Continuazione tra reati: la Cassazione chiarisce i limiti
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un pilastro del diritto penale, consentendo di mitigare il trattamento sanzionatorio quando più crimini sono frutto di un’unica programmazione. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione dell’unicità del disegno criminoso. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e negando la continuazione per reati considerati eterogenei e temporalmente distanti.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato con quattro sentenze definitive per reati gravi e diversi tra loro. Le condanne riguardavano il tentato omicidio, l’appartenenza a un’associazione criminale, la tentata estorsione continuata e il riciclaggio. La difesa aveva richiesto alla Corte d’Appello di unificare le pene sotto il vincolo della continuazione, sostenendo che tutte le condotte fossero riconducibili a un medesimo disegno criminoso legato all’appartenenza del proprio assistito a un sodalizio criminale. La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta, e contro tale decisione è stato proposto ricorso in Cassazione per vizio di motivazione e violazione di legge.
La Decisione della Cassazione sulla continuazione tra reati
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando le censure proposte come mere doglianze di fatto, generiche e manifestamente infondate. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso la sussistenza di un unico disegno criminoso, fornendo argomentazioni logiche e giuridicamente impeccabili.
L’Eterogeneità dei Reati come Ostacolo alla Continuazione
Il fulcro della decisione risiede nell’analisi dell’eterogeneità delle condotte delittuose. La Cassazione ha evidenziato come i diversi reati fossero stati commessi in contesti e tempi che ne impedivano la riconduzione a un’unica programmazione iniziale.
Le Motivazioni
La Corte ha smontato la tesi difensiva analizzando le singole sentenze. In primo luogo, ha sottolineato come la cornice associativa di una delle condanne non fosse collegabile al tentato omicidio oggetto di un’altra sentenza. Quest’ultimo, infatti, si inseriva in un contesto di faida interna a un gruppo autonomo formatosi successivamente, mirato a eliminare un soggetto che aveva aderito a tale nuova fazione. Era quindi implausibile, secondo la Corte, che l’imputato avesse potuto programmare tale specifico delitto al momento del suo ingresso nel sodalizio originario, avvenuto circa dieci anni prima.
Inoltre, il delitto di riciclaggio è stato giudicato ancora più distante dal programma criminale dell’associazione, essendo stato commesso in una zona geografica diversa e in un’epoca successiva alla cessazione dell’affiliazione. Anche i fatti di tentata estorsione sono stati collocati al di fuori del programma delittuoso legato all’appartenenza al sodalizio criminale.
La Corte ha concluso che l’analisi complessiva delle sentenze palesava una chiara eterogeneità delle condotte, rendendo impossibile l’applicazione della continuazione tra reati.
Le Conclusioni
La decisione riafferma un principio cardine: l’unicità del disegno criminoso non può essere presunta, ma deve essere provata attraverso elementi concreti che dimostrino una deliberazione iniziale e unitaria di commettere una serie di reati. La semplice appartenenza a un’associazione criminale non è sufficiente a creare un legame di continuazione con tutti i reati commessi dal soggetto. Quando i delitti sono diversi per natura, distanti nel tempo e maturati in contesti criminali differenti, come una scissione interna, il vincolo della continuazione viene meno. L’inammissibilità del ricorso ha comportato, per il ricorrente, la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando la separazione delle pene inflitte.
È possibile ottenere la continuazione tra reati di natura molto diversa, come associazione mafiosa e riciclaggio?
No, secondo l’ordinanza, la continuazione è esclusa quando i reati sono eterogenei e mancano di un’unica programmazione iniziale. La Corte ha ritenuto che un delitto di riciclaggio, commesso in un luogo e tempo diverso e dopo la cessazione del vincolo associativo, non potesse rientrare nel medesimo disegno criminoso dell’associazione.
Cosa intende la Corte per ‘disegno criminoso unico’ ai fini della continuazione?
La Corte intende un programma delinquenziale deliberato in anticipo che lega tutte le azioni criminali. Nel caso esaminato, si è escluso che il contributo a un tentato omicidio, avvenuto dieci anni dopo l’ingresso nel sodalizio e in un contesto di faida interna, potesse essere stato programmato fin dall’inizio.
Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile?
Come stabilito nel provvedimento, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, in questo caso quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18036 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18036 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a TRENTOLA COGNOME il 03/02/1972
avverso l’ordinanza del 16/01/2025 della CORTE ASSISE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Rilevato che sono inammissibili le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME – nel quale il difensore si duole del vizio di motivazione e della violazione di legge, lamentando che l’ordinanza emessa nei confronti del suddetto ha trascurato gli indici rivelatori dell’unicità del disegno criminoso a fondamento delle condotte delittuose poste in essere – perché costituite da mere doglianze in punto di fatto, altresì generiche e manifestamente infondate.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di assise di appello di Napoli nel provvedimento impugnato. In esso, invero, si evidenzia, con riguardo alla richiesta continuazione, relativa ai reati di cui a quattro sentenze esecutive, che: – l’analisi delle sentenze palesa la eterogeneità delle condotte delittuose poste in essere; – invero, la cornice associativa accertata dalla sentenza sub 2) non è rapportabile al tentato omicidio in danno di NOME COGNOME per il quale il ricorrente è stato condannato con la sentenza sub 1); – oltre alla distanza temporale dei fatti, è significativa la formazione di un gruppo autonomo sul territorio facente capo a NOME COGNOME che decideva di non versare i profitti estorsivi nella cassa comune del clan, motivo per cui si deliberava una rappresaglia eliminando chi aveva aderito a tale formazione o persone a lui vicino, tra cui NOME COGNOME COGNOME; – non vi sono elementi per ritenere che COGNOME avesse potuto programmare il suo contributo al tentato omicidio di NOME COGNOME al momento del suo ingresso nel sodalizio avvenuto circa dieci anni prima; – il delitto di riciclaggio di cui alla sentenza sub 4 appare ancora più lontano dal programma criminale del sodalizio, essendo stato commesso in zona lontana e diversa da quella del clan dei casalesi e in epoca successiva alla cessazione della affiliazione; – i fatti di cui alla sentenza sub 3), relati ad un tentativo di estorsione continuato, si collocano al di fuori del programma delittuoso imperniato sull’appartenenza del ricorrente al sodalizio criminale; – invero, nessuna delle altre tre sentenze riguarda fatti estorsivi e, inoltre, i fatti si colloc ancora una volta dopo la cessazione della condotta associativa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
(V GLYPH eka- GLYPH ” · t-YR° ” Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammis;il;lrc:n conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2025.