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Continuazione tra reati: no se manca un piano unitario

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati per sei condanne per furto. La Corte ha confermato che la notevole distanza temporale e la natura occasionale dei furti escludono l’esistenza di un disegno criminoso unitario, configurando piuttosto una generica tendenza a delinquere.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra reati: quando la distanza temporale esclude il piano unitario

L’istituto della continuazione tra reati rappresenta un elemento fondamentale del diritto penale, consentendo di mitigare la pena per chi commette più violazioni della legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una rigorosa valutazione da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 9722/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti di questo istituto, sottolineando come la notevole distanza temporale e la natura occasionale dei delitti possano escludere l’esistenza di un piano unitario e originario.

I fatti del caso: sei condanne e una richiesta di unificazione

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato con sei diverse sentenze per reati di furto, commessi in un arco temporale di circa nove anni. L’interessato si era rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo il riconoscimento del vincolo della continuazione tra tutti i reati giudicati, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più favorevole.

La decisione della Corte d’Appello

La Corte d’Appello di Trieste, investita della questione, aveva respinto l’istanza. Secondo i giudici di merito, non era possibile ravvisare una programmazione unitaria e originaria alla base di tutti i reati. Gli elementi a sostegno di tale decisione erano principalmente tre:
1. La notevole distanza temporale tra i vari episodi delittuosi.
2. La diversità delle persone offese.
3. La palese occasionalità di alcuni furti, commessi approfittando della distrazione momentanea delle vittime.

In sostanza, la Corte territoriale aveva concluso che i reati non derivavano da un’unica ideazione, ma erano piuttosto il frutto di un generico programma delinquenziale, ovvero di una tendenza a commettere reati contro il patrimonio quando se ne presentava l’occasione.

Il ricorso in Cassazione e i limiti della continuazione tra reati

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, ha sostenuto che la Corte d’Appello avesse omesso di valutare la possibilità di riconoscere la continuazione almeno tra alcuni dei reati, in particolare due furti commessi a breve distanza di tempo e con modalità identiche (approfittando dell’assenza temporanea delle vittime).

La difesa ha inoltre criticato la motivazione della Corte, secondo cui l’approfittare della distrazione della vittima sarebbe un elemento indicativo di occasionalità. Al contrario, secondo il ricorrente, tale circostanza è intrinseca al reato di furto, in cui il ladro attende il momento più propizio per agire.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno ribadito i principi consolidati in materia, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 28659/2017). Per riconoscere la continuazione tra reati, è necessaria una verifica approfondita di una serie di indicatori concreti, quali:
– L’omogeneità delle violazioni e del bene protetto.
– La contiguità spazio-temporale.
– Le modalità della condotta e le causali.
– La sistematicità e le abitudini di vita programmate.

Il punto cruciale, evidenzia la Corte, è che deve essere provato che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali. Non è sufficiente una generica “scelta di vita delinquenziale”.

Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che la motivazione della Corte d’Appello fosse logica e sufficiente. La grande distanza temporale tra i reati costituisce di per sé un elemento valido per escludere un unico disegno criminoso, a meno che il ricorrente non fornisca prove concrete e diverse per dimostrare il contrario.

Anche riguardo ai due furti più ravvicinati, la Corte ha confermato la valutazione dei giudici di merito. La somiglianza delle modalità esecutive (sfruttare la distrazione) non basta. Anzi, proprio questa modalità dimostra l’estemporaneità della decisione di commettere il reato, che contrasta con l’idea di una programmazione preesistente. Manca, in altre parole, un’ideazione unitaria con una predeterminazione, anche generica, dei tempi e dei luoghi in cui operare.

Le conclusioni: la differenza tra piano criminoso e stile di vita delinquenziale

L’ordinanza in esame ribadisce un principio cardine: la continuazione tra reati non può essere confusa con una semplice tendenza a delinquere o con uno stile di vita criminale. Per beneficiare di un trattamento sanzionatorio unitario, è indispensabile dimostrare l’esistenza di un progetto criminoso originario e unitario, che lega psicologicamente e programmaticamente tutte le condotte illecite. La mera ripetizione di reati dello stesso tipo, anche con modalità simili ma distribuita su un lungo arco temporale e dettata dall’occasione, non è sufficiente a integrare i requisiti di questo istituto.

Quando si può riconoscere la continuazione tra reati?
Per riconoscere la continuazione è necessaria la prova di un medesimo disegno criminoso, ovvero che al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali. Occorre valutare indicatori come l’omogeneità delle violazioni, la contiguità di tempo e luogo, le modalità della condotta e la sistematicità.

Una lunga distanza temporale tra i reati esclude automaticamente la continuazione?
Sì, secondo questa ordinanza, una notevole distanza temporale tra i reati costituisce una motivazione sufficiente per escludere l’esistenza di un disegno criminoso unitario, a meno che il ricorrente non fornisca elementi concreti, diversi e ulteriori, che possano dimostrare l’asserita unicità del piano criminoso.

Commettere reati simili, come furti con la stessa modalità, è sufficiente per ottenere la continuazione?
No, non è sufficiente. La mera somiglianza delle modalità esecutive (ad esempio, approfittare della distrazione della vittima) può essere, al contrario, un indice di estemporaneità e occasionalità della condotta, che contrasta con l’ipotesi di una programmazione unitaria e originaria richiesta per la continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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