che poi tali riserve occulte fossero destinate a finanziare l’acquist o di t.l.e. è circostanza che i decidenti di merito hanno congruamente evidenziato sulla scorta di un percorso motivazionale esaustivo, privo di incongruenze e saldamente ancorato al dato probatorio ( cfr pagg. 155 e ss della sentenza di primo grado), essendo stata peraltro rinvenuta nel carteggio processuale una vera e propria contabilità parallela a quella ufficiale, tenuta dal Corbisiero con puntuale annotazione delle uscite e delle entrate, dei debiti maturati e dei crediti da riscuotere nonchè delle somme da versare al fornitore libico NOME COGNOME. Ciò -argomentavano correttamente i Giudici di merito – documentava l’ulteriore rapporto di affari tra COGNOME e l’Ufficiale libico avente ad oggetto l’acquisto sia del farmaco ‘C ialis ‘ che delle sigarette di contrabbando.
Al cospetto di tanto, le ulteriori argomentazioni difensive – in ordine alla circostanza che non solo il COGNOME ma anche altri ufficiali, tra cui il T.V. COGNOME, si fossero rivolti a Ben Abulad Hamza per le forniture di pezzi di ricambio – non destrutturano la logicità della ricostruzione operata nelle sentenze di merito e non inficiano le valutazioni cui si è giunti.
Anche in tal caso i Giudici di appello hanno congruamente evidenziato come COGNOME – proprio perché incaricato della manutenzione di diverse navi e per diversi anni fosse riuscito ad instaurare con l’ufficiale libico COGNOME un rapporto ‘fiduciario’ tanto che quest’ultimo era autorizzato a salire sulle navi italiane, stabilendo ciò che occorreva per la manutenzione delle navi e procurando i pezzi
di ricambio, ma anche rifornendo l’equipaggio di tutto ciò che richiedeva dai beni di prima necessità alle sigarette (vedi sent. pagg. 126 e 127 anche per le convergenti dichiarazioni di NOME e di COGNOME)
Quindi, in questo specifico contesto in cui il Ben COGNOME era divenuto il punto di riferimento per lo stesso equipaggio, riuscendo celermente a soddisfarne le richieste, non appare affatto anomalo che anche il Tenente di NOME COGNOME si fosse rivolto alla stessa figura indicata dal COGNOME e si fosse – almeno inizialmente -servito della ditta ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ per la manutenzione delle navi e i pezzi di ricambio.
5.3. Inammissibile perché generico ed aspecifico il motivo con cui il ricorrente contesta la sentenza di appello sotto il profilo della responsabilità in ordine al reato di contrabbando di t.l.e. sub A).
In ordine alle censure -peraltro sovrapponibili a quelle avanzate anche dai coimputati nella parte in cui si contesta la credibilità dei testi COGNOME e COGNOME e del coimputato COGNOME – si rimanda alle argomentazioni già svolte, segnalando ancora una volta come la segnalata criticità non sia sfuggita al vaglio della Corte di appello che ne ha evidenziato la scarsa valenza probatoria anche sulla scorta di una lettura d’insieme de l quadro istruttorio.
Va poi rilevato come il denunciato coinvolgimento di altri membri dell’equipaggio e/o la circostanza che il trasporto di t .l.e. di contrabbando fosse un fatto noto a tutti gli operatori a bordo della nave ‘Caprera’ non destruttura per ciò solo le conclusioni dei giudici di merito se non altro per la evidente ‘neutralità di tale aspetto non registrandosi alcuna distonia tra il coinvolgimento/conoscenza di altri membri e le responsabilità del ricorrente. Peraltro, nemmeno è ipotizzabile un intento vendicativo o ritorsivo- di cui ignota sarebbe rimasta anche la ragioneposto che – come puntualmente rilevato in sentenza- alcuni fra i testi escussi non ricordavano nemmeno il nome di alcuni imputati, ad ulteriore riprova della genuinità delle fonti dichiarative.
D’altronde lo stesso COGNOME – nel momento in cui la merce di contrabbando venne scoperta nel porto di Brindisi -era intervenuto prontamente assumendosi le responsabilità delle sette casse che erano state già scaricate a terra e di quanto era a bordo ( cff pag. 18 e 20 della sentenza di primo grado per la dep. di NOME COGNOME)
5.4. Stesse conclusioni si impongono per le censure relative al delitto di peculato. Anche in tal caso il ricorrente rifugge da un confronto critico e mirato con le puntuali argomentazioni spese dai giudici nelle due conformi sentenze di merito, per un verso bypassando informazioni probatorie significative e per altro verso offrendo una alternativa ricostruzione della vicenda senza tuttavia rinvenire vulnus motivazionali.
