Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7351 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7351 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 13/01/1999
avverso l’ordinanza del 18/07/2024 del GIP TRIBUNALE di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Nell’interesse di NOME COGNOME è stato proposto incidente di esecuzione, ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen., finalizzato ad estendere il già intervenuto riconoscimento della disciplina della continuazione tra reati di rapina, ricettazione e sequestro di persona, commessi nel 2017 e giudicati con le sentenze emesse, rispettivamente, dalla Corte di appello di Palermo il 24 gennaio 2019 (irrevocabile il 12 marzo 2019) e dal G.U.P. del Tribunale di Palermo il 4 marzo 2020 (irrevocabile il 10 giugno 2020), ad altri cinque episodi di rapina, commessi fra maggio e novembre 2022 e giudicati con la sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Palermo il 6 febbraio 2024 (irrevocabile il 23 marzo 2024).
A ragione della decisione, il giudice dell’esecuzione ha rimarcato, come dato dirimente, l’ampio arco temporale di cinque anni che separa i reati commessi con le prime due sentenze già oggetto di riconoscimento della continuazione (posti in essere tra giugno e agosto 2017) da quelli di rapina aggravata, oggetto della sentenza più recente, commessi fra maggio e novembre 2022.
Ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il tramite del difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli artt. 81 cod. pen. e 671 cod. proc. pen.
Si duole il difensore del ricorrente che il giudice dell’esecuzione abbia rigettato l’istanza valorizzando l’ampio intervallo temporale intercorso tra i delitti senza considerare che tale elemento non risulterebbe, di per sé, ostativo al riconoscimento del vincolo continuativo, soprattutto tenendo conto dell’omogeneità dei reati giudicati (tutte rapine), che, tra l’altro, sarebber distanziati nel tempo solo per l’intermedia detenzione (appunto di 5 anni) subita dall’istante.
Il Procuratore generale di questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sottolineando che è lo stesso difensore che, nel definire COGNOME come delinquente abituale, implicitamente esclude la possibilità di ravvisare, nella specie, l’identica matrice criminosa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni che seguono.
Occorre, preliminarmente, rammentare, in sintonia con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, che il riconoscimento della continuazione necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori,
quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spaziotemporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto d determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/5/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Va, inoltre, ricordato che, in tema di continuazione, il decorso del tempo costituisce elemento decisivo sul quale fondare la valutazione ai fini del riconoscimento delle condizioni previste dall’art. 81 cod. pen., atteso che, in assenza di altri elementi, quanto più ampio è il lasso di tempo fra le violazioni, tanto più deve ritenersi improbabile l’esistenza di una programmazione unitaria predeterminata almeno nelle linee fondamentali (Sez. 4, n. 34756 del 17/5/2012, COGNOME e altri, Rv. 253664).
Va, infine, precisato che, per la configurabilità del medesimo disegno criminoso, è sufficiente l’esistenza anche di alcuni soltanto degli indici stabiliti dal giurisprudenza di legittimità, purché significativi (tra le più recenti, Sez. 2, 10539 del 10/02/2023, COGNOME, Rv. 284652 – 01).
Tanto premesso, ritiene il Collegio che il giudice dell’esecuzione abbia fatto buon governo delle coordinate ermeneutiche appena enunciate, apprezzando, del tutto correttamente sul piano logico, per escludere l’unica matrice deliberativa nel caso di specie, il lungo intervallo temporale che separa i fatti del 2017 da quelli del 2022: ciò in conformità del tradizionale principio, che va qui ribadito, per cui «In caso di reati commessi a distanza temporale l’uno dall’altro, si deve presumere, salvo prova contraria, che la commissione di ulteriori fatti, anche analoghi per modalità e “nomen juris”, non poteva essere progettata specificamente al momento di commissione del fatto originario» (in argomento, Sez. 1, n. 3747 del 16/01/2009, COGNOME, Rv. 242537 – 01).
Rispetto a tale congrua motivazione, il ricorso svolge censure di carattere assertivo, in fatto e prive di autosufficienza (in relazione al prospettato periodo di detenzione che il ricorrente avrebbe sofferto tra i primi e gli ultimi reati predatori che, oltretutto, come messo efficacemente in luce dal Procuratore generale, sottendono una implicita esclusione del beneficio richiesto laddove, nell’affermare che “il prevenuto dall’inizio della sua carriera criminale non ha commesso che reati di rapina”, adombrano in modo palese, nelle condotte delittuose dal predetto poste in essere nel corso del tempo, la semplice estrinsecazione di un genere di vita incline al reato.
Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non esulando profili di colpa (Corte Cost. n. 186 del 2000), al versamento di una somma ulteriore in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 21 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente