Continuazione tra Reati: Non Basta l’Omogeneità delle Condotte, Serve un Progetto Unitario
L’istituto della continuazione tra reati è uno strumento fondamentale nel nostro ordinamento penale, volto a mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un unico piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini tra un ‘medesimo programma criminoso’ e un mero ‘stile di vita’ dedito al crimine, chiarendo quando la richiesta di unificazione delle pene debba essere respinta.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato dal difensore di un uomo condannato con cinque sentenze irrevocabili per reati in materia di stupefacenti, commessi nell’arco di quattro anni. L’interessato si era rivolto al Tribunale di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, chiedendo di applicare la disciplina della continuazione tra reati, al fine di ottenere una rideterminazione della pena complessiva in senso più favorevole. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza, spingendo la difesa a presentare ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente basava la sua impugnazione su due motivi principali:
1. Violazione delle norme processuali: Si lamentava la mancata partecipazione del detenuto all’udienza, considerata una violazione del suo diritto di difesa.
2. Vizio di motivazione: Si contestava la decisione del Tribunale, ritenuta generica. Secondo la difesa, l’omogeneità delle condotte (tutti reati legati agli stupefacenti) e il ristretto arco temporale erano sufficienti a dimostrare l’esistenza di un unico programma criminoso.
La Decisione della Corte: La Continuazione tra Reati e lo “Stile di Vita”
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi e fornendo importanti chiarimenti su due aspetti distinti: uno procedurale e uno sostanziale.
Il Diritto alla Partecipazione in Udienza
Sul primo punto, la Corte ha specificato che, secondo l’articolo 666 del codice di procedura penale, la partecipazione personale dell’interessato all’udienza in fase esecutiva non è un obbligo per il giudice. L’interessato può essere sentito, anche a distanza, ma solo se “ne fa richiesta”. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva avanzato alcuna richiesta in tal senso prima dell’udienza. Di conseguenza, nessuna norma processuale è stata violata e il motivo è stato giudicato manifestamente infondato.
“Stile di Vita” vs. “Programma Criminoso”: Una Differenza Cruciale per la Continuazione tra Reati
Il cuore della decisione risiede nel secondo motivo. La Cassazione ha ritenuto il ricorso generico, poiché si limitava a sottolineare l’omogeneità dei reati senza fornire elementi concreti a sostegno della tesi di un piano unitario. La Corte ha avallato la motivazione del giudice dell’esecuzione, il quale aveva concluso che la commissione di cinque reati in materia di stupefacenti in quattro anni non rappresentava l’espressione di un “medesimo programma criminoso”, bensì di uno “stile di vita” improntato al crimine. In altre parole, la reiterazione di condotte illecite, anche se simili, non è di per sé sufficiente a integrare la continuazione tra reati. È onere di chi la invoca dimostrare l’esistenza di un progetto deliberato e unitario che precede e lega le singole azioni delittuose.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni della Corte si fondano su una distinzione netta e consolidata in giurisprudenza. Per ottenere il beneficio della continuazione tra reati, non basta la semplice ripetitività o la somiglianza dei crimini. Occorre provare che le varie condotte sono state pianificate in anticipo come parte di un unico disegno. Al contrario, uno “stile di vita” criminale denota una propensione a delinquere che si manifesta in modo estemporaneo e non programmato, anche se ripetuto nel tempo. La decisione del Tribunale, secondo la Cassazione, era congrua e ben motivata, in quanto aveva correttamente qualificato la sequenza di reati come espressione di una scelta di vita e non di un progetto unitario.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio cruciale: il beneficio della continuazione tra reati non è un automatismo derivante dalla natura dei reati commessi. Chi lo richiede ha l’onere di allegare e provare elementi specifici (come le modalità esecutive, il contesto, la vicinanza temporale e logica) che dimostrino in modo inequivocabile l’esistenza di una programmazione unitaria. In assenza di tale prova, la magistratura è tenuta a considerare i reati come episodi distinti, espressione di una più generica inclinazione a delinquere, con tutte le conseguenze del caso sul calcolo della pena. La pronuncia chiarisce anche un importante aspetto procedurale, ricordando che i diritti di partecipazione in fase esecutiva devono essere attivamente esercitati dall’interessato.
La partecipazione del condannato all’udienza in fase di esecuzione è sempre garantita d’ufficio?
No. Secondo l’art. 666 del codice di procedura penale, la partecipazione personale dell’interessato (che può avvenire di persona, in collegamento a distanza o tramite traduzione) è prevista solo se l’interessato stesso ne fa esplicita richiesta prima dell’udienza.
Commettere più volte lo stesso tipo di reato è sufficiente per ottenere la continuazione tra reati?
No. La sola omogeneità delle condotte non è sufficiente. L’ordinanza chiarisce che è necessario dimostrare che i vari reati sono l’espressione di un ‘medesimo programma criminoso’, ovvero di un piano unitario e preordinato, e non semplicemente di uno ‘stile di vita’ dedito al crimine.
Cosa si intende per ‘stile di vita’ improntato al crimine in contrapposizione a ‘medesimo programma criminoso’?
Uno ‘stile di vita’ criminale indica una tendenza generica e abituale a commettere reati, senza una pianificazione che leghi i singoli episodi. Un ‘medesimo programma criminoso’, invece, presuppone una decisione iniziale unica che pianifica e unifica diverse azioni illegali come tappe di un unico progetto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31927 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31927 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 05EGWVC) nato il 12/09/1990
avverso l’ordinanza del 07/01/2025 del TRIBUNALE di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto dal difensore di COGNOME COGNOME avverso l’ordinanza in 04epigrafe, con cui in data /31.1.2025 il Tribunale di Firenze, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza, formulata nell’interesse del ricorrente, di applicazione della disciplina della continuazione ai reati giudicati con cinque sentenze di condanna irrevocabili;
Ritenuto che il primo motivo, con cui si deduce la inosservanza delle norme processuali relative alla partecipazione del detenuto all’udienza, sia manifestamente infondato, in quanto l’art. 666 cod. proc. pen. non prevede la partecipazione personale dell’interessato, il quale può essere sentito, collegato a distanza o anche tradotto per disposizione del giudice, ma solo se “ne fa richiesta”, ciò che nel caso di specie nemmeno il ricorso sostiene che COGNOME ha fatto prima dell’udienza;
Ritenuto che il secondo motivo, con cui si lamenta un vizio di motivazione dell’ordinanza, è generico e non muove una critica mirata all’ordinanza impugnata, limitandosi a evidenziare il dato della omogeneità delle condotte, ma senza indicare gli elementi per cui la commissione di cinque reati in materia di stupefacenti nell’arco di quattro anni costituisca la espressione di un medesimo programma criminoso anziché – come ritenuto dal giudice dell’esecuzione con motivazione congrua – di uno “stile di vita” improntato al crimine;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19.6.2025