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Continuazione tra reati: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati diversi, quali associazione a delinquere, tentato omicidio, tentata estorsione e riciclaggio. L’ordinanza sottolinea che per riconoscere l’unicità del disegno criminoso, e quindi la continuazione, è necessaria un’omogeneità tra le condotte e una programmazione iniziale che le comprenda tutte, elementi assenti nel caso di specie a causa della distanza temporale e della diversità dei contesti criminali.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce i limiti

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del diritto penale, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio quando più crimini sono frutto di un’unica programmazione. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione dell’unicità del disegno criminoso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e negando la continuazione per reati considerati eterogenei e temporalmente distanti.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato con quattro sentenze definitive per reati gravi e diversi tra loro. Le condanne riguardavano il tentato omicidio, l’appartenenza a un’associazione criminale, la tentata estorsione continuata e il riciclaggio. La difesa aveva richiesto alla Corte d’Appello di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che tutte le condotte fossero riconducibili a un medesimo disegno criminoso legato all’appartenenza del proprio assistito a un sodalizio criminale. La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta, e contro tale decisione è stato proposto ricorso in Cassazione per vizio di motivazione e violazione di legge.

La Decisione della Cassazione sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando le censure proposte come mere doglianze di fatto, generiche e manifestamente infondate. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la sussistenza di un unico disegno criminoso, fornendo argomentazioni logiche e giuridicamente impeccabili.

L’Eterogeneità dei Reati come Ostacolo alla Continuazione

Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dell’eterogeneità delle condotte delittuose. La Cassazione ha evidenziato come i diversi reati fossero stati commessi in contesti e tempi che ne impedivano la riconduzione a un’unica programmazione iniziale.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato la tesi difensiva analizzando le singole sentenze. In primo luogo, ha sottolineato come la cornice associativa di una delle condanne non fosse collegabile al tentato omicidio oggetto di un’altra sentenza. Quest’ultimo, infatti, si inseriva in un contesto di faida interna a un gruppo autonomo formatosi successivamente, mirato a eliminare un soggetto che aveva aderito a tale nuova fazione. Era quindi implausibile, secondo la Corte, che l’imputato avesse potuto programmare tale specifico delitto al momento del suo ingresso nel sodalizio originario, avvenuto circa dieci anni prima.

Inoltre, il delitto di riciclaggio è stato giudicato ancora più distante dal programma criminale dell’associazione, essendo stato commesso in una zona geografica diversa e in un’epoca successiva alla cessazione dell’affiliazione. Anche i fatti di tentata estorsione sono stati collocati al di fuori del programma delittuoso legato all’appartenenza al sodalizio criminale.
La Corte ha concluso che l’analisi complessiva delle sentenze palesava una chiara eterogeneità delle condotte, rendendo impossibile l’applicazione della continuazione tra reati.

Le Conclusioni

La decisione riafferma un principio cardine: l’unicità del disegno criminoso non può essere presunta, ma deve essere provata attraverso elementi concreti che dimostrino una deliberazione iniziale e unitaria di commettere una serie di reati. La semplice appartenenza a un’associazione criminale non è sufficiente a creare un legame di continuazione con tutti i reati commessi dal soggetto. Quando i delitti sono diversi per natura, distanti nel tempo e maturati in contesti criminali differenti, come una scissione interna, il vincolo della continuazione viene meno. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, per il ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando la separazione delle pene inflitte.

È possibile ottenere la continuazione tra reati di natura molto diversa, come associazione mafiosa e riciclaggio?
No, secondo l’ordinanza, la continuazione è esclusa quando i reati sono eterogenei e mancano di un’unica programmazione iniziale. La Corte ha ritenuto che un delitto di riciclaggio, commesso in un luogo e tempo diverso e dopo la cessazione del vincolo associativo, non potesse rientrare nel medesimo disegno criminoso dell’associazione.

Cosa intende la Corte per ‘disegno criminoso unico’ ai fini della continuazione?
La Corte intende un programma delinquenziale deliberato in anticipo che lega tutte le azioni criminali. Nel caso esaminato, si è escluso che il contributo a un tentato omicidio, avvenuto dieci anni dopo l’ingresso nel sodalizio e in un contesto di faida interna, potesse essere stato programmato fin dall’inizio.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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