Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7179 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7179 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a FORMIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni della Procuratrice generale, COGNOME, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN l’ATTO
Con ordinanza deliberata il 31/10/2022 e depositata il 3/3/2023, la Corte di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME diretta al riconoscimento della continuazione tra i reati accertati in tre sentenze di condanna, rispettivamente per il delitto ex art. 629 cod. pen. commesso in epoca antecedente al 4/11/201.4; per il delitto ex art. 416 bis cod. pen. commesso fino al 28/1/2015; per i reati ex artt. 74 e 73 DPR n. 309 del 1990, commessi fino a luglio 2014.
Il giudice dell’esecuzione ha dapprima escluso che sussistesse continuazione tra la condotta associativa ex art. 416 bis cod. pen. e quella di estorsione, quindi ha negato il vincolo anche tra il reato associativo ed i reati-satellite fina lizzati al traffico di sostanze stupefacenti e quello di associazione camorristica; infine, ha escluso ogni rilievo per la riconosciuta continuazione in favore dei condannati NOME COGNOME e NOME COGNOME, trattandosi di posizioni diverse in quanto persone aderenti al RAGIONE_SOCIALE egemone COGNOME.
Avverso tale ordinanza ricorre per cassazione il difensore del condannato, AVV_NOTAIO, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’art. 81 cod. pen., per il diniego della continuazione, nei termini che di seguito si sintetizzano per quanto strettamente funzionale alla sentenza, a tenore dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Il ricorrente contesta l’erronea valutazione delle ordinanze che hanno riconosciuto la continuazione per NOME COGNOME e NOME COGNOME per gli stessi capi di imputazione accertati nelle medesime sentenze, ponendo in continuazione i reati estorsivi con il reato associativo di cui alla seconda sentenza e con i reati in materia di sostanze stupefacenti della terza sentenza.
Peraltro, per gli altri coimputati, già i giudici della cognizione avevano affermato la continuazione tra i reati associativi ed i reati-satellite, nell’ambi del simultaneus processus. Pertanto, il ricorrente richiama il principio di diritto di cui alla sentenza di questa Corte – Sez. 1, n. 54106 del 24/3/2017, COGNOME – in cui si è affermato che il giudice dell’esecuzione adito ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. non può prescindere dal riconoscimento della continuazione operato dal giudice della cognizione, se non attraverso una motivazione che dia conto dell’esistenza di specifiche e significative circostanze che ragionevolmente facciano ritenere che il fatto non sia riconducibile al disegno c:riminoso delineato in sede di cognizione.
2.2. Con motivi aggiunti in data 10/10/2023, trasmessi digitalmente, la difesa del ricorrente ha allegato una sentenza di questa Corte in data 31/1/2023,
nei confronti di NOME COGNOME, di annullamento con rinvio al nuovo giudice dell’esecuzione per la valutazione in ordine alla continuazione tra reati di associazione di tipo mafioso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché si basa su motivi non consentiti dalla legge, in quanto avanza doglianze volte ad ottenere una rivalutazione del merito non consentita nella presente sede di legittimità, nonché in contrasto con la consolidata esegesi di questa Corte in terna di continuazione tra il delitto associativo ed i reati satellite.
Di contro, non è configurabile la continuazione tra il reato associativo e quei reati fine che, pur rientrando nell’ambito delle attività del sodalizio crimi noso ed essendo finalizzati al suo rafforzamento, non erano progrannmabili ab origine perché legati a circostanze ed eventi contingenti e occasionali o, comunque, non immaginabili al momento iniziale dell’associazione (Sez. 5, n. 54509 del 08/10/2018, Lo Giudice, Rv. 275334).
In definitiva, il partecipe all’associazione accede al delitto nel momento in cui si determina a fare ingresso nel sodalizio ed è a questo dato temporale che deve riferirsi la verifica della programmazione unitaria dei cd. reati fine.
1.2. Nel caso specifico, gli elementi allegati dal ricorrente onde ricavarne la simultanea deliberazione originaria tra il reato associativo di cui alla sentenza della Corte di appello di Napoli del 28/4/2020 e l’estorsione commessa prima del 4/11/2014, non sono tali da scardinare l’impostazione logica del giudice dell’esecuzione. Invero, l’impugnata ordinanza riporta corretta ed esaustiva illustrazione delle ragioni per cui detta estorsione non poteva ritenersi attratta nell’oggetto sociale della compagine, tale da integrare quella motivazione rafforzata richiesta per superare le continuazioni riconosciute in cognizione, secondo il principio affermato dalla sentenza di Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 271903: «Il giudice dell’esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell’art. 671 cod proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento».
Invero, il giudice dell’esecuzione ha ben spiegato che l’estorsione sub D, commessa dal COGNOME ai danni di NOME COGNOME e NOME COGNOME non si inseriva nelle ordinarie dinamiche associative, ma – in un momento di grande fibrillazione e conflittualità derivante dall’arresto del capo-clan NOME COGNOME (NOMECOGNOME) nel giugno 2014 – era stata perpetrata dal COGNOME quale atto provocatorio e in aperto contrasto con gli associati del RAGIONE_SOCIALE camorristico di Mondragone, così costringendo gli estorti, che già versavano ratei estorsivi al clan COGNOME, a versarli soltanto a lui e non agli altri sodali. Ciò, un lato, esclude che detta estorsione possa riferirsi all’originario programma associativo, trattandosi di una iniziativa autonoma del COGNOME, dall’altro ne evidenzia il carattere estemporaneo e contingente, legato agli eventi seguiti all’arresto del COGNOME, non prevedibili all’atto di adesione del RAGIONE_SOCIALE all’associazione di Mondragone.
Quanto alla esclusione della continuazione tra le due associazioni – profilo per il quale il ricorso non offre spunti specifici – parimenti convincente è la moti vazione dell’impugnata ordinanza, che ne ric:onosce la parziale sovrapposizione temporale ed il comune ambito territoriale, ma rimarca che in relazione al periodo per cui COGNOME è stato condannato a tale titolo (art. 74 TU stup.) – cioè dal febbraio al luglio 2014 – l’associazione per droga operava in interazione ma
autonomamente rispetto al clan diretto dal COGNOME, con ovvia accentuazione di tale autonomia dal momento dell’arresto del capo-clan, e con riconosciuta ritrosia al versamento delle quote dovute al clan egemone COGNOME, di fatto non versate, come hanno riferito lo stesso COGNOME e NOME COGNOME.
Infine, la riconosciuta e generalizzata continuazione in sede esecutiva per NOME COGNOME e NOME COGNOME riflette due posizioni riguardanti per l’appunto il clan COGNOME, come ha rilevato l’impugnata ordinanza, e non è immediatamente trasferibile al COGNOME. Per tale ragione, anche la sentenza da ultimo allegata dalla difesa nei motivi aggiunti non comporta alcun riflesso in ordine alla posizione del COGNOME.
Risulta così adempiuto l’onere di motivazione, che richiede in simili casi di illustrare specificamente la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel procedimento (Sez. 1, n. 54106 del 24/03/2017, COGNOME, Rv. 271903; Sez. 1, n. 19358 del 22/02/2012, COGNOME, Rv. 252781; Sez. 1, n. 20471 del 15/03/2001, Ibba, Rv. 219529).
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, conseguendone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro tremila alla cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nell determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 2000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 27 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il PresideQt