Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29855 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29855 Anno 2025
Presidente: COGNOME Relatore: COGNOME
Data Udienza: 31/01/2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 185 PU – 31/01/2025 R.G.N. 32064/2024
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso di COGNOME NOMECOGNOME nato a Palermo il 04/08/1975, avverso la sentenza in data 13/03/2024 della Corte di appello di Palermo, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 13 marzo 2024 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza in data 14 marzo 2022 del Tribunale di Palermo che aveva condannato NOME COGNOME alle pene di legge per il reato dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990.
Il ricorrente eccepisce il vizio di motivazione in relazione all’applicazione della recidiva (primo motivo) e al diniego della continuazione esterna (secondo motivo).
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso Ł fondato.
COGNOME Ł stato condannato in primo grado alla pena di mesi 9 di reclusione ed euro 3.000 di multa per la cessione di un involucro di hashish con un principio attivo di mg 62,5 THC. Nel motivare il trattamento sanzionatorio, il Giudice ha affermato di escludere le generiche e di applicare la recidiva. La Corte di appello, adita specificamente sul punto, ha interpretato il dispositivo nel senso che la recidiva, che non era stata espressamente menzionata, era stata implicitamente esclusa. L’asserto Ł errato perchØ, nel silenzio del
dispositivo, non Ł possibile ritenere l’esclusione della recidiva, a dispetto della pena irrogata pari a mesi 9 di reclusione ed euro 3.000 di multa, motivata solo con il riferimento ai criteri dell’art. 133 cod. pen., e a dispetto dell’espressa indicazione dell’applicazione della recidiva.
Pertanto, si registra un’omessa motivazione della sentenza impugnata sulla questione della recidiva che impone l’annullamento con rinvio in accoglimento del primo motivo di ricorso.
E’ fondato anche il secondo motivo di ricorso relativo all’ingiustificato diniego della continuazione tra il fatto oggetto del presente procedimento e quello giudicato con la sentenza pronunciata in data 27 gennaio 2016 del Tribunale di Palermo, irrevocabile l’8 settembre 2018, consistente in un diverso episodio di cessione commesso a distanza di pochi giorni. La Corte di appello ha negato la continuazione perchØ l’interessato non aveva prodotto la copia conforme della sentenza irrevocabile relativa al reato da mettere in continuazione. La tesi poggia su un orientamento giurisprudenziale che fa leva sul principio di speditezza della fase della cognizione per cui non Ł possibile applicare estensivamente l’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. relativo all’obbligo da parte del giudice dell’esecuzione di acquisire d’ufficio le sentenze da valutare ai fini della continuazione (Sez. 2, n. 7132 del 11/01/2024, COGNOME, Rv. 285991 – 01; Sez. 5, n. 10661 del 23/01/2023, Rv. 284291 – 01; Sez. 3, n. 41063 del 25/06/2019, COGNOME, Rv. 277977 – 01; Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Lipari, Rv. 274808 – 02; Sez. 6, n. 51689 del 13/10/2017, COGNOME, Rv. 271581 – 01; Sez. 5, n. 9277 del 17/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262817 – 01; Sez. 5, n. 2795 del 22/10/2014, dep. 2015, COGNOME; Sez. 2, n. 9275 del 14/02/2014, COGNOME, Rv. 259069 01; Sez. 5, n. Sez. 2, n. 35600 del 12/06/2012 – dep. 18/09/2012, COGNOME e altro, Rv. 253895; Sez. 5, n. 12789 del 19/02/2010 – dep. 01/04/2010, COGNOME, Rv. 246900). Nel senso opposto della possibilità di estendere l’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. alla fase della cognizione, si vedano invece le sentenze Sez. 3, n. 39850 del 27/03/2014, COGNOME Rv. 261359 – 01; Sez. 5, n. 37337 del 29/04/2011, COGNOME; Sez. 5, n. 9180 del 29/01/2007, COGNOME, Rv. 236261-01; Sez. 6, n. 2934 del 24/11/1999, dep. 2000, COGNOME, Rv. 217107 – 01).
Si osserva che già nel 2010 il contrasto sul punto delle Sezioni semplici era stato portato all’attenzione delle Sezioni Unite che nella sentenza n. 35399 del 24/06/2010, F., non aveva potuto esaminare la questione perchØ assorbita dall’accoglimento di altro motivo. Tuttavia, nel riassumere l’ordinanza di rimessione aveva riportato che l’orientamento prevalente era nel senso che, ai fini del riconoscimento della continuazione in sede di giudizio di cognizione, costituiva un vero e proprio onere della prova a carico dell’imputato l’allegazione degli specifici elementi dai quali desumere l’unicità del disegno criminoso, non essendo invero applicabile in sede di cognizione l’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. La questione era stata affrontata sotto il vecchio codice di rito nel quale mancava un referente normativo analogo all’art. 186 disp. att. cod. proc. pen. ma era stata risolta dalle Sezioni Unite affermando che all’imputato che invocava l’applicazione della continuazione in relazione ad altri reati, oggetto di altri procedimenti, incombeva l’onere della allegazione, il quale non era soddisfatto con la mera indicazione dei procedimenti, nei quali erano state pronunziate le sentenze, o degli estremi delle sentenze stesse, ma soltanto con la specifica allegazione, oltre che dei procedimenti, anche dei reati e degli elementi obiettivi e subiettivi, in base ai quali potesse desumersi l’unicità del disegno criminoso.
Nella citata sentenza COGNOME questa Sezione, premesso che la questione doveva essere risolta caso per caso avuto riguardo alla verifica in concreto del rispetto delle regole di distribuzione sia degli oneri di allegazione che degli oneri di prova, ha motivatamente preso le distanze dall’orientamento prevalente, osservando che non vi era alcuna solida
Nel precedente della citata sentenza COGNOME (Sez. 2, n. 35600 del 12/06/2012 dep. 18/09/2012, Rv. 253895), la Corte aveva affermato che la regola dell’art. 186 disp. att. cod. proc. civ. non era applicabile al giudizio di cognizione, perchØ all’onere di indicazione e allegazione delle sentenze si aggiungeva quello della indicazione degli elementi induttivi della preesistenza dell’unicità del disegno criminoso che includeva, nelle sue linee essenziali, i singoli episodi e aveva ritenuto che non bastava quindi neanche l’estratto di
sentenza irrevocabile. Tale principio era stato ripreso dalla citata sentenza COGNOME (Sez. 2, n. 9275 del 14/02/2014, COGNOME, Rv. 259069 – 01) secondo cui la positiva previsione di tale disposizione derogatoria – che si giustifica, come puntualizzano le Osservazioni al Progetto preliminare delle norme di attuazione, in funzione degli ampi poteri officiosi riservati al giudice della esecuzione a norma dell’art. 185 delle stesse disposizioni di attuazione – esclude che in sede di cognizione l’imputato sia esentato dalla ordinaria regola per la quale richieste fondate su elementi non presenti agli atti del processo possano essere delibate in assenza del relativo onere di allegazione; giacchØ, ove così non fosse, si finirebbe per devolvere al giudice un compito “istruttorio” non previsto dalla legge e con correlativo vulnus per la celerità del rito.
A ben vedere e come già evidenziato dalla sentenza COGNOME, la diversità delle soluzioni giurisprudenziali dipende per lo piø dal caso concreto. E’ certo che il giudice della cognizione decide sulla base dell’allegazione completa di tutti gli elementi di giudizio utili alla configurazione del medesimo disegno criminoso, potendo esercitare solo in questo caso i suoi poteri officiosi. Nel giudizio di appello l’allegazione Ł strettamente correlata alla natura devolutiva e a critica vincolata del mezzo di impugnazione per cui l’allegazione deve essere agganciata allo specifico motivo di doglianza. Tuttavia, non Ł infrequente, e questo Ł il caso, che la richiesta di continuazione venga formulata per la prima volta nel giudizio di appello, per cui, a fronte dell’allegazione degli elementi di giudizio utili ai fini della configurazione del medesimo disegno criminoso, il giudice deve, innanzi tutto, verificare la completezza di tale allegazione e poi valutarne nel merito l’idoneità. Se l’allegazione dei fatti Ł completa, non vi Ł nessuno ostacolo normativo all’esercizio dei poteri officiosi, come spiegato nella sentenza COGNOME a proposito delle diverse prospettive del giudice della cognizione e del giudice dell’esecuzione, nØ vi Ł piø l’ostacolo pratico dell’acquisizione delle sentenze perchØ, in seguito all’evoluzione tecnologica, sono tutte di immediata reperibilità. E’ venuto meno quindi quello che era il principale (se non l’esclusivo) motivo della tesi rigorista e cioŁ evitare rallentamenti della procedura in violazione del principio della celerità del processo.
La Corte territoriale ha negato la continuazione anche sulla base dell’ulteriore argomento, attinente all’assenza del disegno criminoso, nonostante i fatti di piccolo spaccio fossero coevi. L’argomento integra una motivazione apparente perchØ non si confronta con il contenuto della sentenza. Il riconoscimento della continuazione presuppone un’approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U., n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074 – 01, secondo cui il principio di diritto Ł valevole sia nella fase della cognizione che nella fase dell’esecuzione). Certamente, in tema di applicazione della continuazione, l’identità del disegno criminoso, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, comma secondo, cod. pen., postula un programma di condotte illecite previamente ideato e voluto, e non si identifica con la semplice estrinsecazione di un genere di vita incline al reato (tra le piø recenti, Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep. 2023, Rv. 284420 – 01), ma al contempo si Ł ritenuto che la detenzione in carcere o altra misura limitativa della libertà personale, subita dal condannato tra i reati separatamente giudicati, non Ł di per sØ idonea ad escludere l’identità del disegno criminoso e non esime, pertanto, il giudice dalla verifica in concreto di quegli elementi, quali, nella specie, con riferimento a fatti di GLYPHpiccolo GLYPHspaccio in strada, l’identità delle violazioni, la
medesimezza del contesto spaziale e delle modalità operative, la limitata durata della privazione della libertà personale ed il breve intervallo temporale tra le condotte, in grado di rivelare la preordinazione di fondo che unisce le singole violazioni (tra le piø recenti, Sez. 1, n. 37832 del 05/04/2019, COGNOME, Rv. 276842 – 01).
Alla luce delle considerazioni svolte s’impone l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
P.Q.M.
Così deciso, il 31 gennaio 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME