Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31206 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31206 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PIEDIMONTE ETNEO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/03/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo del suo difensore AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro l’ordinanza con cui la Corte di appello di Catania, in data 29 marzo 2024, ha respinto la sua richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra i reati di omicidio ed altro commessi in danno di NOME COGNOME il 23/01/2013 e quello di associazione mafiosa commesso dal giugno 2002 al novembre 2013, rilevando che i giudici di merito avevano escluso che quell’omicidio fosse stato commesso al fine di agevolare l’associazione mafiosa o costituisse un reato-fine di questa, in quanto trovava motivazione nella reazione contro un furto commesso dalla vittima in danno di un familiare del COGNOME, non appartenente ad alcuna compagine mafiosa, e ritenendo non provato che esso fosse stato programmato sin dall’ingresso dell’istante nell’associazione stessa, risalente al 2002;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio dell motivazione, non avendo l’ordinanza tenuto conto del fatto che l’omicidio a danno del COGNOME fu originariamente contestato come aggravato ai sensi dell’art. 7 d.l. n. 152/1991, e che esso è stato commesso in danno di un soggetto già condanNOME quale appartenente ad un diverso clan mafioso, la cui uccisione aveva anche la finalità di affermare il prestigio e il controllo del territorio parte del clan COGNOME, a cui apparteneva il COGNOME;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto l’ordinanza impugnata ha correttamente distinto la continuazione, quale programmazione unitaria e originaria, almeno generica, dei vari reati, dalla mera concomitanza temporale degli stessi, ed ha escluso la sussistenza di una unicità di disegno criminoso quando il reato commesso da un appartenente ad una associazione mafiosa non rientri nella originaria programmazione dell’attività della stessa, ma sia dettato da contingenze occasionali, come, nel presente caso, la decisione di commettere un omicidio solo per reazione e ritorsione contro condotte tenute in danno di una persona estranea all’associazione;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile anche perché non si confronta con l’ordinanza, che ha escluso che l’omicidio del COGNOME costituisse un reato-fine dell’associazione e fosse finalizzato a rafforzarne il prestigio, sulla base delle motivazioni delle sentenze di merito, non potendo il giudice dell’esecuzione scardinare il giudicato e valutare i fatti in modo diverso da quanto ritenuto dai giudici della cognizione;
ritenuto che debba ribadirsi il principio’ stabilito da questa Corte, secondo cui «Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea» (Sez. U, n : 28659 del 18/05/2017, Rv. 270074);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 01 luglio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Pre dente