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Continuazione tra reati: quando il tempo la esclude

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso per il riconoscimento della continuazione tra reati, confermando che una notevole distanza temporale, un diverso modus operandi e la natura occasionale dell’ultimo delitto sono elementi sufficienti per escludere un unico disegno criminoso, nonostante l’omogeneità dei reati.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: oltre il tempo, contano modus operandi e occasione

La continuazione tra reati è un istituto fondamentale del nostro diritto penale, che consente di mitigare il trattamento sanzionatorio per chi commette più illeciti in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito quali sono gli elementi chiave, oltre alla distanza temporale, per escludere la sussistenza di un’unitaria ideazione criminosa.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un soggetto condannato per diversi reati in separati procedimenti. L’interessato si era rivolto al Giudice dell’esecuzione del Tribunale di Palermo chiedendo il riconoscimento della continuazione tra reati, al fine di ottenere una pena complessiva più favorevole. Il Tribunale aveva rigettato l’istanza, ritenendo insussistente un unico disegno criminoso a collegare i vari episodi delittuosi. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che il giudice di merito avesse errato nel considerare la sola distanza temporale tra i fatti come elemento decisivo per escludere l’unicità del piano criminale.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Limiti alla Continuazione tra Reati

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici supremi hanno confermato la correttezza del ragionamento del Tribunale, sottolineando come la decisione fosse in linea con la consolidata giurisprudenza. La Corte ha ricordato un principio fondamentale: nel caso di reati commessi a notevole distanza temporale l’uno dall’altro, si presume, fino a prova contraria, l’assenza di un’unica programmazione iniziale. Spetta quindi alla difesa fornire elementi concreti per superare tale presunzione.

Le Motivazioni: I Criteri per Escludere il Disegno Criminoso

La Corte ha evidenziato che il Giudice dell’esecuzione non si è limitato a considerare il solo fattore tempo, ma ha fondato la sua decisione su un’analisi complessiva basata su tre pilastri argomentativi decisivi.

La Distanza Temporale

Il primo elemento valorizzato è stato il considerevole lasso di tempo intercorso tra i gruppi di reati, superiore a un anno e sei mesi. Un intervallo così ampio rende poco plausibile che tutti i delitti fossero stati programmati sin dall’inizio in un unico piano deliberato. Come affermato dalla giurisprudenza, è difficile presumere che una persona possa progettare specificamente reati da compiere a così lunga distanza.

La Diversità del Modus Operandi

Un secondo fattore cruciale è stata la differenza nelle modalità di esecuzione dei reati. I primi episodi di ricettazione erano stati commessi in concorso con un complice, il quale era però risultato completamente estraneo ai fatti oggetto della seconda sentenza. Questa variazione nel modus operandi è stata interpretata come un forte indicatore della mancanza di un piano unitario e prestabilito.

La Natura Occasionale e Contingente del Reato

Infine, il Tribunale ha correttamente osservato che l’ultimo reato giudicato non appariva come l’attuazione di un piano preordinato, ma piuttosto come l’espressione di una ‘pulsione contingente’. In altre parole, il reato era sorto da circostanze occasionali ed estemporanee. In assenza di prove specifiche fornite dalla difesa, queste condotte sono state ricondotte a una generica tendenza del soggetto a delinquere, che è un concetto ben distinto dal ‘medesimo disegno criminoso’ richiesto per la continuazione tra reati.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Anzitutto, riafferma che la notevole distanza temporale tra i reati genera una presunzione di assenza di continuazione, che deve essere superata con prove concrete. In secondo luogo, chiarisce che elementi come la diversità dei complici e delle modalità esecutive sono indizi forti contro l’esistenza di un piano unitario. Infine, distingue nettamente la generica propensione a delinquere, che si manifesta in reati occasionali, dalla specifica e premeditata programmazione di una serie di illeciti, unica condizione che legittima l’applicazione del più favorevole istituto della continuazione.

La sola distanza temporale tra due reati è sufficiente per escludere la continuazione?
No, non da sola, ma secondo la Corte crea una presunzione contraria alla continuazione. In caso di reati commessi a notevole distanza temporale, si presume, salvo prova contraria, che non vi fosse un unico disegno criminoso. L’onere di dimostrare l’esistenza del piano unitario ricade quindi sulla difesa.

Quali altri elementi, oltre al tempo, ha considerato la Corte per negare il disegno criminoso?
La Corte ha ritenuto decisivi altri due elementi: la diversità del modus operandi (i primi reati erano stati commessi con un complice, assente nel secondo episodio) e la natura occasionale e contingente dell’ultimo reato, considerato frutto di una pulsione estemporanea e non parte di un piano preordinato.

Una generica tendenza a delinquere può essere considerata un ‘disegno criminoso’ ai fini della continuazione?
No. La Corte ha specificato che, in assenza di prove concrete, le condotte sono state correttamente attribuite a una generica tendenza del ricorrente a commettere reati, concetto che non va confuso con l’unitaria e anticipata ideazione criminosa richiesta per l’applicazione dell’istituto della continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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