Continuazione tra Reati: Quando un Ricorso Diventa Inammissibile
L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, permette di unificare più violazioni della legge penale sotto un unico “disegno criminoso”, con notevoli vantaggi sul calcolo della pena. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una dimostrazione rigorosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Sez. 7, Num. 3543/2024) offre chiarimenti fondamentali sui criteri per il suo riconoscimento e sulle ragioni che possono portare a dichiarare inammissibile un ricorso.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato per una serie di reati eterogenei, tra cui resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, ricettazione e danneggiamento. La difesa del condannato aveva presentato ricorso al Giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, sostenendo che tutte le condotte fossero espressione di un unico progetto criminale.
L’Ordinanza del Giudice dell’Esecuzione
Il Tribunale, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. La motivazione si basava su diversi elementi oggettivi:
1. Distanza Temporale: I reati erano stati commessi in momenti molto distanti tra loro.
2. Diversità delle Condotte: I crimini non erano sovrapponibili né per tipologia (titolo di reato) né per le modalità con cui erano stati eseguiti.
3. Assenza di Prove: La presunta condizione di tossicodipendenza, addotta come possibile elemento unificante, non era documentata né emergeva dalle sentenze di condanna.
Il giudice aveva invece interpretato le azioni del condannato, caratterizzate da aggressività e insofferenza al regime carcerario, come manifestazioni di un’indole antisociale e conflittuale, priva di una preventiva ideazione unitaria. Si trattava, secondo il Tribunale, di aggressioni estemporanee e non di tappe di un piano preordinato.
La Decisione della Cassazione sulla continuazione tra reati
La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un vizio di motivazione e un’errata applicazione della legge. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale è che le argomentazioni presentate erano una mera riproposizione delle critiche già avanzate e correttamente respinte dal Giudice dell’esecuzione. I giudici di legittimità hanno sottolineato che un ricorso non può limitarsi a ripetere le stesse doglianze, ma deve individuare vizi specifici nel ragionamento del provvedimento impugnato.
Le Motivazioni
L’analisi della Corte di Cassazione è fondamentale per comprendere i limiti dell’istituto della continuazione tra reati. La decisione del Giudice dell’esecuzione è stata ritenuta logica, coerente e giuridicamente ineccepibile. I criteri utilizzati per escludere l’esistenza di un disegno criminoso unitario sono stati pienamente convalidati.
L’Assenza del Disegno Criminoso Unitario
Il cuore della questione risiede nella prova del “disegno criminoso”. Questo non può essere presunto, ma deve emergere da elementi concreti. Nel caso di specie, il notevole arco temporale che separava i reati e la loro differente natura (dai reati contro il patrimonio a quelli contro la persona e la pubblica amministrazione) sono stati considerati indici evidenti dell’assenza di un piano unitario. Le condotte sono apparse come episodi isolati, dettati da circostanze contingenti piuttosto che da una strategia predefinita.
L’Irrilevanza dell’Indole Conflittuale
La Corte ha inoltre chiarito che un’indole antisociale o un’insofferenza alle regole non equivalgono a un disegno criminoso. Anzi, se tale indole si manifesta in reazioni impulsive e aggressioni estemporanee, come nel caso esaminato, essa rappresenta un elemento contrario alla tesi della pianificazione. Un piano criminale implica razionalità e premeditazione, caratteristiche assenti in condotte dettate dall’istinto del momento.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, non basta affermare l’esistenza di un disegno criminoso, ma è necessario provarlo con elementi fattuali precisi e concordanti. Un ricorso in Cassazione che si limiti a ripetere genericamente le proprie tesi, senza attaccare in modo specifico e logico le motivazioni del giudice precedente, è destinato all’inammissibilità. La decisione rappresenta un monito per la difesa a costruire impugnazioni solide e puntuali, evidenziando come la valutazione del giudice di merito, se ben motivata e priva di vizi logici, difficilmente possa essere scalfita in sede di legittimità.
Quando può essere riconosciuto l’istituto della continuazione tra reati?
Può essere riconosciuto solo quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario e preordinato che lega tutte le condotte delittuose. Devono esserci indici concreti di tale piano, come la vicinanza temporale e la somiglianza nelle modalità esecutive.
Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le argomentazioni della difesa erano una mera riproposizione delle critiche già esaminate e respinte dal Giudice dell’esecuzione. Un ricorso per cassazione deve censurare specifici vizi logici o giuridici della decisione impugnata, non limitarsi a ripetere doglianze generiche.
L’indole antisociale di un condannato può giustificare la continuazione tra reati?
No, anzi, può essere un elemento contrario. Secondo l’ordinanza, se l’indole antisociale si manifesta in aggressioni estemporanee e impulsive, prive di una pianificazione preventiva, essa esclude l’esistenza di un disegno criminoso unitario, che richiede invece premeditazione e razionalità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3543 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3543 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 25/07/2023 del TRIBUNALE di PARMA /
pr Dm,/ to 0.1 4
udita la relazione sv ita dal Consigliere NOME COGNOME (NOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono inammissibili – in quanto costituite da doglianze meramen reiterative di critiche già proposte dinanzi al Giudice dell’esecuzione – l dedotte nel ricorso di NOME COGNOME, laddove il difensore AVV_NOTAIO mancanza e/o illogicità manifesta della motivazione ed errata applicazione di ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in punto di ap dell’art. 81 cod. pen. La difesa, in particolare, si duole di una pretesa dell’art. 671 cod. proc. pen., lamentando il vizio di motivazione e rappres come l’ordinanza impugnata – emessa nei confronti del suddetto condannat abbia trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso fondamento delle condotte delittuose realizzate.
Le censure contenute nel ricorso risultano, altresì, riproduttive di p censura già adeguatamente vagliati, nel provvedimento impugnato e colà disat – secondo un ineccepibile argomentare giuridico – dal Tribunale di Par composizione monocratica, nella veste di Giudice dell’esecuzione. Nell’ordin impugnata, invero, si evidenzia come i plurimi fatti di reato rappresen resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, nonché di ricettazione e danneggi in relazione ai quali sono intervenute le condanne in ordine alle quali si riunione in continuazione, siano separati tra loro da un notevole arco tem senza essere poi, tra loro, in alcun modo sovrapponibili (né quanto al reato, né quanto alle modalità esecutive che li connotano). La dedotta cond di tossicodipendente, inoltre, non è documentata e nemmeno emerge dalla let -a delle sentenze di condanna. Si evince invece – ad avviso del Giu dell’esecuzione – una particolare insofferenza del soggetto, rispetto a carcerario, che lo porta al compimento di condotte etero e auto lesive; rappresenta, però – sempre secondo quanto sussunto nell’impugna provvedimento – l’espressione di un’indole antisociale e conflittuale manifesta in aggressioni di tipo estemporaneo, prive del connotato preventiva ideazione unitaria.
La sopra esposta conclusione appare logica e priva della pur minima for di incoerenza, oltre che sussunta in un apparato motivazionale congru esaustivo, tanto che è destinata a restare immune da qualsivoglia stigma i di legittimità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone la declarator inammissibilità del ricorso. Segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e – non potendosi escludere profili di colpa – an sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) c ritiene equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa ammende.
Così deciso in Roma, il 07 dicembre 2023.