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Continuazione tra reati: quando viene esclusa?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un uomo che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati per tre furti. La Corte ha confermato la decisione del tribunale, escludendo l’esistenza di un disegno criminoso unitario a causa della notevole distanza temporale (sei mesi) e spaziale tra i delitti, oltre a modalità esecutive diverse. La mera ripetizione di reati omogenei non è sufficiente a configurare la continuazione tra reati se manca la prova di una programmazione iniziale.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando la Distanza Temporale Spezza il Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 4865/2025, offre importanti chiarimenti sui limiti di questo istituto, sottolineando come la distanza temporale e spaziale tra i delitti possa essere un indice decisivo per escludere l’esistenza di un piano unitario.

I Fatti del Caso

Il ricorrente aveva presentato istanza al Tribunale, in qualità di giudice dell’esecuzione, per ottenere il riconoscimento della continuazione tra tre diversi episodi di furto, consumati o tentati. Per i primi due, commessi a breve distanza l’uno dall’altro nel 2014, la continuazione era già stata riconosciuta. La richiesta mirava a estendere tale beneficio anche a un terzo furto, commesso sei mesi dopo in un’altra provincia.

Il Tribunale aveva respinto la richiesta, motivando la sua decisione sulla base di tre elementi principali:
1. La mancanza di contiguità spazio-temporale tra i reati.
2. Le diverse modalità esecutive (l’ultimo furto era stato commesso da solo, a differenza dei precedenti).
3. L’assenza di prove concrete di un disegno criminoso unitario, che andasse oltre una generica scelta di vita dedita alla commissione di reati.

Il Ricorso in Cassazione e la nozione di continuazione tra reati

L’imputato, tramite il suo difensore, ha impugnato l’ordinanza del Tribunale davanti alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo la difesa, un intervallo di sei mesi non sarebbe sufficiente a escludere la continuazione. Inoltre, il giudice di merito avrebbe trascurato altri elementi importanti, come l’omogeneità dei reati e l’identità del bene giuridico tutelato. La difesa sosteneva che il giudice avesse erroneamente dato peso a un brevissimo periodo di detenzione subito tra i reati, ritenuto irrilevante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo in parte non consentito e in parte manifestamente infondato.

In primo luogo, la richiesta di riconoscere la continuazione tra i primi due reati del 2014 è stata giudicata inammissibile perché tale beneficio era già stato concesso con un precedente provvedimento, rendendo la questione già decisa.

Nel merito della richiesta principale, relativa al terzo reato, la Corte ha pienamente avallato la motivazione del Tribunale. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: per aversi un disegno criminoso unitario, non basta la semplice ripetizione di reati dello stesso tipo. È necessario che l’autore, al momento della commissione del primo reato, abbia già programmato, almeno nelle linee essenziali, le successive condotte illecite.

Una distanza temporale e spaziale significativa, come nel caso di specie (sei mesi e un’altra provincia), rende “incredibile” che il terzo furto facesse parte di un piano originario. Tale scenario, secondo la Corte, suggerisce piuttosto che i reati siano frutto di decisioni estemporanee, dettate da circostanze occasionali e imprevedibili, e non di una strategia pianificata. Mancando elementi concreti a sostegno della tesi del ricorrente, la Corte ha concluso che il giudice dell’esecuzione avesse correttamente escluso la sussistenza di un disegno criminoso unitario.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la valutazione sulla continuazione tra reati deve essere condotta con grande rigore. La semplice omogeneità delle condotte non è sufficiente a dimostrare un disegno criminoso unitario. Elementi come il considerevole lasso di tempo trascorso tra i fatti, la distanza geografica e le diverse modalità esecutive sono fattori cruciali che il giudice deve considerare. La decisione rafforza l’idea che la continuazione sia un beneficio destinato a chi delinque seguendo un piano preordinato, e non a chi adotta la criminalità come uno stile di vita, agendo in maniera occasionale. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
La continuazione tra reati si applica quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Questo significa che l’autore deve aver pianificato, almeno nelle linee generali, la serie di crimini prima di commettere il primo.

La distanza di tempo tra un reato e l’altro impedisce la continuazione?
Non necessariamente, ma una notevole distanza temporale (in questo caso sei mesi), unita ad altri fattori come la distanza spaziale e le diverse modalità esecutive, può rendere “incredibile” l’esistenza di un piano unitario e portare il giudice a escludere la continuazione tra reati.

Cosa significa che un ricorso è “inammissibile”?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte. In questo caso, una parte del ricorso era inammissibile perché riguardava una questione già decisa, mentre la parte principale è stata ritenuta manifestamente infondata, ossia priva di argomenti validi a sostegno della richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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