Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13479 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13479 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PESCARA il 10/03/1975
avverso l’ordinanza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Esaminato il ricorso proposto avverso l’ordinanza emessa il 7 ottobre 2024, con cui la Corte di appello dell’Aquila rigettava la richiesta avanzata da NOME COGNOME, finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili di cui ai punti 1-3 del provvedimento impugnato.
Ritenuto che i reati di cui si assumeva la continuazione non erano riconducibili, neppure astrattamente, a una preordinazione, tenuto conto dell’incontroversa disomogeneità esecutiva dei delitti commessi da COGNOME e dell’ampiezza dell’arco temporale in cui i reati di cui si controverte erano stati commessi, compreso tra il 2002 e il 2006, che impedivano di ritenere dimostrata l’originaria progettazione dei comportamenti criminosi oggetto di vaglio giurisdizionale, essendo incontroverso, come evidenziato a pagina 2 del provvedimento impugnato, che le pronunce presupposte vedevano «tre distinti programmi autoconclusivi ».
Ritenuto che la reiterazione delle condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME COGNOME, venendo sanzionata da fattispecie quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei (tra le altre, Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950 -01; Sez. 5, n. 49476 del 25/09/2009, Notaro, Rv. 245833 – 01; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242098 – 01)
Per queste ragioni, il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 marzo 2025.