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Continuazione tra reati: non si applica a sentenze estere

La Cassazione ha respinto il ricorso di un condannato che chiedeva la continuazione tra reati per due sentenze rumene. La Corte ha stabilito che l’istituto della continuazione non è applicabile alle sentenze estere riconosciute in Italia, in quanto non rientra tra le finalità previste dalla legge.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati e Sentenze Straniere: La Cassazione Mette un Punto Fermo

L’applicazione della continuazione tra reati è un istituto fondamentale del nostro diritto penale, ma i suoi confini possono diventare incerti quando si ha a che fare con sentenze emesse all’estero. Con la sentenza n. 44015/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: questo beneficio non può essere esteso alle condanne penali straniere riconosciute in Italia. Analizziamo insieme il caso e le ragioni di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Due Condanne per Reati Fiscali

Un cittadino era stato condannato con due distinte sentenze dal Tribunale di Bucarest per reati fiscali, equivalenti nel nostro ordinamento all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Entrambe le sentenze erano state successivamente riconosciute in Italia dalla Corte d’Appello di Venezia.

L’interessato, tramite il suo legale, si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di applicare la disciplina della continuazione tra reati. Sosteneva che i crimini, sebbene giudicati separatamente, fossero in realtà frutto di un unico disegno criminoso, commessi con modalità identiche e interrotti solo dal suo arresto temporaneo. Se accolta, questa richiesta avrebbe portato a un ricalcolo della pena complessiva in senso più favorevole.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

La Corte d’Appello di Venezia aveva respinto l’istanza. Secondo i giudici, mancavano gli elementi per dimostrare una programmazione unitaria. I reati erano stati commessi a distanza di tempo, in qualità di amministratore di società diverse e con complici differenti. Inoltre, un controllo di polizia e delle minacce a un testimone, avvenuti nell’ottobre 2012, segnavano una netta separazione tra i fatti del primo periodo (2010-2012) e quelli del secondo (2014-2017).

Insoddisfatto, il condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la continuità dell’azione criminale fosse evidente e che la pausa fosse stata forzata dal suo arresto.

Il Principio di Diritto sulla Continuazione tra Reati Esteri

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, basando la sua decisione non sull’analisi dei fatti, ma su un consolidato principio di diritto. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che nel nostro sistema processuale non è possibile applicare l’istituto della continuazione tra reati (art. 81 cod. pen.) a una pena inflitta con una sentenza penale straniera, anche se regolarmente riconosciuta in Italia.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La motivazione della Cassazione è chiara e si fonda su una rigorosa interpretazione della legge. L’art. 12 del codice penale elenca tassativamente le finalità per cui una sentenza straniera può essere riconosciuta in Italia. Tra queste finalità non figura l’applicazione di istituti che modificano la struttura della pena, come la continuazione. Il giudice italiano, nel riconoscere una sentenza estera, non ha il potere di ricalcolare la sanzione come se i reati fossero stati giudicati originariamente in Italia.

La Corte ha sottolineato che questo principio non è stato scalfito nemmeno dalle recenti normative europee sul reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie (come il d.lgs. 161/2010). Sebbene queste norme facilitino l’esecuzione delle pene all’interno dell’Unione Europea, vincolano il giudice dello Stato di esecuzione a rispettare la natura e la durata della pena stabilita dallo Stato di condanna. Un potere di “adattamento” è previsto solo in casi eccezionali di incompatibilità della pena con l’ordinamento italiano, ma non consente una rivalutazione complessiva come quella richiesta per la continuazione.

Le Conclusioni: Limiti al Potere del Giudice Italiano

In definitiva, la Cassazione ha stabilito che il condannato aveva chiesto al giudice dell’esecuzione di esercitare un potere non previsto dalla legge. Il giudice italiano, quando riconosce una sentenza straniera, non può applicare istituti come la continuazione tra reati per mitigare la pena. La sua funzione è limitata a dare effetto alla decisione estera per gli scopi specifici previsti dalla normativa. La sentenza impugnata era dunque corretta e il ricorso è stato respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

È possibile applicare la continuazione tra reati a una sentenza penale emessa da un tribunale straniero e riconosciuta in Italia?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’istituto della continuazione non rientra tra le finalità per cui è possibile riconoscere una sentenza penale straniera in Italia, ai sensi dell’art. 12 del codice penale.

Il giudice italiano può modificare la pena di una sentenza straniera quando la riconosce?
Il potere del giudice italiano è molto limitato. Può procedere a un adattamento della durata e della natura della pena solo se queste sono incompatibili con la legge italiana per reati simili, ma non può applicare istituti come la continuazione per ricalcolare la pena.

Le recenti normative europee sul reciproco riconoscimento delle sentenze hanno cambiato le regole sulla continuazione?
No. Secondo la sentenza, né il d.lgs. 161/2010 né il d.lgs. 73/2016 hanno innovato il sistema processuale su questo punto, lasciando inalterato il principio che esclude l’applicazione della continuazione a sentenze straniere.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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