Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 4885 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 4885 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/03/2023 del TRIBUNALE di PARMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/sei:gite le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza del 24 marzo 2023 del Tribunale di Parma che, quale giudice dell’esecuzione, ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta di applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., con riguardo:
al reato di associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen., commesso dal 1998 con condotta perdurante fino alla sentenza di primo grado, riunito dal vincolo della continuazione con i reati sub 2 e giudicato dalla Corte di appello di Napoli con sentenza del 16 giugno 2004, definitiva il 13 aprile 2005;
ai reati di associazione di tipo mafioso e esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa aggravato dall’agevolazione mafiosa, ai sensi degli artt. 416-bis cod. pen., 4 legge 13 dicembre 1989, n. 401 e 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152 (convertito, con modifiche, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203), commessi fino a febbraio 1994, giudicati dalla Corte di appello di Napoli con sentenza del 19 gennaio 2001, definitiva in data 1 ottobre 2001;
al reato di omicidio, ai sensi dell’art. 575 cod. pen., commesso tra il 2 e il 3 settembre 1984, giudicato dalla Corte di assise di appello di Napoli con sentenza del 7 novembre 2005, definitiva il 29 gennaio 2009;
al reato di associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen., commesso nel mese di giugno 1985, giudicato dalla Corte di appello di Napoli con sentenza dell’8 ottobre 1993, definitiva il 26 aprile 1994;
al reato di associazione di tipo mafioso, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen., commesso fino al 2010 in Napoli, a più reati di estorsione aggravata, ai sensi degli artt. 629, secondo comma, cod. pen., commessi tra il 2000 e il 2001 e da maggio 2007 con condotta perdurante fino alla sentenza di primo grado, e al reato di falsità materiale commessa dal privato in certificati o autorizzazioni amministrative, ai sensi degli artt. 477 e 482 cod. pen., commessi il 10 agosto 2008 in Napoli e altrove, giudicati dalla Corte di appello di Napoli con sentenza del 15 giungo 2017, definitiva l’11 dicembre 2018, che ha riconosciuto il vincolo della continuazione con i reati sub 1, 2 e 4 e con il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità, ai sensi dell’art. 650 cod. pen., commesso il 5 febbraio 2014, di cui alla sentenza del Tribunale di Parma dell’il aprile 2019, definitiva i 25 settembre 2019.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che una medesima istanza era stata rigettata dal precedente giudice dell’esecuzione, con un provvedimento oggetto di
ricorso per cassazione non accolto poi dalla Corte di legittimità con sentenza del 22 marzo 2011.
Il ricorrente articola due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, denuncia vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata, perché il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di valutare i nuovi elementi forniti dalla difesa, rispetto a quelli in forza dei quali era stata adott la precedente decisione in materia.
In particolare, il giudice dell’esecuzione non avrebbe considerato che la precedente ordinanza aveva avuto a oggetto solo i reati sub 3 e 4, mentre la richiesta in esame ha ad oggetto i reati 1, 2, 4 e 7 (già riuniti tra loro dal vincolo della continuazione) e il reato di omicidio sub 3; così facendo, il giudice dell’esecuzione avrebbe omesso di analizzare gli elementi evidenziati dalla difesa e contenuti nelle “nuove” sentenze di condanna allegate, dalla lettura delle quali si evinceva la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto dell’applicazione della legge penale, e inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento agli artt. 178, comma 1, lett. b) e c), 666, commi 2 e 5, cod. proc. pen., e 111, secondo comma, Cost., perché il giudice dell’esecuzione avrebbe dichiarato l’inammissibilità dell’istanza in violazione del contraddittorio, posto che lo stesso aveva acquisito il procedente provvedimento del giudice dell’esecuzione dopo l’udienza camerale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
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Il ricorso deve essere accolto per la fondatezza del Or r trr ) ci motivo, che ha carattere assorbente rispetto alle ulteriori questioni prospettate.
L’ordinanza del precedente giudice dell’esecuzione abbraccia le condotte contestate nel delitto associativo, poste in essere fino all’anno 1994, mentre l’istanza al nuovo giudice dell’esecuzione riguarda condotte delittuose svoltesi in un lasso di tempo più ampio, sicché il COGNOME era legittimato a presentare una nuova istanza in sede di esecuzione.
In definitiva, il petitum della nuova istanza è diverso da quello precedente, con la conseguenza che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto valutare nel merito la eventuale fondatezza della stessa e non poteva dichiararla inammissibile, non essendovi la preclusione dichiarata nel provvedimento impugnato.
All’accoglimento del ricorso consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Tribunale di Parma per un nuovo giudizio in diversa composizione fisica, per rinnovato esame della richiesta, in ossequio ai principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 183 del 03/07/2013, sulla diversa composizione del giudice di rinvio, in caso di annullamento di ordinanze in materia di applicazione della disciplina della continuazione in sede esecutiva.
P . Q . M .
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Parma. Così deciso il 27/10/2023