LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: quando si può applicare?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati commessi in periodi diversi. La Corte ha stabilito che per applicare la continuazione tra reati, è necessario provare un unico disegno criminoso originario. In particolare, i reati-fine di un’associazione mafiosa devono essere stati programmati al momento dell’adesione al sodalizio, non essendo sufficiente che siano stati commessi nel suo interesse in un momento successivo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Cassazione e il “Medesimo Disegno Criminoso”

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, è tornata a pronunciarsi sui criteri per l’applicazione della continuazione tra reati, un istituto fondamentale del diritto penale che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio in presenza di un unico disegno criminoso. La decisione offre chiarimenti cruciali, specialmente nel complesso rapporto tra il reato di associazione di tipo mafioso e i cosiddetti “reati-fine”.

I Fatti di Causa: Un Complesso Intreccio di Sentenze

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato con quattro distinte sentenze per una pluralità di gravi crimini, tra cui associazione di tipo mafioso, omicidi, estorsioni, rapine e detenzione di armi, commessi in un arco temporale esteso dal 2004 al 2015. L’interessato si era rivolto al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati, sostenendo che fossero tutti riconducibili a un unico programma criminale. Il Tribunale, tuttavia, aveva rigettato l’istanza, negando l’esistenza di un disegno unitario. Contro tale decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

Le motivazioni della Suprema Corte: i requisiti della continuazione tra reati

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato, confermando la decisione del giudice dell’esecuzione. Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati e offrono un’analisi rigorosa dei presupposti necessari per l’applicazione dell’istituto.

Il principio generale del medesimo disegno criminoso

In primo luogo, la Corte ribadisce che il riconoscimento della continuazione tra reati richiede la prova di una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte, delineate almeno nelle loro linee essenziali, in vista di un unico fine. Non è sufficiente la mera presenza di alcuni indicatori (come l’omogeneità delle violazioni o la contiguità temporale) se i reati successivi risultano frutto di una determinazione estemporanea e non di un piano originario. Il giudice deve quindi individuare i dati sostanziali di un possibile collegamento, andando oltre le apparenze.

La specificità della continuazione tra reati associativi e reati-fine

Con particolare riferimento al rapporto tra il reato di partecipazione a un’associazione criminale e i reati-fine commessi nell’ambito della stessa, la Cassazione adotta un approccio rigoroso. Afferma che il vincolo della continuazione è ipotizzabile solo a condizione che il giudice verifichi puntualmente che i reati-fine fossero stati programmati già al momento in cui il soggetto si è determinato a entrare nel sodalizio. Diversamente, si creerebbe un automatismo in cui tutti i reati commessi in ambito associativo verrebbero considerati in continuazione, snaturando la ratio dell’istituto. La commissione di un reato nell’interesse dell’associazione non prova, di per sé, che quel reato facesse parte del piano iniziale concepito al momento dell’adesione.

L’analisi temporale come fattore decisivo

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto logica e coerente la motivazione del Tribunale, che aveva escluso la sussistenza di un medesimo disegno criminoso basandosi su un dato oggettivo e invalicabile: il fattore temporale. Alcuni dei reati per cui si chiedeva la continuazione (un tentato omicidio del 2005 e un’estorsione del 2011) erano stati commessi in data antecedente alla partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa, accertata a partire dal luglio 2012. Era quindi logicamente impossibile che tali reati potessero essere stati programmati al momento dell’adesione a un sodalizio di cui ancora non faceva parte. Analogamente, per altri reati di rapina e ricettazione commessi tra il 2004 e il 2005, la Corte ha sottolineato come in sede di cognizione fosse stato espressamente escluso il carattere mafioso dell’associazione coinvolta in quei fatti.

Le conclusioni: il rigetto del ricorso

In conclusione, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, affermando la correttezza della decisione impugnata. La sentenza consolida l’orientamento secondo cui la continuazione tra reati non può essere presunta, ma deve essere rigorosamente provata sulla base di un’analisi fattuale che dimostri l’esistenza di un’unica programmazione criminosa ab origine. Il mero legame teleologico o l’appartenenza a un contesto criminale non sono sufficienti a integrare i requisiti dell’art. 81 c.p. La decisione evidenzia l’importanza del criterio cronologico come elemento dirimente per escludere l’unicità del disegno criminoso quando i reati satellite precedono la commissione del reato principale a cui si vorrebbero collegare.

Quando è possibile riconoscere la continuazione tra più reati?
È possibile quando si dimostra l’esistenza di un medesimo disegno criminoso, ovvero una programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte, delineate almeno nelle loro linee essenziali, in vista di un unico fine. I reati successivi non devono essere frutto di una decisione estemporanea.

Per applicare la continuazione tra il reato di associazione mafiosa e i reati-fine, cosa deve verificare il giudice?
Il giudice deve verificare puntualmente che i reati-fine (es. estorsioni, omicidi) siano stati programmati al momento in cui il partecipe si è determinato a fare ingresso nel sodalizio criminale. Non è sufficiente che i reati siano stati commessi nell’interesse dell’associazione.

Perché nel caso specifico la Corte di Cassazione ha escluso la continuazione per alcuni reati?
La Corte l’ha esclusa perché alcuni reati (commessi nel 2005 e 2011) erano antecedenti alla data accertata di partecipazione del ricorrente all’associazione mafiosa (luglio 2012). Pertanto, non potevano far parte di un piano criminoso concepito al momento dell’adesione a tale associazione. Per altri reati ancora precedenti (2004-2005), era stato già escluso in giudizio il carattere mafioso del gruppo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati