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Continuazione tra reati: omissione e rinvio

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza del GIP di Bologna in materia di continuazione tra reati. Il giudice di merito aveva omesso di valutare alcuni reati oggetto dell’istanza, senza fornire alcuna motivazione. La Corte ha rinviato il caso per un nuovo esame, sottolineando anche un errore nel calcolo della pena complessiva.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: la Cassazione annulla per omessa motivazione

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sez. 1 Penale, n. 2865 del 2024, offre un importante chiarimento sui doveri del giudice dell’esecuzione nell’applicare l’istituto della continuazione tra reati. Questo principio giuridico è fondamentale poiché permette di considerare più reati, commessi in attuazione di un medesimo disegno criminoso, come un’unica entità ai fini della pena, con un risultato generalmente più favorevole per il condannato. Il caso in esame dimostra come un’omissione nella motivazione possa invalidare completamente una decisione giudiziaria.

Il caso in esame: un’applicazione parziale della continuazione tra reati

Il Giudice per le indagini preliminari (GIP) del Tribunale di Bologna, in funzione di giudice dell’esecuzione, era stato chiamato a decidere sulla richiesta di un condannato di applicare la disciplina della continuazione a sette diverse sentenze. Il GIP aveva accolto parzialmente l’istanza, riconoscendo il vincolo della continuazione solo per alcuni dei reati, suddivisi in due gruppi distinti. Tuttavia, il giudice aveva completamente ignorato i reati oggetto di altre due sentenze, omettendo di fornire qualsiasi spiegazione in merito a tale esclusione. Di conseguenza, aveva rideterminato la pena in 4 anni e 10 giorni di reclusione, oltre a una multa.

I motivi del ricorso e l’accoglimento della Corte

L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando la “mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione”. Il motivo era chiaro: il giudice dell’esecuzione non si era minimamente espresso sui reati giudicati con due delle sentenze indicate nell’istanza, lasciando una lacuna motivazionale incolmabile.
La Procura Generale presso la Corte di Cassazione ha condiviso questa linea, chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza. La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso fondato, confermando che l’omissione del GIP costituiva un vizio grave del provvedimento.

L’errore di calcolo e l’importanza di una corretta valutazione sulla continuazione tra reati

Oltre al vizio di motivazione, la Corte di Cassazione ha evidenziato un palese errore aritmetico nel calcolo della pena finale. Sommando correttamente le pene dei due gruppi di reati per cui era stata riconosciuta la continuazione, la pena complessiva sarebbe dovuta essere di 3 anni, 6 mesi e 10 giorni, e non di 4 anni e 10 giorni come erroneamente stabilito dal GIP. Questo dettaglio, sebbene secondario rispetto all’omissione motivazionale, sottolinea l’importanza di un’analisi accurata in una fase così delicata come quella dell’esecuzione della pena. La corretta applicazione della continuazione tra reati non è solo un atto formale, ma incide direttamente sulla libertà personale del condannato.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte ha stabilito che il provvedimento impugnato doveva essere annullato perché il giudice dell’esecuzione aveva il dovere di esaminare l’intera richiesta presentata. Omettendo di considerare alcuni dei reati senza fornire alcuna spiegazione, il giudice ha violato l’obbligo di motivazione. La decisione di escludere alcuni reati dal vincolo della continuazione deve essere supportata da ragioni logico-giuridiche esplicite, che consentano un controllo sulla correttezza del ragionamento seguito. In assenza di ciò, l’ordinanza risulta illegittima.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza e ha rinviato il caso al GIP del Tribunale di Bologna, in persona di un diverso magistrato, per un nuovo giudizio. Il nuovo giudice dovrà colmare la lacuna motivazionale, rivalutando l’istanza originaria nella sua interezza e considerando anche i reati precedentemente pretermessi. Dovrà inoltre correggere l’errore di calcolo della pena. Questa sentenza ribadisce un principio cardine del nostro ordinamento: ogni decisione giudiziaria, specialmente se restrittiva della libertà personale, deve essere sorretta da una motivazione completa, chiara e logicamente coerente.

Un giudice può ignorare una parte della richiesta di applicazione della continuazione tra reati?
No. La sentenza stabilisce che il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di prendere in considerazione tutti i reati indicati nell’istanza e deve fornire una specifica motivazione qualora decida di escluderne alcuni dall’applicazione della continuazione.

Cosa succede se un giudice commette un errore di calcolo nel determinare la pena finale?
La Corte di Cassazione può rilevare l’errore. In questo caso, ha segnalato un palese errore aritmetico e ha indicato che il giudice del rinvio, nel riesaminare il caso, dovrà anche correggere tale errore per calcolare la pena in modo corretto.

Qual è la conseguenza di un’ordinanza con una motivazione omessa o incompleta?
Un’ordinanza priva di motivazione su punti essenziali dell’istanza è viziata. Come deciso in questo caso, la conseguenza è l’annullamento del provvedimento con rinvio a un nuovo giudice, che dovrà riesaminare l’intera questione e colmare la lacuna motivazionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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