Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30877 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30877 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a STRADELLA il 02/10/1964
avverso l’ordinanza del 22/01/2025 del TRIBUNALE di ALESSANDRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato, preliminarmente, che la giurisprudenza di legittimità, con riferimento al vincolo della continuazione in sede di esecuzione, ha individuato gli elementi da cui desumere l’ideazione unitaria, da parte del singolo agente, di una pluralità di condotte illecite, stabilendo che le violazioni dedotte ai fini dell’applicazione della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen. devono costituire parte integrante di un unico programma criminoso deliberato per conseguire un determinato fine, per il quale si richiede l’originaria progettazione di una serie ben individuata di illeciti già concepiti almeno nelle loro caratteristiche essenziali (Sez. 1, n. 11564 del 13/11/2012, Daniele, Rv. 255156);
che tale programma, a sua volta, non deve essere confuso con la sussistenza di una concezione di vita improntata all’illecito, perché in tal caso «la reiterazione della condotta criminosa è espressione di un programma di vita improntata al crimine e che dal crimine intende trarre sostentamento e, pertanto, penalizzata da istituti quali la recidiva, l’abitualità, la professionalità nel reato e la tendenza delinquere, secondo un diverso ed opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto della continuazione, preordinato al favor rei» (Sez. 5, n. 10917 del 12/01/2012, COGNOME, Rv. 252950);
che la verifica di tale preordinazione non può essere compiuta sulla base di indici meramente presuntivi ovvero di congetture processuali, essendo necessario dimostrare che i reati che si ritengono avvinti dal vincolo della continuazione invocato siano stati concepiti ed eseguiti nell’ambito di un programma criminoso unitario (Sez. 1, n. 37555 del 13/11/2015, COGNOME, Rv. 267596);
che, di conseguenza, «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074)»;
che, per converso, non è necessaria la concomitante ricorrenza di tutti i predetti indicatori, potendo l’unitarietà del disegno criminoso essere apprezzata anche al cospetto di soltanto alcuni di detti elementi, purché significativi (in questo senso cfr., tra le tante, Sez. 1, n. 8513 del 09/01/2013, Cardinale, Rv. 254809; Sez. 1, n. 44862 del 05/11/2008, Lombardo, Rv. 242098);
che l’accertamento di tali indici è rimesso all’apprezzamento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, quando il convincimento del giudice sia sorretto da una motivazione adeguata e congrua, senza vizi logici e travisamento dei fatti;
che, nel caso in esame, il giudice dell’esecuzione, pur dichiarando l’inammissibilità dell’istanza, in quanto meramente iterativa di altra, già definita con provvedimento di rigetto, ha, mutuando la motivazione sottesa alla precedente decisione, escluso la continuazione tra i reati per cui NOME COGNOME è stato condannato con tre diverse sentenze in ragione dell’enorme intervallo temporale – pari, rispettivamente, ad otto e cinque anni – che separa i singoli reati, commessi, peraltro, in distinte località, insieme a correi differenti e con modalità non coincidenti;
che la linearità delle predette considerazioni non è inficiata dalle sterili obiezioni articolate dal ricorrente, il quale, con la più recente istanza, ha fatto lev sulle dichiarazioni da lui rese in sede di esame, all’udienza del 4 marzo 2020, concernenti la finalità di evasione fiscale sottesa a tutta l’attività criminosa posta in essere nell’arco complessivo di oltre tre lustri, circostanza che, è facile intendere, non vale ad inficiare la solidità delle argomentazioni addotte dal Tribunale di Alessandria a sostegno della decisione impugnata, che non esorbita dal solco della discrezionalità riconosciuta, in materia, al giudice dell’esecuzione e la cui motivazione appare aliena da profili di manifesta illogicità o contraddittorietà;
che, a tal proposito, va ribadito che il decorso di un consistente torno di tempo tra le manifestazioni antisociali supporta, di per sé, sul piano sia logico che giuridico, il convincimento espresso dal giudice dell’esecuzione;
che le censure articolate dal ricorrente non valgono, dunque, a comprovare l’illegittimità delle argomentazioni svolte dal giudice dell’esecuzione, il quale, attraverso un idoneo apparato argomentativo, ha chiarito, nel fisiologico esercizio del libero apprezzamento delle vicende sottoposte al suo vaglio e senza incorrere in contraddizioni o in affermazioni manifestamente illogiche, per quale ragione debba escludersi l’esistenza, nella fattispecie, di un riconoscibile, originario disegno criminoso comprendente gli illeciti indicati nell’istanza, connotati, va ribadito, da una distanza cronologica che, a prescindere da ogni altra considerazione, appare francamente incompatibile con la dedotta anticipata programmazione;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa
di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cas delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 05/06/2025.