LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Continuazione tra reati: no se manca un piano unico

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che negava il riconoscimento della continuazione tra reati per una serie di delitti (furto, rapina, riciclaggio, evasione) commessi in un arco temporale di circa tre anni. Secondo la Corte, per applicare l’istituto della continuazione non è sufficiente la somiglianza dei reati o la vicinanza temporale di alcuni episodi. È necessario dimostrare un’unica programmazione iniziale, mentre in questo caso i reati sono stati considerati frutto di decisioni estemporanee e di una generica tendenza a delinquere, piuttosto che di un medesimo disegno criminoso.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando la Tendenza a Delinquere Non Basta

Il concetto di continuazione tra reati rappresenta un pilastro del nostro sistema sanzionatorio, consentendo di unificare pene per diversi delitti quando questi siano legati da un unico disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione, specialmente in fase esecutiva, non è automatica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 21553/2025, ribadisce i rigorosi criteri necessari per il suo riconoscimento, sottolineando la differenza tra un piano preordinato e una semplice tendenza a delinquere.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un individuo condannato con sei diverse sentenze per una serie di reati, tra cui furto, rapina, riciclaggio, false dichiarazioni ed evasione, commessi in un arco temporale che va da dicembre 2013 a febbraio 2016. L’interessato aveva richiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra tutti questi reati, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

La Corte d’appello di Bari, tuttavia, aveva rigettato la richiesta. Secondo i giudici di merito, mancavano elementi concreti per desumere un’unica programmazione iniziale. Al contrario, la sequenza di reati, la loro eterogeneità e la distanza temporale tra molti di essi indicavano piuttosto una generale tendenza a delinquere, con decisioni criminose prese in modo estemporaneo e occasionale.

La Decisione della Corte sulla Continuazione tra Reati

Investita della questione, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando integralmente la decisione della Corte d’appello. La Suprema Corte ha colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati, in particolare quelli espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 28659 del 2017.

I giudici hanno chiarito che il riconoscimento della continuazione tra reati, anche in sede esecutiva, richiede una verifica approfondita e non superficiale. Non basta valorizzare alcuni indici, come la somiglianza delle condotte o la prossimità temporale di alcuni episodi. È fondamentale dimostrare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati, almeno nelle loro linee essenziali.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su una distinzione netta tra un’unica ideazione preventiva e una serie di condotte occasionali. Nel caso specifico, i giudici hanno osservato che:

1. Mancanza di un programma unitario: Le critiche del ricorrente non sono riuscite a scalfire la logica della decisione impugnata. La Corte d’appello aveva correttamente evidenziato come le condotte fossero espressione di una tendenza a delinquere, data la distanza temporale e la natura predatoria e occasionale dei fatti.
2. Irrilevanza della prossimità di alcuni episodi: La vicinanza temporale tra il reato di evasione e quello di riciclaggio (commessi lo stesso giorno) è stata ritenuta insufficiente a provare l’esistenza di un piano che abbracciasse anche i reati commessi mesi o anni prima e dopo. Si trattava, appunto, di comportamenti estemporanei.
3. Natura predatoria non sufficiente: I reati più gravi, come furti e rapine, erano stati commessi a distanza di molti mesi l’uno dall’altro. La loro comune natura predatoria non basta a ritenerli, logicamente, parte di una singola ideazione preventiva. Sarebbe come confondere un’abitudine criminale con un piano specifico e dettagliato.

In sostanza, il ricorso si limitava a esprimere un dissenso sulla valutazione del giudice di merito, senza però fornire elementi concreti in grado di dimostrare l’esistenza di quel “medesimo disegno criminoso” che la legge richiede.

Le conclusioni

La sentenza in commento offre un’importante lezione pratica. Per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati, non è sufficiente appellarsi a generiche somiglianze tra le condotte illecite. È onere del richiedente fornire la prova di indicatori concreti e specifici (omogeneità delle violazioni, contiguità spazio-temporale, modalità della condotta, ecc.) che, letti nel loro complesso, dimostrino in modo inequivocabile che ogni reato era un tassello di un mosaico programmato fin dall’inizio. In assenza di tale prova, i reati restano episodi distinti, espressione di una scelta criminale rinnovatasi di volta in volta.

Quando si può riconoscere la continuazione tra reati in fase esecutiva?
Il riconoscimento richiede una verifica approfondita che accerti la sussistenza di concreti indicatori (omogeneità delle violazioni, contiguità spazio-temporale, modalità della condotta). È necessario provare che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero già stati programmati almeno nelle loro linee essenziali.

Una generica tendenza a delinquere è sufficiente per ammettere la continuazione tra reati?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che una semplice tendenza a commettere reati non è sufficiente. I delitti devono essere frutto di una determinazione unitaria e non di decisioni estemporanee o occasionali, anche se ripetute nel tempo.

La vicinanza temporale di alcuni reati è una prova sufficiente dell’unico disegno criminoso?
No, non è sufficiente. La sentenza specifica che la prossimità temporale tra alcune condotte non è di per sé idonea a dimostrare la preventiva ideazione di tutti i reati, specialmente se altri episodi criminosi sono stati commessi a grande distanza di tempo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati