Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30870 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30870 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COGNOME il 19/02/1981
avverso l’ordinanza del 17/02/2025 della CORTE APPELLO dì LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata;
letti i motivi del ricorso;
rilevato, preliminarmente, che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156);
che tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata all’illecito, perché in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenz delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950);
che la verifica di tale preordinazione non può essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596);
che, di conseguenza, «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074)»;
che, per converso, non è necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098);
che l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
che, nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione ha stimato che la riconducibilità al medesimo disegno criminoso dei reati commessi da NOME COGNOME ed accertati con due diverse sentenze di condanna è, in radice, preclusa dalla diversa genesi delle vicende criminose e, in particolare, dall’estemporaneità del coinvolgimento dell’istante, in veste di esecutore materiale, nell’uccisione di NOME COGNOME, cui egli accettò di partecipare perché mosso da motivazioni di natura personale, del tutto distinte rispetto a quelle che, a distanza di un semestre, lo indussero ad associarsi – con soggetti diversi, peraltro, rispetto ai correi dell’omicidio – in vista della commissione di delitti di narcotraffico e della realizzazione dei relativi reati-fine;
che la motivazione, ampia e perspicua, sottesa al provvedimento impugnato appare esente da fratture razionali e coerente con il quadro normativo, secondo l’interpretazione sopra illustrata, perché attesta la reciproca autonomia delle deliberazioni e tiene conto di tutte le evidenze raccolte;
che il ricorrente, con l’unico motivo di ricorso, si limita ad esprimere generiche e sterili considerazioni in ordine all’istituto la cui applicazione ha invocato, che non riescono a mettere in luce, nel provvedimento impugnato, specifici profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, e segnala, in particolare, come le vicende si iscrivano in un circoscritto arco temporale, circostanza frutto di una valutazione soggettiva che, comunque, non sarebbe idonea, da sola, ad instillare dubbi sulla piena legittimità della decisione impugnata;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso il 05/06/2025.