Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12471 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12471 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MERZA NOME nato il 30/07/1988
avverso la sentenza del 30/05/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME – condannato per il reato di cui all’art. 73, comma 1, del d.P.R. n. 309 del 1990 – ha proposto ricorso per cassazione, lamentando: 1) vizi della motivazione ed erronea applicazione dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 in ordine alla mancata riqualificazione del delitto nella fattispecie minore, prevista dal quinto comma del suddetto articolo; 2) violazione dell’art. 81, secondo comma, cod. pen., in ordine al mancato riconoscimento dell’istituto della continuazione tra il delitto oggetto del presente procedimento e il reato associativo accertato con sentenza n. 5915 del 5 luglio 2023, emessa dalla Corte di appello di Milano.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché generico e diretto a sollecitare una rivalutazione del quadro istruttorio sulla base di una rilettura di fatto preclusa al sindacato di questa Corte, non confrontandosi in modo puntuale con le argomentazioni poste a fondamento della decisione impugnata;
che la prima censura, riferita alla negata riqualificazione giuridica della fattispecie nell’ipotesi di più lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, è inammissibile, perché non tiene conto della motivazione della sentenza impugnata, che, del tutto correttamente, attribuisce rilievo ostativo sia al fatto che il relativo accertamento è avvenuto grazie alla perquisizione domiciliare compiuta durante l’esecuzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata in altro procedimento per il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, sia al fatto che la relativa quantità complessiva consenta in ogni caso di escludere che il reato possa essere considerato minore;
che il secondo motivo di censura, relativo al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra il delitto oggetto del presente procedimento e il reato associativo accertato con precedente sentenza, è inammissibile, in quanto volto ad ottenere una rivalutazione del trattamento sanzionatorio benché sorretto da adeguata motivazione sul punto;
che, come chiarito dalla Corte (pag. 5 del provvedimento), tra la cessazione dell’associazione e i reati oggetto di questo procedimento sono trascorsi quattro anni, ossia un periodo di tempo la cui lunghezza non pare in alcun modo compatibile con la plausibile configurazione dell’esistenza di un unico disegno criminoso;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2025.