In questa sede, è il caso di precisare come le effettive ragioni dell’utilizz o del mezzo di trasporto in dotazione della marina militare siano state individuate dai Giudici sin dal primo grado di giudizio (cfr pagg. 49 e ss della sentenza gup) nel trasporto dei settanta voluminosi sacchi neri contenenti t.l.e. piuttosto che nel ritiro del bagaglio del Corbisiero rimasto a bordo della nave.
Con argomentazioni puntuali e tut t’altro che illogiche , è stato evidenziato come il COGNOME non avesse chiesto di potere usufruire di una semplice utilitaria, ma di un mezzo dotato di una certa capacità di carico quale era il furgone Ducato, e come avesse prenotato il mezzo di trasporto per due giorni consecutivi, il 15 luglio (data dell’arrivo della nave Caprera nel po rto di Brindisi) e il 16 luglio.
Un tale modus operandi logicamente poco si concilia con l’attività di mero ritiro del bagaglio lasciato a bordo della nave.
Ed ancora, è stato posto in evidenza come il COGNOME– che sin dalla mattina del 15 luglio in attesa della nave percorreva la banchina per lungo e largo – avesse fatto accesso all’interno del porto in compagnia di un ufficiale e un marinaio in divisa: in conclusione -hanno concluso i Giudici di merito – il COGNOME in tal modo aveva fatto ricorso ad una serie di accorgimenti per fare uscire dal porto i settanta bustoni contenenti il t.l.e. , senza destare sospetto in modo da evitare i controlli.
5.5. Fondato è, invece, il motivo con cui la sentenza di appello è stata censurata per vizio di motivazione quanto alla ritenuta responsabilità per il reato di istigazione alla corruzione di cui al capo d) della rubrica.
Che il ricorrente si sia rivolto al nostromo COGNOME e poi al Comandante per recuperare i sette bustoni contenenti t.l.e. scaricati sulla banchina nel porto di Brindisi è un dato, congruamente messo in evidenza nelle due sentenze di merito e nemmeno contestato dal difensore.
Appare, invece, labile e poco convincente sul piano della logica la motivazione in punto di ‘qualificazione’ della ulteriore condotta che avrebbe realizzato il COGNOME. Effettivamente, dopo la scoperta della merce di contrabbando, il ricorrente chiedeva telefonicamente allo Scogliamiglio di intercedere presso il Comandante perché soprassedesse alla denuncia e affinchè quanto meno le buste scaricate gli venissero consegnate ( cfr pag. 27 e ss della sent. di appello) . E’ stato accertato che il COGNOME concluse il suo intervento invitando il nostromo COGNOME a ‘tenere il resto ‘(ovvero l’ulteriore t .l.e. di contrabbando ancora a bordo della nave).
Nondimeno, sono gli stessi giudici di merito ad evidenziare come il diretto destinatario delle parole del COGNOME, ovvero il nostromo NOME COGNOME avesse precisato che nell’occorso le frasi del Tenente erano state da lui intese nel senso di una ‘proposta corruttiva’ (‘…per me, voleva dire questo’) per poi
aggiungere subito dopo che ‘quanto meno non voleva saperne nulla di quelli che stavano a bordo …’
La lettura dell’espressione oggettivamente proferita dal COGNOME di ‘potere tenere il resto ‘ – in termini di proposta corruttiva non si armonizza oggettivamente con il tenore della deposizione, effettivamente poco chiara ed incisiva su quello che avrebbe dovuto rappresentare l’in sé della condotta criminosa: è lo stesso COGNOME -stando alla ricostruzione che si legge nella sentenza di appello (pag. 28 della sentenza di appello)- ad avere ipotizzato anche un diverso significato.
Del tutto inadeguato risulta, quindi, il compendio motivazionale che ha fondato la prova della contestata proposta corruttiva sulla rilevata ‘intrinseca divergenza’ del narrato del teste e in assenza di ulteriori elementi -non rilevati dai Giudiciche ne chiarissero il significato della deposizione nell’uno o nell’altro senso .
La sentenza va, dunque, annullata senza rinvio limitatamente al capo D) perché il fatto non sussiste.
5.6. Manifestamente infondato e, comunque, aspecifico il motivo relativo al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche per le ragioni che si espongono al paragrafo 7.
