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Continuazione tra reati: non basta la vicinanza

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una donna che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati per due condanne distinte, una per estorsione e ricettazione e l’altra per rapina. Nonostante la vicinanza temporale e spaziale dei fatti, la Corte ha escluso l’esistenza di un unico disegno criminoso, ritenendo la rapina un atto estemporaneo e non parte di un piano preordinato. La sentenza ribadisce che la contiguità temporale non è di per sé sufficiente a configurare la continuazione tra reati.

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Pubblicato il 25 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Perché la Prossimità Temporale Non Basta

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta una figura giuridica di grande importanza, consentendo di unificare sotto un’unica pena più violazioni di legge commesse in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi criteri per il suo riconoscimento, chiarendo che la semplice vicinanza nel tempo e nello spazio dei fatti non è sufficiente a dimostrare l’esistenza di un piano unitario. Analizziamo il caso per comprendere meglio i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Due Condanne Distinte

La vicenda riguarda una donna che aveva chiesto al Giudice dell’esecuzione di applicare la disciplina della continuazione a due diverse sentenze di condanna divenute definitive.

La prima sentenza la condannava a cinque anni e otto mesi di reclusione per i reati di ricettazione ed estorsione. I fatti consistevano nell’aver ricevuto delle polizze di deposito rubate a una persona anziana e nell’averle estorto denaro per la loro restituzione. Questi eventi si erano svolti tra ottobre e dicembre 2010.

La seconda sentenza, invece, la condannava a tre anni di reclusione per una rapina impropria aggravata, commessa in un supermercato nel dicembre 2010. In quell’occasione, la donna, insieme a un complice non identificato, aveva usato violenza contro un addetto del negozio per assicurarsi il possesso di alcuni giocattoli.

La Decisione dei Giudici di Merito

Il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto la richiesta. Secondo il giudice, l’analisi delle sentenze non rivelava un’unica programmazione criminosa. I reati, sebbene compiuti in un arco temporale e in un’area geografica ristretti, presentavano una diversità strutturale e ideativa. Mentre i delitti di ricettazione ed estorsione mostravano una certa strutturazione, la rapina al supermercato appariva come il frutto di una determinazione improvvisa e non programmata, indicativa più di una generale propensione al crimine che di un piano specifico.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della continuazione tra reati in Cassazione

La difesa ha impugnato l’ordinanza del Tribunale dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando due motivi di ricorso.

Il primo, di natura procedurale, lamentava la violazione del diritto di difesa, poiché l’udienza si era svolta senza la presenza dell’imputata, detenuta in un’altra circoscrizione, nonostante la sua richiesta di partecipare.

Il secondo motivo, di natura sostanziale, contestava l’errata applicazione della legge in materia di continuazione tra reati. Secondo la difesa, il Tribunale aveva ignorato importanti indicatori come la contiguità spazio-temporale, l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, elementi che avrebbero dovuto far propendere per il riconoscimento del vincolo della continuazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati entrambi i motivi. Sul piano procedurale, ha chiarito che il detenuto fuori dal circondario del giudice procedente ha diritto a essere sentito (tramite collegamento a distanza o da un magistrato locale), ma non a essere fisicamente tradotto in udienza. Inoltre, la questione non era stata sollevata dal difensore presente in udienza, sanando così ogni eventuale nullità.

Sul punto centrale, quello relativo alla continuazione tra reati, la Corte ha ribadito un principio consolidato: l’accertamento dell’unicità del disegno criminoso è una questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito. Tale valutazione è sindacabile in sede di legittimità solo se manifestamente illogica o priva di motivazione.

Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale è stata giudicata logica e adeguata. I giudici hanno correttamente evidenziato la differente natura delle condotte: da un lato un’azione pianificata (estorsione), dall’altro un atto estemporaneo (rapina). La Corte ha sottolineato che, per riconoscere la continuazione, è necessario verificare che i reati successivi al primo fossero stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, già al momento della commissione del primo. La sola contiguità temporale, pur essendo un indizio, non è sufficiente a dimostrare che i reati siano frutto di un’unica deliberazione di fondo, specialmente se emerge che uno di essi è nato da una decisione improvvisa.

Le Conclusioni: Criteri Rigorosi per il Disegno Criminoso

La sentenza in esame conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di continuazione tra reati. Per ottenere il beneficio di un trattamento sanzionatorio più mite, non basta che i crimini siano stati commessi a breve distanza di tempo e luogo. È indispensabile dimostrare, attraverso concreti indicatori, l’esistenza di un’unica programmazione iniziale che abbracci tutte le condotte illecite. Un reato commesso d’impulso, anche se vicino ad altri, sarà considerato autonomo, frutto di una determinazione estemporanea e non parte di un piano unitario, con tutte le conseguenze che ne derivano sul piano della pena finale.

Quando si può applicare la continuazione tra reati?
L’applicazione della continuazione tra reati richiede la prova di un ‘medesimo disegno criminoso’, ovvero che tutti i reati siano stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali, prima della commissione del primo di essi. Non è sufficiente una generica propensione a delinquere.

La vicinanza nel tempo e nello spazio tra due reati è sufficiente per riconoscerne la continuazione?
No. Secondo la sentenza, la contiguità temporale delle violazioni, sebbene sia un indicatore, non consente da sola di ritenere che i reati siano frutto di un’unica deliberazione, specialmente se uno di essi risulta essere una determinazione estemporanea e non programmata.

Il detenuto ha sempre diritto a essere trasferito in aula per l’udienza che lo riguarda?
No. La Corte ha specificato che, ai sensi dell’art. 666, comma 4, c.p.p., l’interessato detenuto in un luogo fuori dal circondario del giudice procedente ha diritto di essere sentito se ne fa richiesta (ad esempio, tramite collegamento a distanza), ma non ha un diritto incondizionato a essere fisicamente tradotto in udienza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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