Continuazione tra Reati: Differenza tra Disegno Criminoso e Stile di Vita
L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un’importante applicazione del principio del favor rei, consentendo di unificare diverse condanne sotto un’unica pena più mite. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini precisi di questo beneficio, distinguendo nettamente tra un ‘disegno criminoso unico’ e un semplice ‘stile di vita improntato al crimine’.
I fatti del caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un individuo condannato con diverse sentenze definitive. L’interessato aveva richiesto alla Corte d’Appello di applicare la disciplina della continuazione, sostenendo che tutti i reati commessi fossero parte di un unico progetto criminale. La Corte d’Appello aveva però respinto la richiesta, spingendo il condannato a rivolgersi alla Cassazione.
La decisione della Cassazione e la continuazione tra reati
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 9 maggio 2024, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per riconoscere la continuazione tra reati, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni: perché è stata negata la continuazione tra reati?
Le ragioni alla base della decisione sono cruciali per comprendere i limiti dell’istituto. I giudici hanno evidenziato due elementi fondamentali che ostacolavano il riconoscimento del disegno criminoso unico.
Eterogeneità dei reati commessi
Il primo ostacolo era la natura profondamente diversa dei reati giudicati: si andava dalla rapina alle lesioni personali, dalla resistenza a pubblico ufficiale al furto, fino al danneggiamento e alla minaccia. Secondo la Corte, questa diversità rendeva difficile ricondurre tutte le azioni a una programmazione unitaria e preordinata.
L’ampio arco temporale
Il secondo elemento determinante è stato l’ampio periodo di tempo in cui i reati erano stati commessi, ovvero tra la fine del 2014 e l’inizio del 2018. Un lasso temporale così esteso, unito alla varietà dei crimini, è stato considerato incompatibile con l’idea di un’originaria e unitaria progettazione criminale.
La distinzione fondamentale: Disegno criminoso vs. programma di vita criminale
La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio chiave: la reiterazione di condotte illecite non equivale automaticamente a un disegno criminoso unico. Un conto è pianificare in anticipo una serie di reati specifici, un altro è adottare un ‘programma di vita’ orientato al crimine. Quest’ultima condizione, sebbene socialmente allarmante, trova risposta in altri istituti giuridici come la recidiva, l’abitualità o la professionalità nel reato, che hanno finalità repressive e non di favore come la continuazione.
Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale consolidato: per ottenere il beneficio della continuazione tra reati, non è sufficiente dimostrare di aver commesso più illeciti nel tempo. È necessario provare, in modo rigoroso, che tutti i crimini fossero stati concepiti e pianificati come parte di un unico progetto fin dall’inizio. La semplice propensione a delinquere o la commissione seriale di reati diversi non basta a integrare i requisiti di legge, lasciando che ogni condanna segua il suo corso autonomo.
Quando può essere riconosciuta la continuazione tra reati?
La continuazione può essere riconosciuta solo quando più reati sono stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario e preordinato che li prevedeva tutti fin dall’inizio.
Perché la Corte ha negato la continuazione in questo caso specifico?
La Corte l’ha negata a causa dell’eterogeneità dei reati commessi (rapina, lesioni, furto, resistenza, ecc.) e dell’ampio arco temporale (dal 2014 al 2018), elementi che rendevano inverosimile l’esistenza di un’unica programmazione criminale iniziale.
La semplice ripetizione di reati nel tempo è sufficiente per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. La Corte ha chiarito che la mera reiterazione di condotte illecite, che può indicare uno stile di vita orientato al crimine, non è sufficiente. Essa è sanzionata da istituti diversi (come la recidiva), mentre la continuazione richiede la prova di un progetto criminoso specifico e unitario.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 20288 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 20288 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 10/11/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del 10 novembre 2023, con la quale la Corte di appello di Ancona rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenz irrevocabili di cui ai punti 1-5 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che le ipotesi di reato di cui si assumeva la continuazione non risultavano tra loro omogenee e non erano riconducibili a una preordinazione, tenuto conto dell’eterogeneità esecutiva dei delitti commessi da NOME COGNOME – i delitti di rapina, lesioni personali, resistenza a pubblico ufficia furto, danneggiamento, minaccia – e dell’ampiezza dell’arco temporale in cui tali reati erano stati commessi, compreso tra il 31 dicembre 2014 e il 12 gennaio 2018, che impedivano di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio (tra le altre, Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, COGNOME, Rv. 255156 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01).
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME, venendo sanzionata da fattispecie differenti, quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, Abbassi, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01).
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9 maggio 2024.