Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22297 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22297 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Carrara il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/03/2023 della Corte d’appello di Firenze udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Firenze, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti anche in relazione al capo 2), ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME NOME, in mesi tre di reclusione ed euro 107.399,00 di multa, in relazione al reato di cui agli artt. 67 e 70 d.P.R. n. 633 del 1972 in combinato disposto con gli artt. 292 e 295 d.P.R. n. 43 del 1973, per aver importato ed utilizzato un velivolo con targa statunitense sottraendolo al pagamento dei diritti di confine, con conseguente evasione di iva all’importazione pari a C 178.420,00
(capo 1), e in mesi uno e giorni dieci di arresto, in relazione al reato di cui all’art. 1188 cod. nav. in relazione agli artt. 776, 777 e 778 cod. nav., per aver esercitato l’attività di navigazione aerea in assenza del certificato di operatore aereo e della licenza di esercizio (capo 2 in esso assorbito il capo 3), confermando la confisca dell’aeromobile in sequestro.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale, in relazione al capo 1), per aver ritenuto integrato il reato di contrabbando pur in assenza di una materiale fuoriuscita del velivolo dal territorio dell’Unione Europea a seguito della sua importazione nel 1999 con assolvimento dell’obbligo impositivo.
Argomenta il ricorrente che, premesso che l’aeromobile in questione era stato importato nel 1999 dagli Stati Uniti nel Regno Unito e lì era stato assolto il pagamento dell’iva all’importazione e che successivamente nell’anno 2016, il velivolo veniva cancellato dal pubblico registro aeronautico del Regno Unito e successivamente iscritto nel pubblico registro statunitense, la Corte d’appello avrebbe erroneamente applicato la legge penale e ancorato il sorgere dell’imposizione doganale esclusivamente al dato formale della successiva immatricolazione del velivolo nel Pubblico Registro Aeronautico americano, con contestuale cancellazione da quello del Regno Unito, omettendo di attribuire rilievo al dato sostanziale, pacifico in giudizio, della mancata fuoriuscita materiale del velivolo dal territorio doganale.
Nel caso di specie, rileva il ricorrente, difetterebbe il presupposto logico, prima ancora che giuridico, per ritenere sussistente il reato in parola, ossia «l’esportazione» del bene, con conseguente reimportazione e insorgenza dell’obbligo impositivo. Ciò troverebbe conferma sia negli artt. 82 e 154 del Codice Doganale dell’Unione – secondo cui si è dinanzi ad un’esportazione solo allorquando vi è materiale fuoriuscita del bene dal territorio doganale – sia, a livello sistematico, negli artt. 36 e 216 del TU in materia doganale, che valorizzano il dato sostanziale della destinazione al consumo del bene, a prescindere dal dato formale dell’immatricolazione.
2.2. Con un secondo motivo, il ricorrente censura la carenza e l’illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo per il reato di cui al capo 1).
A parere della difesa, la Corte territoriale, al pari del giudice di prime cure, avrebbe erroneamente sovrapposto i profili dell’adesione volontaristica al fatto di reato, da un lato, e dell’ignoranza inevitabile della legge, dall’altro.
La convinzione dell’imputato in ordine all’assenza di conseguenze fiscali derivanti dalla condotta da lui tenuta rientrerebbe nel fuoco del dolo, di tal ché i giudici del merito avrebbero dovuto valutare se l’imputato si era rappresentato la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, tuttavia, aveva agito accettando il rischio di cagionarle, secondo i parametri del dolo eventuale.
Diversamente, i giudici del merito avrebbero valorizzato tale convinzione dell’imputato esclusivamente in un’ottica di errore sul precetto che, ai sensi dell’art. 5 cod. pen., non assumerebbe alcuna rilevanza.
2.3. Con un terzo motivo, il ricorrente censura altresì la carenza e l’illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al capo 2).
A parere della difesa, ai fini dell’integrazione della contravvenzione di cui all’art. 1188 Cod. Nav., sarebbe necessario che il trasporto aereo, effettuato in assenza delle prescritte autorizzazioni, presenti il carattere dell’«onerosità» e vada a vantaggio dei «passeggeri».
Ebbene, la motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente e illogica con riferimento ad entrambi i requisiti.
Quanto al carattere oneroso, la Corte territoriale si sarebbe limitata ad affermare, illogicamente, che la tesi difensiva – secondo cui ai soci veniva richiesta soltanto una quota vòlta a coprire le spese di mantenimento del mezzo – collide con il principio di utilità economica, finendo per sostenere quanto affermato dalla stessa difesa.
Per quanto riguarda invece il secondo requisito, la Corte territoriale avrebbe omesso qualsivoglia motivazione in ordine alla doglianza difensiva con cui si evidenziava che gli utilizzatori del veicolo erano da considerarsi alla stregua degli effettivi proprietari.
Peraltro, sarebbe la stessa Corte d’appello a fare riferimento ad un’attività privata, e non di trasporto di passeggeri, giungendo tuttavia alla conclusione, illogica, per cui poteva dirsi integrato il reato di esercizio abusivo della navigazione aerea nei termini di cui al capo 2).
2.4. Con l’ultimo motivo, il ricorrente lamenta la carenza e l’illogicità della motivazione in ordine alla determinazione della pena per il reato di cui al capo 2).
A parere della difesa, il reato di cui all’art. 1188 Cod. Nav. costituirebbe un reato istantaneo, che sì perfeziona al momento dell’effettuazione del volo, nonché un reato di danno, per cui non sarebbe sufficiente ad integrare la fattispecie in
esame la mera messa a disposizione di un velivolo sprovvisto di licenze, che non abbia effettuato alcun volo.
Pertanto, sebbene nel capo d’imputazione si riporti, quale data di accertamento del fatto, il periodo intercorrente tra il 4 gennaio 2016 e il 15 aprile 2019, il susseguirsi di più comportamenti tipici integrerebbe, al più, un’ipotesi di reato continuato, ai sensi dell’art. 81, co. 2, cod. pen. con conseguenze in tema di prescrizione del reato.
Premesso ciò, il ricorrente rileva che la Corte d’appello di Firenze avrebbe erroneamente disatteso le doglianze difensive in ordine alla determinazione della pena per il reato in esame, ritenendo condivisibile la valutazione di gravità della condotta offerta dal giudice di primo grado in merito alla «durata» della violazione e alla «non episodicità» della stessa.
Ebbene, si tratterebbe di una motivazione del tutto illogica a fronte dell’individuazione da parte della stessa Corte territoriale di un unico reato non ancora prescritto, per il quale è stata rinvenuta in atti la fattura del 04.01.2019, essendo invece prescritti tutti gli episodi verificatisi fino al 2017.
3. Il AVV_NOTAIO Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso non è fondato.
La questione di diritto, che il ricorrente pone con il primo motivo di ricorso, circa la configurazione del reato di contrabbando nell’ipotesi di importazione dei mezzi di trasporto con evasione di iva, è stata ripetutamente affrontata da Questa Corte di legittimità con indirizzo interpretativo che il Collegio condivide.
E’ stato, in primo luogo, chiarito che il reato di contrabbando di cui agli artt. 292 e 295 del testo unico delle leggi doganali (d.P.R. n. 23 gennaio 1973, n. 43) è configurabile non solo nel caso di importazione definitiva di mezzi di trasporto in evasione dei diritti di confine, bensì anche nel caso di mezzi di trasporto in temporanea importazione (art. 216 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), quando siano cessate le condizioni previste per l’importazione temporanea, ovvero sia decorso il termine semestrale fissato dalla legge ai fini della permanenza in importazione temporanea di merci estere sul suolo nazionale (Sez. 3, n. 38724 del 21/09/2007, COGNOME, Rv. 237923; Sez. 3, n. 19616 del 26/03/2014, COGNOME, Rv.259755; Sez. 3, n. 4978 del 13/01/2022, COGNOME, Rv. 282921 – 02; Sez. 3, n. 4980 del 13/01/2022, PM in proc. COGNOME, non mass; Sez. 3, n. 44467 del 03/11/2022, COGNOME, non mass.).
Nella sentenza COGNOME è stato anche chiarito, anche a questo proposito con rilievi pienamente condivisi dal Collegio e applicabili anche alla vicenda in esame,
che l’Iva all’importazione va qualificata come diritto di confine ai sensi dell’art. 34 del testo unico delle leggi doganali, la cui evasione integra il reato di contrabbando di cui all’art. 292 del medesimo testo unico, e tale soluzione interpretativa risulta più aderente alla lettera dell’art. 34 di detto testo unico, che, relativamente alle merci in importazione, ricomprende tra i diritti di confine non solo i dazi ma anche “ogni altra imposta o sovrimposta di consumo a favore dello Stato”.
Sempre la sentenza COGNOME ha chiarito che l’Iva all’importazione non è dovuta in Italia solo nel caso in cui sia provato che i beni importati siano stati effettivamente messi in consumo in altro Paese comunitario con conseguente pagamento dell’imposta in quel Paese e ciò per evitare il generale divieto della doppia imposizione.
In relazione ai beni mobili registrati, come i velivoli, il giudizio di effettività avvenuta immissione al consumo deve essere formulato sulla base di dati obbiettivi ovvero con l’iscrizione nei pubblici registri del diverso Paese membro.
Quanto alla necessità o meno di iscrizione nel registro degli aeromobili di cui all’art. 750 del codice della navigazione, nella medesima sentenza è stato chiarito, in continuità con la giurisprudenza precedente (si è citata Sez. 3, n. 1504 del 17 febbraio 1984), che per gli aeromobili, l’immatricolazione funge solo da fattispecie tipica vincolante ed incontrovertibile in base alla quale, a prescindere dall’effettiva utilizzazione, il bene si intende destinato al consumo, ma non significa che senza l’immatricolazione non sorge l’obbligo del pagamento del tributo, anche se il mezzo venga effettivamente utilizzato o anche sia scaduto il termine per l’importazione temporanea. Il delitto di contrabbando, invero, è integrato con l’effettiva destinazione al consumo, la quale può essere attuata evitando proprio di realizzare la situazione formale costituita dalla dichiarazione doganale o dall’iscrizione negli appositi registri aerei cui la legge ricollega il presupposto impositivo.
Peraltro, per quanto di rilievo nel caso concreto, va rilevato che l’iscrizione nel registro degli aeromobili viene a qualificare la merce quale “merce europea” o “merce estera”.
Tale conclusione trova fondamento nell’art. 17 della Convenzione di Chicago del 17 dicembre 1944, sul trasporto aereo che sancisce che “Gli aeromobili hanno la nazionalità dello Stato sul registro del quale sono immatricolati” e, sul piano delle fonti nazionali, nell’art. 36 comma 4, TULD – Presupposti dell’obbligazione tributaria – secondo cui «le navi, ad esclusione di quelle da diporto, e gli aeromobili costruiti all’estero o provenienti da bandiera estera si intendono destinati al consumo nel territorio doganale quando vengono iscritti nelle matricole o nei registri di cui rispettivamente agli artt. 146 e 750 del codice della navigazione». Prosegue la disposizione, descrivendo la fattispecie contraria, secondo cui «le navi, ad esclusione di quelle da diporto, e gli aeromobili nazionali e nazionalizzati, iscritti nelle matricole o nei registri predetti, si intendono destinati al consumo fuori del
territorio doganale, quando vengono cancellati dalle matricole o dai registri stessi per uno dei motivi indicati nel primo comma, lettere c) e d), rispettivamente degli articoli 163 e 760 del codice medesimo».
Dunque, la sopravvenuta iscrizione del velivolo in altro registro, come avvenuto nel caso in esame con la cancellazione dal registro del Regno Unito e l’iscrizione del registro USA, fa cessare la qualifica di merce nazionale (ora europea) con le ulteriori conseguenze in caso di effettivo utilizzo nel territorio UE oltre il termine per l’importazione temporanea.
Conclusivamente, all’esito della rassegna delle fonti normative e dei principi giurisprudenziali, il presupposto impositivo del pagamento dell’iva all’importazione si realizza con l’immissione in consumo che si attua con la dichiarazione doganale o con l’iscrizione negli appositi registri o quando il mezzo iscritto in un registro extra UE venga effettivamente utilizzato nel territorio UE e sia scaduto il termine per l’importazione temporanea.
Nel caso in esame, l’aeromobile in questione, precedentemente importato nel Regno Unito, risultava tuttavia essere stato cancellato dal registro di quel Paese e iscritto nel registro statunitense, ma era stato poi rinvenuto in Italia ove veniva impiegato nell’attività aeronautica di trasporto di persone.
Il velivolo, pur avendo fatto ingresso nell’Unione europea attraverso altro Paese membro, era risultato destinato al consumo in Gran Bretagna, riesportato in Paese Extra Ue (USA), ma poi rinvenuto in Italia.
Ora, l’art. 67 comma 2 del d.P.R. 633/1972 prevede che siano soggette all’imposta anche le operazioni di reintroduzione di merci precedentemente ept, esportate fuori dalla UE, da cui la conclusione che, ,in reintroduzione nel territorio doganale Ue del velivolo avente targa americana, in quanto iscritto nel pubblico registro aereo degli USA, e dunque merce estera, comporta l’obbligo di pagamento dell’iva all’importazione qualora venga superato il termine semestrale per la importazione temporanea.
Tutto ciò premesso, sull’accertamento di fatto, non contestato dal ricorrente, secondo cui, nel 1999, il velivolo TARGA_VEICOLO era stato importato dagli Usa con il pagamento dell’iva e registrato alla Civil Aviaton Authority inglese; il medesimo era stato ceduto alla società italiana RAGIONE_SOCIALE, in esenzione di applicazione iva, che, nel 2014, lo dava in locazione alla RAGIONE_SOCIALE che, a sua volta, aveva concluso un contratto di noleggio ore volo con la RAGIONE_SOCIALE; che, in data 02/03/2016, il velivolo era stato ceduto in un trust statunitense e cancellato dal pubblico registro aereo inglese e iscritto, in data 11 marzo 2016, nel pubblico registro aereo statunitense; che l’aeromobile, immatricolato con targa straniere “N”, era rimasto sul territorio nazionale (Lucca) per un periodo superiore a sei mesi senza corrispondere i diritti di confine (iva all’importazione), i giudici
t .
del merito hanno ritenuto integrato il reato di contrabbando come contestato in quanto con la cancellazione dal registro aereo britannico e la successiva immatricolazione nel registro aereo USA, aveva perso la qualità di merce unionale e, in quanto reintrodotto sul territorio, per essere stato rinvenuto in territorio italiano per oltre un semestre, non aveva assolto all’iva all’importazione.
Dunque, sulle premesse di fatto sopra evidenziate, i giudici del merito hanno escluso che l’aeromobile possa essere qualificato come “merce nazionale” per essere stato importato all’interno dell’Unione europea con assolvimento dei relativi dazi doganali, in quanto l’iscrizione nel registro aeronautico statunitense aveva fatto perdere la qualità di “bene nazionale”, in quanto l’immatricolazione è un adempimento che non solo incide direttamente sulla nazionalità del velivolo, ma costituisce indice della sua immissione al consumo, presupposto, ex art. 36 testo unico leggi doganali, dell’obbligazione tributaria che grava sulle merci soggette ai diritti di confine, e in presenza di reimportazione, ai sensi dell’art. 67 comma 2 del d.P.R. 633/72, era sorto l’obbligo impositivo del versamento dell’iva all’importazione non essendovi i presupposti per un immissione temporanea, a nulla rilevando che il bene in questione non fosse materialmente fuoriuscito dal territorio doganale UE.
Quanto, infine, alla questione dell’assenza della materiale fuoriuscita del bene, questione posta dal ricorrente nel primo motivo di ricorso che, secondo l’assunto difensivo, precluderebbe l’applicazione dell’art 67 comma 2 d.P.R. 633/72, da cui l’esclusione dell’obbligazione tributaria non potendosi ritenere sussistente una “reintroduzione”, occorre fare riferimento, come ha correttamente rilevato il ricorrente, dal Regolamento UE n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio che ha introdotto il Codice doganale dell’Unione. L
E’ ben vero che l’art. 154 richiede, ai fini dell’esportazione di un bene, la materiale fuoriuscita del bene stesso dalla spazio doganale europeo, non di meno, rileva il Collegio, che, non solo il Regolamento europeo non detta una disciplina specifica per i beni di cui si tratta, ma nelle Disposizioni generali, Capo I, Ambito di applicazione della normativa doganale, ruolo delle dogane e definizionifa Irt. 1, stabilisce, al comma 2, che sono “fatte salve le normativa e le convenzioni internazionali”, sicchè restano applicabili, per il fine che qui ci occupa, sia le disposizioni contenute nella Convenzione di Chicago sul trasporto aereo, che la disciplina nazionale di cui all’art. 36 comma 4 del TULD, nel senso che la cancellazione dal pubblico registro aereo di un Paese UE, con contestuale iscrizione in un pubblico registro aereo extraUE, integra la clausola “fatto uscire” indicata dall’art. 154 del Reg. da cui il sorgere dell’obbligazione tributaria nel caso di reintroduzione del bene in assenza dei requisiti temporali di immissione temporanea.
Deve pertanto ribadirsi che l’iscrizione del velivolo nel registro di un Paese Ue costituisce un momento essenziale della procedura di nazionalizzazione dei velivoli oggetto di importazione, cosicché, indipendentemente dagli adempimenti doganali assolti al momento della loro importazione, qualora l’aeromobile abbia acquisito (o mantenuto) la targa di immatricolazione americana, ha perso (o mai conseguito) la qualifica di “beni nazionali”, in quanto l’immatricolazione è un adempimento che non solo incide direttamente sulla nazionalità del velivolo, ma costituisce indice della sua immissione al consumo, presupposto, ex art. 36 testo unico leggi doganali, dell’obbligazione tributaria che grava sulle merci soggette ai diritti di confine allorché – come nel caso di specie – l’uso non dipenda da un’immissione temporanea autorizzata nelle forme previste dalla legge o dalle convenzioni (in questo senso già Sez. 3, n.38724 del 21/09/2007, COGNOME, richiamata nella sentenza n. 4978 del 2022).
Infine, l’assenza di imposizione all’importazione in Italia può sussistere solo ove risulti provato che il velivolo sia stato già immesso al consumo in altro Paese membro dell’Unione Europea con conseguente assolvimento del debito IVA.
Per quanto riguarda invece i velivoli che, originariamente immatricolati all’interno dell’UE, hanno successivamente acquisito targa americana, essi sono da considerarsi merci divenute straniere al momento dell’immatricolazione nel registro statunitense e, qualora reintrodotte, sono soggette, ai sensi dell’art. 67, comma 2, DPR 633/72, essendo soggette ad imposta anche le operazioni di reintroduzione di merci in precedenza esportate fuori dalla Ue.
Consegue l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso che contesta la carenza di motivazione resa in punto elemento soggettivo del reato.
La sentenza impugnata, in continuità con quella di primo grado, ha, con motivazione logica e coerente al dato probatorio, argomentato la sussistenza del dolo generico dei reato (l’imputato da anni si occupava della gestione degli aspetti aeronautici del veicolo e l’intera operazione sopra descritta con la cancellazione dal registro britannico e la registrazione del velivolo in quello statunitense con intestazione ad un trust americano era stata frutto dell’ideazione voluta ed eseguita dallo stesso imputato che aveva anche sottoscritto il negozio giuridico con il trust statuniten4 Nè era sostenibile la tesi difensiva secondo cui, nel caso in esame, ricorrerebbe l’errore sulla legge extrapenale che avrebbe determinato un errore sul fatto che costituisce reato ai sensi dell’art. 47 comma 3 cod.pen., ricadendo, invece, l’errore sulla legge penale non dipeso da ignoranza inevitabile ai sensi dell’art. 5 cod.pen. a nulla rilevando un fine diverso da quello di evasione fiscale.
Il terzo e quarto motivo di ricorso, che per la loro connessione vengono trattati congiuntamente, non sono fondati.
In ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato per il reato di cui al capo 2), occorre chiarire, in via preliminare, la natura della contravvenzione di cui all’art. 1188 cod. nav. in combinato disposto con gli artt. 776-778 Cod. Nav., onde verificarne l’eventuale estinzione per prescrizione.
L’art. 1188 cod. nav. punisce chiunque esercita la navigazione aerea in violazione delle disposizioni che prescrivono il certificato di operatore aereo, la licenza di esercizio o la designazione di vettore, con l’arresto fino a sei mesi ovvero con l’ammenda fino a euro milletrentadue.
