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Continuazione tra reati: quando viene esclusa?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7179/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati di associazione mafiosa, estorsione e traffico di droga. La Corte ha chiarito che la continuazione tra reati non è automatica: i reati-satellite devono essere stati programmati fin dall’inizio, al momento dell’adesione al sodalizio criminale, e non possono derivare da iniziative estemporanee o contingenti, anche se commesse nel contesto associativo.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando il Disegno Criminoso non è Unico

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica, specialmente in contesti complessi come quelli della criminalità organizzata. Con la sentenza n. 7179 del 2024, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini di questo istituto, chiarendo quando la continuazione tra reati associativi e i cosiddetti reati-satellite deve essere esclusa.

Il Fatto: la Richiesta di Riconoscimento del Vincolo della Continuazione

Il caso in esame riguarda un soggetto condannato in via definitiva per tre distinti gruppi di reati: un’estorsione commessa prima del novembre 2014, partecipazione a un’associazione di tipo mafioso (fino a gennaio 2015) e reati legati a un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (fino a luglio 2014).

In fase esecutiva, il condannato aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra questi tre gruppi di reati, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole. La Corte d’Appello, tuttavia, respingeva l’istanza, negando l’esistenza di un unico disegno criminoso che legasse l’estorsione all’associazione mafiosa e quest’ultima all’associazione per il traffico di droga.

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione dei fatti e sostenendo che la continuazione avrebbe dovuto essere riconosciuta, anche alla luce del fatto che era stata concessa ad altri coimputati.

La Decisione della Cassazione sulla Continuazione tra Reati

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno ribadito che il ricorso si basava su motivi non consentiti, volti a ottenere una nuova valutazione dei fatti, preclusa in sede di Cassazione.

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione dei presupposti per la continuazione tra reati associativi e i reati-fine.

L’Unicità del Disegno Criminoso come Requisito Indefettibile

La Cassazione ha ricordato il suo consolidato orientamento: la continuazione tra reati può essere riconosciuta solo se si dimostra che i reati-satellite erano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, al momento stesso in cui il soggetto ha deciso di aderire al sodalizio criminale. Non basta che i reati rientrino genericamente nell’ambito delle attività dell’associazione; è necessaria una preordinazione unitaria. Riconoscere un automatismo significherebbe concedere un ingiustificato beneficio sanzionatorio per qualsiasi reato commesso all’interno del contesto associativo.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha ritenuto logica e corretta la motivazione del giudice dell’esecuzione. L’analisi si è concentrata su due punti cruciali.

In primo luogo, l’episodio di estorsione non era riconducibile al programma originario del clan. Al contrario, era stato commesso in un momento di grave tensione interna, seguito all’arresto del capo. L’azione del ricorrente è stata interpretata come un atto provocatorio e autonomo, in aperto contrasto con gli altri membri del gruppo, finalizzato a imporre il versamento del denaro estorto solo a sé stesso. Questa natura estemporanea e contingente, legata a eventi non prevedibili al momento dell’adesione all’associazione, escludeva in radice la possibilità di ricondurlo a un disegno criminoso unitario.

In secondo luogo, è stata confermata l’esclusione della continuazione tra l’associazione mafiosa e quella dedita al narcotraffico. Nonostante una parziale sovrapposizione temporale e territoriale, il giudice ha evidenziato come l’associazione per il traffico di droga operasse con notevole autonomia rispetto al clan principale, mostrando persino ritrosia nel versare le quote dovute al gruppo egemone. Questa autonomia ha impedito di considerare le due associazioni come espressione di un unico progetto criminale.

Infine, la Corte ha specificato che il riconoscimento della continuazione ad altri coimputati non è trasferibile automaticamente al ricorrente, poiché le loro posizioni e il loro ruolo all’interno del clan erano differenti.

Le Conclusioni

La sentenza n. 7179/2024 rafforza un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati: non esiste presunzione. Il legame ideologico che unisce i vari reati deve essere provato concretamente, dimostrando che la commissione dei reati-fine era parte di un piano deliberato fin dall’inizio. Le azioni nate da circostanze occasionali, da iniziative personali o da dinamiche conflittuali interne al gruppo criminale, anche se funzionali agli interessi del singolo, non possono beneficiare di un trattamento sanzionatorio più mite, poiché spezzano l’unicità del disegno criminoso richiesta dalla legge.

Quando si può applicare la continuazione tra un reato associativo e i reati-fine (o satellite)?
La continuazione può essere applicata solo se i reati-satellite sono stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, nel momento in cui il soggetto si determina a fare ingresso nel sodalizio criminale. Non è sufficiente che siano commessi nell’ambito delle attività dell’associazione.

Un’estorsione commessa da un membro di un clan è sempre in continuazione con il reato associativo?
No. La sentenza chiarisce che se l’estorsione è frutto di un’iniziativa autonoma, estemporanea e contingente, ad esempio commessa in un momento di conflitto interno al clan e non in esecuzione del programma associativo, non può essere considerata in continuazione con il reato di associazione mafiosa.

Il giudice dell’esecuzione può negare la continuazione se era stata riconosciuta ad altri coimputati?
Sì. La Corte ha stabilito che la posizione di ogni imputato deve essere valutata singolarmente. Il riconoscimento della continuazione per alcuni membri di un’associazione non si estende automaticamente agli altri, specialmente se le loro posizioni, ruoli e le circostanze specifiche dei reati commessi sono differenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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