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Continuità normativa: abuso d’ufficio e reati P.A.

Un ex amministratore pubblico, condannato per traffico di influenze illecite, ha presentato ricorso per la revoca della sentenza a seguito dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo il principio di continuità normativa tra la norma abrogata e il nuovo delitto di indebita destinazione di denaro, confermando così la sussistenza del reato-fine e la validità della condanna.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Traffico di influenze e abuso d’ufficio: la Cassazione fa chiarezza sulla continuità normativa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema di grande attualità e complessità: gli effetti dell’abrogazione del delitto di abuso d’ufficio (ex art. 323 c.p.) sulle condanne per reati connessi, come il traffico di influenze illecite. La Corte ha stabilito un importante principio di continuità normativa, chiarendo che la condotta precedentemente punita come abuso d’ufficio può oggi rientrare nella nuova fattispecie di indebita destinazione di denaro (art. 314-bis c.p.), con significative conseguenze sulla tenuta delle sentenze passate in giudicato.

I Fatti: Dal Traffico di Influenze all’Appello in Cassazione

Il caso esaminato riguarda un ex amministratore pubblico condannato in via definitiva per due distinti reati: traffico di influenze illecite e finanziamento illecito. La condanna per traffico di influenze derivava dalla sua attività di mediazione onerosa verso pubblici ufficiali. In sostanza, l’imputato aveva ricevuto somme di denaro per esercitare la sua influenza al fine di far ottenere a una cooperativa un trattamento di favore nel pagamento di crediti vantati verso società a partecipazione pubblica. Questo trattamento preferenziale violava la normativa sui pagamenti della pubblica amministrazione.

A seguito della recente abrogazione del reato di abuso d’ufficio (Legge n. 114/2024), la difesa dell’imputato ha presentato un’istanza al giudice dell’esecuzione per la revoca parziale della condanna. La tesi difensiva era semplice: poiché il “fatto di reato” che la mediazione illecita mirava a far compiere ai pubblici ufficiali era proprio l’abuso d’ufficio, l’abolizione di quest’ultimo avrebbe fatto venir meno l’illiceità penale del fine, e di conseguenza, la punibilità del traffico di influenze.

L’Abrogazione dell’Abuso d’Ufficio e la Questione della Continuità Normativa

La riforma del 2024 ha eliminato il delitto di cui all’art. 323 c.p., ma ha contestualmente introdotto, con il D.L. n. 92/2024, l’art. 314-bis c.p., intitolato “Indebita destinazione di denaro o cose mobili”. Questa nuova norma punisce il pubblico ufficiale che, avendo la disponibilità di denaro o beni pubblici, li destina a un uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge, procurando intenzionalmente un ingiusto vantaggio patrimoniale a sé o ad altri.

Il cuore della questione giuridica, quindi, era stabilire se tra la vecchia fattispecie di abuso d’ufficio e la nuova figura di reato vi fosse una totale frattura o una parziale continuità normativa. Nel primo caso (abolitio criminis), la condotta non sarebbe più reato e la condanna andrebbe revocata. Nel secondo, la condotta rimarrebbe penalmente rilevante, seppur sotto una diversa qualificazione giuridica.

La Decisione della Corte e il Principio di Continuità Normativa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, affermando la piena sussistenza della continuità normativa. I giudici hanno ritenuto che la condotta specifica oggetto del processo – ovvero l’aver spinto i pubblici ufficiali a violare le norme che impongono un ordine cronologico nel pagamento dei debiti della P.A. – pur non essendo più qualificabile come abuso d’ufficio, rientra perfettamente nella previsione del nuovo art. 314-bis c.p. Di conseguenza, la finalità illecita della mediazione operata dall’imputato non è venuta meno.

Le Motivazioni in Diritto

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una attenta analisi delle recenti riforme. L’introduzione dell’art. 314-bis c.p. è stata vista come una scelta del legislatore per colmare il vuoto normativo creato dall’abrogazione dell’art. 323 c.p., anche in risposta a obblighi derivanti dal diritto dell’Unione Europea in materia di tutela degli interessi finanziari.

Secondo la Cassazione, la nuova norma sanziona proprio quelle condotte “distrattive” che, pur non integrando un’appropriazione vera e propria (peculato), realizzano una deviazione dei fondi pubblici da finalità istituzionali. La violazione delle regole sui pagamenti della P.A., che non seguono l’ordine cronologico delle fatture, costituisce una destinazione di denaro a un “uso diverso da quello previsto da specifiche disposizioni di legge”, procurando un “ingiusto vantaggio patrimoniale” al creditore favorito a discapito degli altri. La condotta, quindi, rimane penalmente illecita.

Essendo ancora esistente il reato-fine (ora qualificato ex art. 314-bis c.p.), anche il reato-mezzo, ovvero il traffico di influenze illecite finalizzato a commettere quel reato, conserva la sua rilevanza penale. La Corte ha pertanto confermato l’infondatezza della richiesta di revoca e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

Questa sentenza offre un’importante chiave di lettura degli effetti della riforma sui reati contro la Pubblica Amministrazione. L’abrogazione dell’abuso d’ufficio non comporta un’automatica cancellazione di tutte le condotte precedentemente sanzionate. Il principio di continuità normativa impone una valutazione caso per caso, per verificare se i fatti contestati possano essere ricondotti alla nuova fattispecie dell’art. 314-bis c.p. o ad altre norme incriminatrici. La decisione conferma un approccio rigoroso, volto a evitare vuoti di tutela e a garantire che le condotte lesive del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione continuino a essere perseguite penalmente.

L’abrogazione del reato di abuso d’ufficio cancella automaticamente le condanne collegate?
No, non automaticamente. Se la condotta rimane penalmente rilevante sotto una nuova norma, si applica il principio di continuità normativa e la condanna può essere mantenuta, come avvenuto in questo caso.

Quale reato ha sostituito in parte l’abuso d’ufficio secondo la Corte?
Secondo la Corte, le condotte di distrazione di fondi pubblici, come la violazione dell’ordine cronologico dei pagamenti, che prima rientravano nell’abuso d’ufficio, sono ora punibili ai sensi del nuovo art. 314-bis c.p. (indebita destinazione di denaro o cose mobili).

Perché il reato di traffico di influenze illecite è rimasto valido in questo caso?
Il reato è rimasto valido perché la finalità illecita della mediazione (ovvero, spingere i pubblici ufficiali a commettere un reato) sussiste ancora. Anche se il reato-fine (abuso d’ufficio) è stato abrogato, la condotta sottostante è ora prevista da un’altra norma incriminatrice (art. 314-bis c.p.), garantendo la continuità normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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