LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati. I giudici hanno stabilito che la sola omogeneità dei reati e generiche citazioni giurisprudenziali non sono sufficienti a dimostrare un unico disegno criminoso, specialmente in presenza di un lungo intervallo temporale tra i fatti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: non basta l’omogeneità dei crimini

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un elemento cruciale nel diritto penale, consentendo di unificare sotto un unico disegno criminoso più condotte illecite, con importanti conseguenze sul trattamento sanzionatorio. Tuttavia, ottenerne il riconoscimento non è automatico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 5650/2025) ribadisce il rigore necessario nella valutazione dei requisiti, dichiarando inammissibile un ricorso ritenuto troppo generico e non adeguatamente argomentato.

I Fatti del Caso

Un soggetto, condannato per una serie di reati di tipo predatorio (furti e rapine), presentava ricorso in Cassazione avverso la decisione del Tribunale di Napoli. Quest’ultimo aveva negato l’applicazione della disciplina della continuazione, non ravvisando la presenza di un medesimo disegno criminoso alla base delle diverse condotte. L’imputato, tramite il suo difensore, contestava tale decisione, sostenendo che l’omogeneità dei reati commessi fosse un indicatore sufficiente per provare l’esistenza di un piano unitario.

La Decisione della Cassazione e la valutazione sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha respinto le argomentazioni del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici di legittimità hanno sottolineato come i motivi presentati fossero infondati e, in parte, affetti da un vizio di aspecificità. La decisione si fonda su un’interpretazione consolidata che richiede una prova rigorosa e dettagliata dell’esistenza di un’unica volizione criminosa, non potendosi basare su semplici presunzioni o sulla sola somiglianza tra i reati.

Le Motivazioni della Suprema Corte

L’ordinanza analizza punto per punto i motivi del ricorso, smontandoli sulla base di principi giuridici consolidati.

1. Genericità e Aspecificità del Ricorso

Il primo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile perché si limitava a citare precedenti giurisprudenziali senza articolare una critica specifica e concreta al ragionamento logico seguito dal Tribunale. La Cassazione ricorda che non è sufficiente elencare sentenze favorevoli; è necessario dimostrare come e perché il giudice di merito abbia errato nell’applicare i principi di diritto al caso specifico. Un ricorso così formulato è privo di specificità e non può essere accolto.

2. L’Insufficienza degli Indicatori e il Fattore Tempo

Il secondo e più importante motivo riguardava i criteri per riconoscere la continuazione tra reati. Il ricorrente puntava sull’omogeneità dei reati commessi. La Corte, pur riconoscendo tale omogeneità, ha ribadito che questo è solo uno dei tanti indicatori da valutare. La giurisprudenza (in particolare le Sezioni Unite Gargiulo, n. 28659/2017) richiede una verifica approfondita di elementi concreti come la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini di vita.

In questo caso, l’ampio lasso temporale di oltre quattro anni tra il primo e l’ultimo reato è stato considerato un fattore determinante. In assenza di prove che dimostrino una programmazione iniziale di tutti i reati successivi, è logico concludere che questi siano stati frutto di decisioni estemporanee piuttosto che di un unico disegno originario.

3. L’Irrilevanza di Refusi e Dettagli non Decisivi

Il ricorrente aveva anche evidenziato un errore materiale (refuso) nell’ordinanza impugnata e contestato un riferimento a ‘plurimi periodi di detenzione’. La Corte ha liquidato questi motivi come irrilevanti. Il refuso non incideva sul percorso logico complessivo, poiché altre parti del provvedimento identificavano correttamente la natura predatoria dei reati. Allo stesso modo, il riferimento alla detenzione era solo una frase introduttiva a una citazione giurisprudenziale, non un elemento portante della decisione. Tentare di invalidare un’intera motivazione su dettagli non decisivi è una strategia destinata al fallimento.

Le Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione è un monito importante: per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati non si possono presentare ricorsi generici o basati su un singolo indizio. È onere del richiedente fornire una prospettazione dettagliata e supportata da elementi concreti che dimostri, senza ombra di dubbio, l’esistenza di un’unica programmazione criminosa fin dall’inizio. La sola omogeneità dei delitti e un ampio divario temporale, in assenza di altri elementi, rendono altamente improbabile l’accoglimento della richiesta. La valutazione del giudice, se logicamente motivata, non è sindacabile basandosi su errori materiali o dettagli ininfluenti.

È sufficiente che i reati siano dello stesso tipo (omogenei) per ottenere la continuazione?
No, l’ordinanza chiarisce che la sola omogeneità delle violazioni non è un criterio sufficiente. È necessaria una verifica approfondita di una pluralità di indicatori concreti, come la contiguità spazio-temporale, le modalità della condotta e la prova di un’unica programmazione iniziale.

Un lungo intervallo di tempo tra un reato e l’altro esclude la continuazione?
Non la esclude automaticamente, ma la rende molto più difficile da dimostrare. L’ordinanza sottolinea che una distanza temporale di oltre quattro anni, in assenza di prove che i reati successivi fossero già programmati al momento del primo, rende logica e corretta la decisione del giudice di negare la continuazione.

Un ricorso può essere dichiarato inammissibile se si limita a citare altre sentenze?
Sì. Il provvedimento afferma che un motivo di ricorso che contiene soltanto citazioni giurisprudenziali, senza una critica articolata e specifica applicata al percorso logico della decisione impugnata, è affetto da un vizio di aspecificità che ne determina l’inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati