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Continuazione tra reati: non è ne bis in idem

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che dichiarava inammissibile un’istanza di applicazione della continuazione tra reati. La Corte ha chiarito che una precedente richiesta basata sul principio del ‘ne bis in idem’, anche se relativa alle stesse sentenze, non preclude la possibilità di presentare una successiva e distinta istanza per il riconoscimento della continuazione tra reati, poiché i due istituti giuridici sono differenti. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una nuova valutazione nel merito.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati e Ne Bis in Idem: La Cassazione Fa Chiarezza

Nel complesso panorama del diritto penale, la distinzione tra istituti apparentemente simili è fondamentale per la tutela dei diritti dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. Sez. 1 Num. 1236 Anno 2024) ha ribadito l’importanza di non confondere l’istanza di continuazione tra reati con quella basata sul principio del ne bis in idem. Questa decisione sottolinea come il rigetto di una non implichi automaticamente l’improcedibilità dell’altra.

I Fatti del Caso Processuale

Un soggetto, condannato con due distinte sentenze per il reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione tra reati. L’obiettivo era unificare le pene inflitte, sostenendo che i diversi fatti delittuosi fossero parte di un unico disegno criminoso.

La Corte d’appello di Reggio Calabria, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile. La ragione? La riteneva meramente ripetitiva di una precedente richiesta, già respinta circa un anno prima. L’imputato, tramite i suoi difensori, proponeva quindi ricorso per cassazione, sostenendo un punto cruciale: la precedente istanza non riguardava la continuazione, bensì il diverso principio del ne bis in idem, ovvero il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto.

La Distinzione Giuridica operata dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Accedendo agli atti processuali, i giudici supremi hanno potuto verificare che la precedente ordinanza (del 2022) aveva effettivamente deciso su una richiesta di applicazione del ne bis in idem. La seconda istanza (del 2023), invece, era chiaramente volta al riconoscimento della continuazione tra reati.

La Corte ha quindi stabilito che la vicenda processuale relativa al ne bis in idem era ormai esaurita, ma ciò non creava alcuna preclusione alla presentazione di una nuova e diversa istanza basata sulla continuazione. Si tratta di due istituti giuridici con presupposti e finalità differenti: il primo mira a impedire una seconda condanna per il medesimo fatto, il secondo a mitigare la pena per chi commette più reati nell’ambito di uno stesso progetto criminale.

Le motivazioni della Sentenza

La motivazione della Cassazione si fonda su un’attenta analisi procedurale. Il giudice dell’esecuzione aveva errato nel qualificare la seconda istanza come una mera reiterazione della prima. La diversità dell’oggetto delle due richieste (petitum) e delle ragioni giuridiche a loro sostegno (causa petendi) imponeva un esame nel merito della domanda di applicazione della continuazione. Dichiararla inammissibile a priori ha costituito una violazione di legge, poiché ha negato al condannato il diritto di vedere esaminata una sua legittima richiesta.

La Corte Suprema ha quindi annullato l’ordinanza impugnata e rinviato il caso alla Corte d’appello di Reggio Calabria per un nuovo giudizio, che dovrà questa volta entrare nel merito della questione e valutare se sussistano o meno i presupposti per applicare la disciplina della continuazione.

Conclusioni

Questa sentenza è di notevole importanza pratica perché riafferma un principio di garanzia fondamentale. Un condannato ha il diritto di presentare diverse istanze al giudice dell’esecuzione, purché basate su presupposti giuridici distinti. La conclusione di un procedimento su una specifica questione (come il ne bis in idem) non può essere usata per bloccare l’esame di un’altra questione (la continuazione), anche se relativa alle medesime sentenze di condanna. La decisione della Cassazione assicura che ogni istanza venga valutata per ciò che effettivamente chiede, garantendo una corretta applicazione delle norme sull’esecuzione della pena.

Presentare un’istanza di ‘ne bis in idem’ e vedersela respinta impedisce di chiedere la ‘continuazione tra reati’ per le stesse sentenze?
No. Secondo la sentenza, il rigetto di un’istanza basata sul principio del ‘ne bis in idem’ non preclude la possibilità di presentare una successiva istanza per il riconoscimento della continuazione, poiché si tratta di due istituti giuridici distinti con presupposti differenti.

Qual è la differenza fondamentale tra ‘continuazione tra reati’ e ‘ne bis in idem’?
Il ‘ne bis in idem’ impedisce che una persona sia processata o condannata due volte per lo stesso identico fatto. La ‘continuazione tra reati’, invece, si applica quando una persona commette più reati (anche diversi tra loro) in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, consentendo un trattamento sanzionatorio unitario e più favorevole.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione in questo caso specifico?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza della Corte d’Appello che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di continuazione. Ha stabilito che la Corte d’Appello aveva erroneamente considerato l’istanza come una ripetizione di una precedente richiesta di ‘ne bis in idem’ e ha rinviato il caso per un nuovo esame nel merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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