Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce i requisiti
L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un’importante deroga al principio del cumulo materiale delle pene, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza i presupposti indispensabili per la sua applicazione, sottolineando come la semplice successione di delitti non sia sufficiente a integrare questo beneficio.
Il caso in esame: una richiesta respinta
Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto avverso un’ordinanza del Tribunale di Matera. Quest’ultimo aveva negato l’applicazione della continuazione tra reati per una serie di delitti commessi dal ricorrente. Secondo il Tribunale, mancava l’elemento fondamentale: la prova di un programma criminoso unitario, concepito sin dall’inizio e che avesse guidato la commissione di tutti i reati. I delitti apparivano, al contrario, come il frutto di decisioni estemporanee e autonome, espressione di una generica, seppur ostinata, volontà criminale.
La decisione della Corte di Cassazione e la continuazione tra reati
La Corte di Cassazione, investita della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice dell’esecuzione. I Supremi Giudici hanno qualificato il ricorso come ‘manifestamente infondato’, evidenziando come la decisione impugnata avesse applicato correttamente i principi consolidati in materia. La Cassazione ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, a causa della sua colpa nel promuovere un ricorso privo dei requisiti di ammissibilità.
Le motivazioni: l’assenza del ‘medesimo disegno criminoso’
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del concetto di ‘medesimo disegno criminoso’. La Corte ha chiarito che per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, non basta allegare genericamente di aver commesso più reati. È onere del richiedente fornire elementi concreti da cui si possa desumere che, sin dalla commissione del primo reato, egli avesse programmato, almeno nelle linee generali, anche i successivi.
Nel caso specifico, è stata sottolineata la ‘mancanza di allegazioni al riguardo’. I delitti, al contrario, apparivano caratterizzati da ‘estemporaneità’, ovvero nati da risoluzioni criminose autonome e non collegati da un filo programmatico comune. Le censure del ricorrente sono state liquidate come generiche e come un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di proporre una ‘lettura alternativa’ del materiale probatorio, già correttamente valutato dal giudice di merito in modo non manifestamente illogico.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della pronuncia
L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: l’accesso al beneficio della continuazione tra reati è subordinato a una prova rigorosa. Non è sufficiente una mera contiguità temporale o una somiglianza nelle modalità di esecuzione dei reati. È indispensabile dimostrare l’esistenza di un’unica ideazione criminosa che precede e avvolge tutte le condotte illecite. In assenza di tale prova, i reati verranno considerati come episodi distinti, ciascuno frutto di una autonoma spinta a delinquere, con le conseguenze che ne derivano in termini di calcolo della pena. La decisione riafferma che la valutazione di questi elementi è compito del giudice di merito e non può essere rimessa in discussione in Cassazione se non per vizi logici evidenti, assenti nel caso di specie.
Qual è la condizione fondamentale per ottenere il beneficio della continuazione tra reati?
La condizione essenziale è la dimostrazione dell’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero un piano unitario e preordinato, concepito prima della commissione del primo reato, che leghi tutte le condotte illecite.
Perché il ricorso è stato respinto in questo caso specifico?
Il ricorso è stato respinto perché il ricorrente non ha fornito alcun elemento di prova a sostegno di un piano criminoso unitario. I giudici hanno ritenuto che i reati fossero caratterizzati da estemporaneità e derivassero da risoluzioni criminose separate e autonome.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per colpa del ricorrente?
Comporta la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese del procedimento, ma anche al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5422 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5422 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/09/2024 del TRIBUNALE di MATERA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Visti gli atti.
Esaminati il ricorso e la ordinanza impugnata.
Rilevato che il ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato;
Considerato infatti che il provvedimento impugnato, in puntuale applicazione dei principi in materia di continuazione come declinati dalla giurisprudenza legittimità, ha ineccepibilmente osservato che osta al riconoscimento dell continuazione tra i reati indicati nell’istanza, con rilievo decisivo, l’asse circostanze da cui desumere che il predetto, sin dalla consumazione del primo reato, avesse programmato, sia pure nelle linee generali richieste dall’art. secondo comma, cod. pen., anche quelli successivi tenuto conto della mancanza di allegazioni al riguardo ed apparendo, al contrario, i delitti caratterizzat estemporaneità. In tale contesto i reati commessi sono stati, quindi, riten riconducibili ad autonome risoluzioni criminose ed espressione di una pervicace volontà criminale non meritevole dell’applicazione di istituti di favore;
Rilevato che le censure del ricorrente, oltre ad essere generiche, sollecitan una lettura alternativa del compendio probatorio tratto dalle sentenze esecuzione da sovrapporre a quella, non manifestamente illogica, del giudice dell’esecuzione;
Ritenuto che deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2025.