La condotta punita è quella dell’esercizio della navigazione aerea in violazione dell’art. 777 cod. nav. che prescrive il certificato di operatore aereo e dell’art. 778 cod. nav. che richiede la licenza di esercizio per lo svolgimento dell’attività di navigazione aerea, per i servizi intracomunitari a titolo oneroso (art. 776 cod. nav.).
Il momento consumativo del reato in esame, che risulta integrato dall’esercizio di navigazione aerea in assenza delle necessarie certificazioni, postula, appunto, l’esercizio dell’attività di navigazione aerea in assenza delle condizioni legittimanti la stessa, da cui il protrarsi della condotta, con la lesione del bene giuridico protetto, fino al conseguimento dei requisiti richiesti dalla norma penale, o con la cessazione dell’attività conseguente al sequestro del velivolo e/o con altre vicende giuridiche che conducono alla cessazione dell’attività (scioglimento della società di gestione della navigazione).
Si tratta, a parere del Collegio, di un reato permanente in cui l’offesa al bene giuridico tutelato non si esaurisce con il perfezionamento di un singolo volo, ma si protrae per un tempo non previamente determinabile, per effetto di un persistente atteggiamento volontario del soggetto agente e la cessazione della condotta tipica si ha allorquando, alternativamente: (i) venga meno il carattere abusivo dell’attività, attraverso l’acquisizione del certificato di operatore aereo, della licenza di esercizio o la designazione di vettore; (ii) venga dismessa l’attività di navigazione aerea; (iii) sia intervenuto il sequestro dell’aeromobile, come avvenuto nel caso di specie.
A conforto di tale ricostruzione quale reato permknente, oltre al dato letterale della norma laddove punisce «chiunque esercita la navigazione aerea» in violazione di particolari disposizioni, rilevano, a livello sistematico, i numerosi riferimenti all’attività di impresa di navigazione (Parte II, Libro II, Titolo III, artt. 874 e segg. Cod. Nav.) e al ruolo di esercente (v. anche art. 1010 cod. nav. in materia di assicurazioni per danni a terzi e Parte II, Libro IV, disposizioni processuali).
Pertanto, non è punito il singolo volo, ma l’esercizio dell’attività d’impresa di navigazione in assenza delle prescritte certificazioni, sorgendo in tale momento il pericolo per il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, da rintracciare avendo riguardo ad un reato affine, quale l’esercizio abusivo di una professione (art. 348 cod. pen.) – nell’interesse generale a che determinate professioni vengano esercitate soltanto da soggetti in possesso di una speciale autorizzazione amministrativa. Tant’è che soltanto lo Stato può assumere la veste di persona offesa dal reato, e non il privato danneggiato in via mediata o indiretta dal reato (Sez. 5, n. 32987 del 14/03/2017, Rv. 270470; Sez. 6, n. 17203 del 18/04/2007, Rv. 236425).
Non deve sfuggire, peraltro, come il certificato di operatore sia vòlto ad attestare proprio «la capacità professionale e l’organizzazione aziendale necessarie ad assicurare l’esercizio dei propri aeromobili in condizioni di sicurezza per le attività aeronautiche in esso specificate» (art. 777 Cod. Nav.) e come la licenza di esercizio venga successivamente rilasciata alle imprese che esercitano quale attività principale il trasporto aereo «esclusivamente oppure in combinazione con qualsiasi altra attività commerciale che comporti l’esercizio oppure la riparazione o la manutenzione di aeromobili» (art. 778 cod. nav.).
Sulla base di queste premesse, il ricorrente, nel censurare l’affermazione della responsabilità penale per il reato di cui all’art. 1188 cod, nav., stante l’assenza del carattere oneroso, che non sussisterebbe a suo dire, non si confronta con la disposizione normativa come qui ricostruita e, sotto altro profilo, trae erronea conclusione della prescrizione del reato muovendo dalla qualificazione della contravvenzione quale reato istantaneo, sicchè essendo l’ultimo volo compiuto nel gennaio 2019, il reato sarebbe prescritto.
Viceversa, muovendo dal corretto inquadramento giuridico quale reato permanente (su cui Sez. 3, n. 22046 19/05/2006), la permanenza è cessata al momento del sequestro il 19 aprile 2019, cosicché il reato non è ancora prescritto al momento della decisione.
7. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 14/03/2024