Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44015 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44015 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 27/04/1973
avverso l’ordinanza del 12/07/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 22 luglio 2024 la Corte d’appello di Venezia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di Aurei Andronic di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
sentenza del 25 giugno 2019 del Tribunale di Bucarest, riconosciuta in Italia con sentenza della Corte d’appello di Venezia del 17 maggio 2021, che ha individuato nei fatti contestati al condannato i reati di cui agli artt. 2 e 4 d. Igs. 1 marzo 2000, n. 74;
aentenza del 24 giugno 2022 del Tribunalè di Bucarest, riconosciuta in Italia con sentenza della Corte d’appello di Venezia del 5 marzo 2024, che ha individuato
nei fatti contestati al condannato i reati di cui agli artt. 2 e 4 d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74.
In particolare, nel respingere l’istanza, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto non vi fossero elementi che potessero deporre per la programmazione unitaria dei reati, evidenziando, in particolare, che gli stessi erano stati commessi a distanza di tempo l’uno dall’altro, quale amministratore di fatto di società diverse, ed insieme a correi di volta in volta diversi; inoltre, tra gli episodi oggetto della prima sentenza e quelli oggetto della seconda sentenza vi erano stati il controllo del 4 ottobre 2012 degli agenti dell’Ispettorato generale della polizia rumena che avevano effettuato un inventario delle merci di una delle società di cui era amministratore di fatto il ricorrente, nonché la circostanza che il testimone NOME COGNOME aveva dichiarato di essere stato minacciato dall’imputato tra il 10 ed il 15 ottobre 2012 al fine di tacere alla polizia circostanze relative alle accuse contro gli imputati; questi due fatti, avvenuti entrambi ad ottobre del 2012, hanno segnato uno spartiacque tra le prime condotte delittuose, avvenute fra il 2010 e il 2012, e le seconde, avvenute tra il 2014 e del 2017.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con unico motivo in cui deduce violazione di legge e vizio di motivazione per essere stata respinta l’istanza nonostante che la programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dalla circostanza che si tratta di reati identici (evasioni fiscali), commessi mediante condotte identiche (l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti), in modo professionale e senza soluzione di continuità; la esistenza di una crasi temporale tra gli episodi della prima sentenza e quelli della seconda sentenza è stata determinata soltanto dalla circostanza che il 13 novembre 2012 l’imputato è stato arrestato e che nello stesso periodo egli ha subito un controllo tributario effettuato dalla polizia rumena; appena scarcerato, infatti, l’imputato ha ripreso a commettere gli stessi reati.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria scritta il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME ha insistito per l’accoglimento del ricorso, chiedendo anche, in caso di accoglimento della doglianza promossa dal ricorrente, che la Corte voglia disporre che l’aumento in continuazione della pena inflitta all’Andronic sia proporzionato alla gravità del reato contestatogli.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
La giurisprudenza di legittimità ha ricordato più volte che nel sistema processuale vigente non è possibile applicare l’istituto della continuazione, di cui all’art. 81 cod. pen., alla pena inflitta in una sentenza penale straniera riconosciuta ai sensi dell’art. 12 cod. pen. (Sez. 5, Sentenza n. 48059 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 277650; Sez. 5, n. 8365 del 26/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259035; Sez. 1, n. 44604 del 24/10/2011, COGNOME, Rv. 251477).
Infatti, l’art. 12, comma 1, cod. pen. non riporta l’istituto della continuazione tra le finalità per le quali è possibile il riconoscimento nel territorio dello Stato dell sentenza penale emessa da una autorità giudiziaria estera.
Già la giurisprudenza risalente aveva sostenuto, in relazione al riconoscimento delle sentenze straniere sulla base della Convenzione di Strasburgo sul trasferimento delle persone condannate, adottata il 21 marzo 1983, che è preclusa al giudice l’applicazione dell’istituto della continuazione, non potendo ritenersi operante per analogia il disposto dell’art. 671 cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 3597 del 15/11/1993, COGNOME, Rv. 197023).
La giurisprudenza più recente ha anche aggiunto che l’entrata in vigore del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, che ha dato attuazione alla decisione quadro 2008/909/GAI sull’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea, non ha innovato sul punto il sistema processuale.
Infatti, la possibilità di applicare l’art. 81 cod. pen. rimane estranea ai criteri fissati per il riconoscimento della sentenza di condanna, in quanto il giudice italiano è vincolato nel caso di trasmissione dall’estero a rispettare la durata e la natura della pena stabilita dallo Stato di condanna (Sez. 6, n. 52235 del 10/11/2017, COGNOME, in motivazione), salvo il caso della incompatibilità della stessa con la legge italiana, nel quale è consentito un circoscritto potere di adattamento (cfr. art. 10, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 161 del 2010: “se la durata e la natura della pena o della misura di sicurezza applicate con la sentenza di condanna sono incompatibili con quelle previste in Italia per reati simili, la corte di appello procede al loro adattamento”).
Ancora più di recente, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il sistema processuale non ha subito cambiamenti neanche per effetto dell’entrata in vigore del d.lgs. 12 maggio 2016, n. 73, recante attuazione della decisione quadro 2008/675/GAI, relativa alla considerazione delle decisioni di ‘condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, in quanto il decreto attuativo della decisione quadro nulla ha innovato in ordine alle finalità per le quali è consentita la valutazione della sentenza straniera,
limitandosi a reiterare le indicazioni dell’art. 12 citato ed ad estendere la possibilità di detta valutazione alle sentenze di condanna non riconosciute, purché oggetto di informazioni nell’ambito delle procedure comunitarie di assistenza giudiziaria (v. Sez. 5, Sentenza n. 48059 del 02/10/2019, COGNOME, in motivazione).
In definitiva, il condannato ha chiesto al giudice dell’esecuzione l’esercizio di un potere non consentito dalla legge processuale.
Ne consegue che l’ordinanza impugnata resiste alle censure che le sono state rivolte, e che il ricorso deve essere ritenuto infondato.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7 novembre 2024.