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Continuazione tra reati: quando non viene riconosciuta

Un soggetto condannato per molteplici reati di furto e truffa commessi in un arco di sette anni ha richiesto l’applicazione della continuazione tra reati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando che la notevole distanza temporale e territoriale tra i crimini è incompatibile con l’esistenza di un unico disegno criminoso iniziale, requisito fondamentale per riconoscere l’istituto.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Cassazione Nega il Beneficio in Assenza di un Disegno Unitario

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un principio di favore per il reo, consentendo di unificare sotto un’unica pena più violazioni di legge commesse in esecuzione di un medesimo piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo istituto, sottolineando come la semplice ripetizione di reati simili non sia sufficiente a dimostrare l’esistenza di un progetto criminoso unitario.

Il Caso in Esame: Furti e Truffe su un Lungo Arco Temporale

Il caso analizzato riguarda un individuo condannato con sei diverse sentenze per reati di furto e truffa, commessi in un periodo compreso tra il 2006 e il 2013. L’interessato si era rivolto al giudice dell’esecuzione per chiedere il riconoscimento della continuazione tra reati, sostenendo che tutti i crimini facessero parte di un unico disegno. La sua richiesta era stata però respinta, poiché il giudice aveva rilevato una forte distanza temporale e territoriale tra i vari episodi, oltre a modalità esecutive differenti, elementi che contrastavano con l’idea di un piano originario comune.

I motivi del ricorso per la continuazione tra reati

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice non avesse considerato adeguatamente l’omogeneità dei delitti e il loro contesto territoriale comune (il Nord Italia). A suo dire, questi elementi avrebbero dovuto far presumere l’esistenza di un unico programma criminoso, specialmente per gli episodi di truffa più ravvicinati nel tempo.

La Decisione della Corte: Niente Continuazione tra Reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione del giudice dell’esecuzione. Secondo i giudici supremi, il ricorso era manifestamente infondato, in quanto non affrontava il cuore della motivazione della decisione impugnata, ma si limitava a proporre una diversa valutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità.

Le motivazioni: Perché il Disegno Criminoso è Stato Escluso

La Corte ha ribadito che per poter riconoscere la continuazione tra reati è necessaria una verifica approfondita di indicatori concreti. La giurisprudenza, in particolare quella delle Sezioni Unite (sent. n. 28659/2017, Gargiulo), ha stabilito che non basta la presenza di alcuni indici, come la somiglianza dei reati, se altri elementi di segno contrario prevalgono.
Nel caso specifico, gli elementi decisivi per escludere il disegno criminoso unitario sono stati:

1. La notevole distanza temporale: I reati erano stati commessi nell’arco di oltre sei anni, con intervalli di mesi o addirittura anni tra un episodio e l’altro. Questo rende ‘incredibile’, secondo la Corte, che l’autore avesse programmato fin dall’inizio la commissione di tutti i reati successivi.
2. La distanza territoriale: I crimini erano stati perpetrati in località diverse, elemento che, sommato al fattore tempo, indebolisce ulteriormente l’ipotesi di un piano unitario.
3. L’assenza di un programma definito: La semplice ripetizione di reati della stessa indole non dimostra un’unica programmazione, ma può essere espressione di una scelta di vita delinquenziale o di una determinazione estemporanea a commettere reati quando se ne presenti l’occasione.

La Corte ha quindi concluso che la motivazione del giudice dell’esecuzione era logica, sufficiente e non contraddittoria, e che il ricorso non faceva altro che chiedere un riesame del merito, inammissibile davanti alla Cassazione.

Le conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: il beneficio della continuazione tra reati non è un automatismo derivante dalla commissione di più crimini simili. È onere di chi lo richiede fornire prove concrete dell’esistenza di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero un piano concepito nelle sue linee essenziali sin dalla commissione del primo reato. La distanza temporale e geografica tra i fatti delittuosi rimane un ostacolo quasi insormontabile per il riconoscimento di tale istituto, distinguendo nettamente la programmazione criminale dalla semplice serialità delle condotte illecite.

Cosa si intende per ‘continuazione tra reati’?
È un istituto giuridico che permette di considerare più reati, commessi in esecuzione di un medesimo piano criminoso, come un unico reato ai fini della determinazione della pena, portando a un trattamento sanzionatorio più mite rispetto alla somma delle pene per ogni singolo reato.

Perché la Corte di Cassazione ha negato la continuazione in questo caso specifico?
La Corte l’ha negata perché i reati erano stati commessi su un arco temporale molto lungo (oltre sei anni) e in luoghi diversi. Questi fattori sono stati ritenuti incompatibili con l’esistenza di un unico e preordinato disegno criminoso, che è un requisito essenziale per l’applicazione dell’istituto.

La somiglianza dei reati commessi è sufficiente per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. Secondo quanto stabilito dalla Corte in questa ordinanza, la somiglianza (omogeneità) dei reati è solo uno degli indicatori da valutare. Da sola non è sufficiente se altri elementi, come la grande distanza di tempo e di luogo tra i fatti, portano a escludere che i reati fossero stati programmati unitariamente sin dall’inizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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