Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34729 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34729 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
THIOUNE NOME (CUI: 04B5SH5) nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/01/2024 del TRIBUNALE di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 gennaio 2024 il Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’intereSse di NOME COGNOME avente ad oggetto il riconoscimento della continuazione in relazione alle condanne riportate con sentenze emesse dal Tribunale di Torino relative, la prima, al delitto di cui all’art. 495 cod. pen. commesse a Torino il 4 giugno 2011, il 12 agosto 2011 e il 26 agosto 2011, le altre quattro, a diversi delitti di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 commess a Torino il 15 dicembre 2015, il 2 marzo 2019, il 2 dicembre 2013 e il 22 novembre 2021.
A giustificazione del rigetto il giudice dell’esecuzione ha evi4nziato come i reati siano stati commessi ad apprezzabile distanza di tempo l’uno dall’altro e come il dato renda priva di rilievo decisivo l’identità dei titoli di reato sintomatica di una abitualità criminosa, piuttosto che di un medesimo disegno Criminoso.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassa lgione NOME, per mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando un motivo con il quale ha eccepito, cumulativamente, violazione di legge ed errata motivazione in ordine ai presupposti applicativi della continuazione.
Ha evidenziato come il lasso temporale intercorso tra i vari reati per i quali è stata avanzata richiesta di riconoscimento della continuazione non costituisce elemento, di per sé, sufficiente al fine di escludere la ridorrenza della continuazione.
Nel caso di specie, infatti, il giudice dell’esecuzione ha omesso di considerare l’omogeneità del bene giuridico tutelato dai reati, oltre alle condiz oni soggettive del condannato che ha commesso plurime violazioni in materia di stupefacenti per trarre i mezzi di sussistenza necessari per mantenere sé e la propria famiglia.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Deve essere richiamato, preliminarmente, il principio per cui «in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, aratterizzante
l’istituto disciplinato dall’art. 81, secondo comma, cod. pen., post la che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente delibera o una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita del nquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione dello stesso a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati; essi, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, ma rivelano’ una generale propensione alla devianza che si concretizza, di volta in volta, id relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali» (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari, Rv. 266615, conforme Sez. 2, n. 10033 del 07/12/202, dep. 2023, Mounir, Rv. 284420).
Peraltro, «il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, qua i l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini 0 -ogrammate di vita. Per detto riconoscimento è richiesto, inoltre, che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmai almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare taluno degli indici suindicati, se i successivi reati risultino comu la presenza di nque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Infine, l’inciso «anche in tempi diversi» contenuto nell’art. 81, comma secondo, cod. pen., non consente di negare ogni rilevanza all’aspetto del tempo di commissione dei reati: come la vicinanza temporale non costitdisce di per sé «indizio necessario» dell’esistenza del medesimo disegno criminoso, così la notevole distanza di tempo ben può essere, anche se non è inevitabile che lo sia, indizio negativo. Le difficoltà di programmazione e deliberaZione a lunga scadenza e le crescenti probabilità di mutamenti che, con il passre del tempo, richiedono una nuova risoluzione anti doverosa, comportano che le possibilità di ravvisare la sussistenza della continuazione normalmente «si riducono fino ad annullarsi in proporzione inversa all’aumento del distacco temporale tra i singoli episodi criminosi» (Sez. 1, n. 49711 del 13/10/2022, COGNOME, 0.m. citata, in termini pertinenti, anche dal Procuratore generale nella requisitoria scritta).
Il giudice dell’esecuzione si è attenuto, di fatto, ai principi in qui esposti evidenziando come il dato temporale, siccome emergente nella l fattispecie in esame, costituisca un elemento di spiccato rilievo per escludere la configurabilità della medesimezza del disegno criminoso che ha determinato il ricorrente alla commissione dei reati per i quali ha riportato condanna.
In termini ineccepibili, il Tribunale di Torino, ha evidenzia9D come i fatti siano distanti gli uni dagli altri.
Ha ritenuto, quindi, non individuabile un gruppo di reati maggiormente contiguo, anche alla luce della mancanza di qualsiasi prospettaziOne contenuta nell’istanza originaria che ha fatto genericamente riferimento alle «contingente situazione di vita dalla quale i reati sono scaturiti» (pag. 2 dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen.).
A tale proposito si evidenza che «l’elevato arco di tempo all’interno del quale sono stati commessi più reati (nella specie, dieci anni) non Ome il giudice dall’onere di verificare se la continuazione possa essere ricpnosciuta con riferimento a singoli gruppi di reati commessi, all’interno di tale arco, in epoca contigua, tenuto conto degli ulteriori indici rappresentati dalla sirnilare tipologia, dalle singole causali e dalla contiguità spaziale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’esigenza di tale verifica sussiste se e nei limiti in cui l’interessato abbia dedotto l’evenienza del medesimo disegno criminoso anche per singoli gruppi di reati, enucleandoli ed allegando gli indici rivelatori della corrispondente continuazione parziale)» (fra le molte, Sez. 1, n. 7381 del 12/11/2018, dep. 2019, Zuppone, Rv. 276387).
Con il ricorso è stato contrapposto al significativo dato temporale valorizzato nel provvedimento impugnato quello dell’omogeneità dei titoli di reato (ad eccezione della prima sentenza) che, insindacabilmente, il Tribunale ha ritenuto non sufficiente, nel caso concreto, ai fini dell’accoglimento dell’istanza.
Da quanto sin qui esposto discende il rigetto del ricorso e là condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 31/05/2024