Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4888 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4888 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
EDIFICANTE COGNOME nato a ACERRA il 29/07/1983
avverso l’ordinanza del 01/10/2024 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv., NOME COGNOME ha proposto ricorso controyordinanza emessa in data 7 set nbre.,,,,IcUCL – Le pl;-10( 2024 con cui il Tribunale di Napoli, quale giudice dell’esecuzione, ha respinto la sua richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra i reati di furto e di truffa giudicati con sei diverse sentenze, ritenendo assenti gli indici sintomatici di una programmazione unitaria originaria, stante la forte distanza temporale, essendo stati i vari delitti commessi tra il 2006 e il 2013 e ad una distanza media di oltre un anno l’uno dall’altro, in località disparate e con modalità esecutive diverse, e non avendo lo stesso istante indicato alcun altro indice sintomatico della asserita unicità di disegno criminoso, distinta dalla mera inclinazione a delinquere e dalla scelta di una vita delinquenziale;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, per avere il giudice negato il riconoscimento della continuazione nonostante la evidente omogeneità dei delitti, la loro continuità temporale, in quanto commessi tutti tra il 2006 e il 2013, la identità del contesto territoriale, in quanto commessi nel Nord Italia, ed essendo tali indici sintomatici rilevabili, in particolare in relazione alle condotte di truffa commesse tra il 16/12/2011 e il 19/04/2013;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, perché l’ordinanza impugnata ha ampiamente motivato l’insussistenza di una unicità di disegno criminoso quando, come in questo caso, i reati, benché sostanzialmente omogenei, risultino distanti nel tempo oltre sei anni tra il primo e l’ultimo e sempre alcuni mesi l’uno dall’altro, tanto da rendere incredibile che, nel compiere il primo delitto, il ricorrente avesse già programmato, almeno nelle linee essenziali, la successiva commissione di altri reati analoghi, ma da compiere a distanza di anni o comunque, con riferimento agli ultimi episodi di truffa, a distanza di cinque mesi tra il primo e il secondo episodio, e di ulteriori otto mesi tra il secondo e il terzo, agendo in località distanti tra loro;
ritenuto inoltre che il ricorso sia inammissibile perché, di fatto, non si confronta con l’ordinanza quanto alla rilevanza della forte distanza temporale e territoriale dei vari reati, opponendovi una non condivisibile affermazione di contiguità basata solo sulla ripetizione delle condotte e sulla loro localizzazione nelle regioni del Nord Italia, e chiede a questa Corte una diversa valutazione dei medesimi elementi, già vagliati dal giudice dell’esecuzione con una motivazione
sufficiente, logica, non apparente né contraddittoria, che soddisfa il grado di motivazione ritenuto necessario dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Rv. 256464) e si conforma ai principi della giurisprudenza di legittimità, secondo cui «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente