Continuazione tra reati: i limiti secondo la Cassazione
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di unificare sotto un unico ‘disegno criminoso’ più violazioni della legge penale per ottenere un trattamento di pena più favorevole. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una rigorosa valutazione dei fatti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 36393/2025) offre importanti chiarimenti sui criteri per escludere questo beneficio, anche a fronte di reati omogenei.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato trae origine dal ricorso di un soggetto, già condannato con due sentenze irrevocabili, che si era rivolto al Tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione per chiedere il riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati. La richiesta, se accolta, avrebbe comportato una rideterminazione della pena complessiva in senso più mite.
Il giudice dell’esecuzione, però, rigettava l’istanza. Pur riconoscendo l’omogeneità tipologica dei reati, il Tribunale sottolineava l’assenza di altri elementi fondamentali: mancava una contiguità sia cronologica che geografica tra le condotte. Inoltre, un elemento decisivo era la diversità dei complici: nei reati della prima sentenza, l’imputato aveva agito con gli associati di un sodalizio criminale, circostanza non riscontrata nei reati della seconda sentenza.
Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il Tribunale non avesse considerato che i reati della seconda condanna, seppur commessi a Bologna, avevano avuto origine a Napoli, e contestando la mancanza di contiguità temporale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso, necessario per la continuazione tra reati, costituisce una questione di fatto la cui valutazione è rimessa al giudice di merito.
Il controllo della Corte di Cassazione, in sede di legittimità, è limitato alla verifica della coerenza e logicità della motivazione della decisione impugnata. Non può, invece, trasformarsi in una nuova analisi del merito dei fatti. Nel caso di specie, il ricorso è stato giudicato ‘sostanzialmente rivalutativo’, in quanto mirava a ottenere una rilettura degli elementi già esaminati dal giudice dell’esecuzione, la cui motivazione è stata invece ritenuta adeguata e congrua.
Le Motivazioni: Perché la continuazione tra reati è stata negata?
L’ordinanza della Cassazione si fonda su argomentazioni precise che delimitano il perimetro applicativo dell’istituto.
Mancanza di Contiguità Cronologica e Geografica
Il primo elemento valorizzato dal giudice dell’esecuzione e confermato dalla Cassazione è l’assenza di una vicinanza nel tempo e nello spazio tra i fatti criminosi. Questo distacco oggettivo è stato considerato un indice importante per escludere che i diversi reati potessero derivare da una programmazione unitaria iniziale. La difesa aveva tentato di superare questo ostacolo, ma senza fornire elementi tali da scardinare la logica della decisione impugnata.
Diversità dei Soggetti Coinvolti
Ancora più rilevante è stata la constatazione che i reati oggetto delle due sentenze erano stati commessi con persone diverse. In particolare, la prima serie di crimini vedeva il coinvolgimento di un’associazione criminale, mentre la seconda no. Questa circostanza è stata interpretata come un forte indicatore della mancanza di un ‘medesimo disegno criminoso’. Un piano unitario, infatti, presuppone una certa stabilità, anche nei partecipanti, che qui era venuta a mancare, suggerendo l’esistenza di due distinti impulsi a delinquere.
Limiti del Giudizio di Legittimità
La Corte ha infine ribadito la propria funzione di giudice di legittimità e non di merito. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava un vizio di motivazione (come illogicità o contraddittorietà), ma tentava di sollecitare un nuovo apprezzamento dei fatti. Una simile richiesta esula dai poteri della Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione a quella, adeguatamente motivata, del giudice che ha esaminato le prove e le circostanze del caso.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La decisione in commento rafforza l’idea che per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati non basta la semplice somiglianza delle condotte criminali. È necessario dimostrare, con elementi concreti, che tutti gli episodi delittuosi sono parte di un programma unitario, deliberato sin dall’inizio. Indici come la distanza temporale e geografica, e soprattutto la variazione dei complici, possono essere legittimamente utilizzati dal giudice per negare l’esistenza di un unico disegno criminoso e, di conseguenza, il beneficio della continuazione. Il ricorso in Cassazione, inoltre, deve concentrarsi sui vizi logici della decisione e non può essere un pretesto per rimettere in discussione l’analisi dei fatti.
Quando può essere esclusa la continuazione tra reati, anche se i crimini sono dello stesso tipo?
La continuazione può essere esclusa quando mancano la contiguità cronologica e geografica tra i reati e quando i soggetti con cui il reo ha agito sono diversi, indicando così l’assenza di un unico disegno criminoso preventivamente programmato.
L’accertamento dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto o di diritto?
Secondo la Corte, l’accertamento del requisito dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto. La sua valutazione è rimessa al giudice di merito e non può essere rivalutata dalla Corte di Cassazione se la motivazione fornita è adeguata e logica.
È possibile presentare un ricorso in Cassazione per chiedere una nuova valutazione dei fatti che hanno portato a negare la continuazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso proprio perché tendeva a una non consentita rilettura degli elementi di fatto, sollecitando un nuovo apprezzamento che spetta esclusivamente al giudice dell’esecuzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36393 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36393 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 04/03/2025 del TRIBUNALE di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di NOME COGNOME avverso l’ordinanza in epigrafe, con cui in data 4.3.2025 il Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ai reati giudicati con due sentenze irrevocabili di condanna del ricorrente;
Premesso che, in tema di continuazione, l’accertamento del requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 1, n. 12936 del 3/12/2018, dep. 2019, D’Andrea, Rv. 275222 – 01);
Rilevato che il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza, perché, nonostante l’omogeneità tipologica dei reati, ha rilevato che non vi fosse tra essi anche contiguità cronologica e geografica e che diversi fossero pure i soggetti con cui il reo aveva delinquito, giacché solo nei reati oggetto della prima sentenza, non anche in occasione di quelli della seconda, erano gli associati di un sodalizio criminale;
Evidenziato che il ricorso lamenta che l’ordinanza impugnata non abbia tenuto conto del rilievo difensivo secondo cui anche i reati oggetto della seconda sentenza, pur contestati come commessi in Bologna, avevano avuto inizio a Napoli, dove le banconote false venivano prodotte da COGNOME, e che nemmeno sussista il difetto di contiguità temporale, in quanto – si sostiene – il reato giudicato con la prima sentenza in realtà è contestato come “condotta in atto”;
Considerato, pertanto, che il ricorso sia sostanzialmente rivalutativo e tenda a reinterpretare i fatti oggetto dei giudizi di cognizione, in tal modo proponendo una non consentita rilettura degli elementi posti a base della decisione impugnata e sollecitando un apprezzamento della valutazione del giudice dell’esecuzione, che è invece sorretta da congrua motivazione;
Ritenuto, dunque, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’11.9.2025