Ne consegue pertanto la rideterminazione della pena in finali e complessivi anni cinque, mesi dieci e giorni venti di reclusione, previa espunzione dal calcolo complessivo del quantum di pena irrogata per il reato di cui al capo D)
6. La circostanza aggravante della minorata difesa.
L’art. 61 n 5 cod. pen. si esprime nel senso che occorra “avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa”. Ai fini della integrazione della circostanza, dunque, non è sufficiente il mero riferimento al fatto che il reato sia stato commesso in tempo di notte o in luogo isolato, essendo invece necessario che gli elementi indicati abbiano reso più agevole e facilitato l’azione criminosa.
In breve, è necessario che il reo abbia “approfittato” delle circostanze di tempo, di luogo o di persona, e non semplicemente quando il reato sia stato “commesso” in tali circostanze (Sez. U. n. 40275 del 15/07/2021, Rv.282095).
6.1. La Corte di appello ha fatto buon governo di tali principi (pagg. 42 e ss). Con puntuale richiamo alla sentenza di primo grado e con motivazione logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e, pertanto, immune dai denunciati vizi di legittimità, ha puntualmente indicato gli indici fattuali della ‘minorata difesa ‘: il fattore tempo (di notte), il luogo ( un’area non illuminata e a livello della banchina) e le modalità del carico (avvenuto anche in presenza di altri commilitoni in modo tale da non destare sospetto in eventuali osservatori esterni).
Peraltro, in risposta alle censure difensive, va aggiunto come l’avere provveduto al carico sulla banchina avesse di fatto reso più complicato il controllo posto che lo stesso COGNOME, nel corso di un colloquio con l’Avv. NOME COGNOME (difensore nell’ambito del procedimento disciplinare), precisava che il luogo di carico e l’orario notturno rendevano difficile l’avvistamento dell’operazione di carico posto che ‘ … il Corpo di Guardia stava sopra al riparo …perché tirava vento e faceva freddo …non ve deva …tutto quello che entrava… non vedeva neanche la gente passà…poi c’era la paratia.. c’era il telo di plastica tutto nero … ‘ (cfr pag. 55 della sentenza di primo grado per la trascrizione del colloquio in ambientale).
Per il resto i ricorrenti contrappongono censure di natura meramente fattuale, ritenendo ora non rilevante il solo tempo di notte, ora segnalando la presenza di illuminazione ora la facilità del controllo. In tal modo, la difesa sollecita una rivalutazione del compendio probatorio, peraltro sulla base di una lettura frammentaria delle argomentazioni spese dai giudici di merito, non consentita in questa sede, stante la preclusione, per il giudice di legittimità, di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito.
Inammissibili perchè declinati in fatto e perchè generici i motivi -anch’essi comuni a tutti gli imputati -inerenti al trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche
7.1. La Corte territoriale si è attenuta al principio reiteratamente affermato sul tema dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale le attenuanti generiche non vanno intese come oggetto di benevola “concessione” da parte del giudice, nell’ambito del suo potere discrezionale, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente.
«Posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, ne deriva che la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza» (così Sez. 1, n. 46568 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 271315; in senso conforme, ex plurimis , v. Sez. 2, n. 35570 del 30/05/2017, COGNOME, Rv. 270694, nonché Sez. 3, n. 26272 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 276044, in motivazione).
Pertanto, è l’applicazione dell’art. 62bis cod. pen. a necessitare «di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti
atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio» (così Sez. U, n. 20208 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275319).
7.2. Nel caso in esame, diversamente da quanto sostenuto nei ricorsi, la Corte di appello non ha utilizzato una formula di stile né tantomeno ha considerato la gravità astratta del reato, avendo parametrato il trattamento sanzionatorio e giustificato il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche con riferimento sia alla oggettiva gravità in concreto delle condotte poste in essere e sia dalla capacità a delinquere degli imputati, desunta dalla spregiudicatezza dimostrata nel cooperare alla commissione delle condotte delittuose.
Al cospetto di ciò, i ricorrenti hanno evocato elementi positivi insufficienti, tra cui l’incensuratezza che dopo la modifica dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, non è più ex se valutabile, ovvero elementi del tutto generici (come l’interrogatorio e il positivo comportamento processuale), inidonei a inficiare la tenuta logica della sentenza.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al reato di cui all’art. 322 cp e ridetermina la pena in anni cinque, mesi dieci e giorni venti di reclusione.
Annulla la sentenza nei confronti di COGNOME NOME limitatamente alla determinazione della pena detentiva e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Lecce.
Rigetta nel resto i ricorsi di Corbisiero e Mosca.
Rigetta il ricorso di COGNOME NOME e lo condanna al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, 25/06/2025.