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Continuazione tra reati: quando viene esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati relativi a due sentenze definitive. La decisione conferma il provvedimento del Tribunale, che aveva negato il beneficio per l’assenza di un unico disegno criminoso, evidenziando la mancanza di contiguità temporale e geografica e la diversità dei complici coinvolti nei diversi episodi criminali.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: i limiti secondo la Cassazione

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di unificare sotto un unico ‘disegno criminoso’ più violazioni della legge penale per ottenere un trattamento di pena più favorevole. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una rigorosa valutazione dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 36393/2025) offre importanti chiarimenti sui criteri per escludere questo beneficio, anche a fronte di reati omogenei.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un soggetto, già condannato con due sentenze irrevocabili, che si era rivolto al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione per chiedere il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati. La richiesta, se accolta, avrebbe comportato una rideterminazione della pena complessiva in senso più mite.

Il giudice dell’esecuzione, però, rigettava l’istanza. Pur riconoscendo l’omogeneità tipologica dei reati, il Tribunale sottolineava l’assenza di altri elementi fondamentali: mancava una contiguità sia cronologica che geografica tra le condotte. Inoltre, un elemento decisivo era la diversità dei complici: nei reati della prima sentenza, l’imputato aveva agito con gli associati di un sodalizio criminale, circostanza non riscontrata nei reati della seconda sentenza.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale non avesse considerato che i reati della seconda condanna, seppur commessi a Bologna, avevano avuto origine a Napoli, e contestando la mancanza di contiguità temporale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso, necessario per la continuazione tra reati, costituisce una questione di fatto la cui valutazione è rimessa al giudice di merito.

Il controllo della Corte di Cassazione, in sede di legittimità, è limitato alla verifica della coerenza e logicità della motivazione della decisione impugnata. Non può, invece, trasformarsi in una nuova analisi del merito dei fatti. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato ‘sostanzialmente rivalutativo’, in quanto mirava a ottenere una rilettura degli elementi già esaminati dal giudice dell’esecuzione, la cui motivazione è stata invece ritenuta adeguata e congrua.

Le Motivazioni: Perché la continuazione tra reati è stata negata?

L’ordinanza della Cassazione si fonda su argomentazioni precise che delimitano il perimetro applicativo dell’istituto.

Mancanza di Contiguità Cronologica e Geografica

Il primo elemento valorizzato dal giudice dell’esecuzione e confermato dalla Cassazione è l’assenza di una vicinanza nel tempo e nello spazio tra i fatti criminosi. Questo distacco oggettivo è stato considerato un indice importante per escludere che i diversi reati potessero derivare da una programmazione unitaria iniziale. La difesa aveva tentato di superare questo ostacolo, ma senza fornire elementi tali da scardinare la logica della decisione impugnata.

Diversità dei Soggetti Coinvolti

Ancora più rilevante è stata la constatazione che i reati oggetto delle due sentenze erano stati commessi con persone diverse. In particolare, la prima serie di crimini vedeva il coinvolgimento di un’associazione criminale, mentre la seconda no. Questa circostanza è stata interpretata come un forte indicatore della mancanza di un ‘medesimo disegno criminoso’. Un piano unitario, infatti, presuppone una certa stabilità, anche nei partecipanti, che qui era venuta a mancare, suggerendo l’esistenza di due distinti impulsi a delinquere.

Limiti del Giudizio di Legittimità

La Corte ha infine ribadito la propria funzione di giudice di legittimità e non di merito. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava un vizio di motivazione (come illogicità o contraddittorietà), ma tentava di sollecitare un nuovo apprezzamento dei fatti. Una simile richiesta esula dai poteri della Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella, adeguatamente motivata, del giudice che ha esaminato le prove e le circostanze del caso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione in commento rafforza l’idea che per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati non basta la semplice somiglianza delle condotte criminali. È necessario dimostrare, con elementi concreti, che tutti gli episodi delittuosi sono parte di un programma unitario, deliberato sin dall’inizio. Indici come la distanza temporale e geografica, e soprattutto la variazione dei complici, possono essere legittimamente utilizzati dal giudice per negare l’esistenza di un unico disegno criminoso e, di conseguenza, il beneficio della continuazione. Il ricorso in Cassazione, inoltre, deve concentrarsi sui vizi logici della decisione e non può essere un pretesto per rimettere in discussione l’analisi dei fatti.

Quando può essere esclusa la continuazione tra reati, anche se i crimini sono dello stesso tipo?
La continuazione può essere esclusa quando mancano la contiguità cronologica e geografica tra i reati e quando i soggetti con cui il reo ha agito sono diversi, indicando così l’assenza di un unico disegno criminoso preventivamente programmato.

L’accertamento dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto o di diritto?
Secondo la Corte, l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto. La sua valutazione è rimessa al giudice di merito e non può essere rivalutata dalla Corte di Cassazione se la motivazione fornita è adeguata e logica.

È possibile presentare un ricorso in Cassazione per chiedere una nuova valutazione dei fatti che hanno portato a negare la continuazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proprio perché tendeva a una non consentita rilettura degli elementi di fatto, sollecitando un nuovo apprezzamento che spetta esclusivamente al giudice dell’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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