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Continuazione tra reati: no se manca un piano unico

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un condannato che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati commessi in un ampio arco temporale. La sentenza sottolinea che, per applicare tale istituto, non è sufficiente l’omogeneità dei crimini, ma è indispensabile provare l’esistenza di un unico e preordinato disegno criminoso, distinguendolo da una generica propensione a delinquere o da un programma di vita basato sul crimine.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: La Cassazione Chiarisce i Limiti dell’Unico Disegno Criminoso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24138 del 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: la continuazione tra reati. Questo istituto, disciplinato dall’art. 81 del codice penale, consente un trattamento sanzionatorio più favorevole per chi commette più reati in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la Corte ha ribadito che la sua applicazione è subordinata a requisiti rigorosi, distinguendo nettamente un piano criminale preordinato da una semplice inclinazione a delinquere.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un individuo che, a seguito di tre sentenze di condanna divenute definitive per reati in materia di armi, aveva richiesto al Giudice dell’esecuzione di riconoscere il vincolo della continuazione tra tutti i fatti giudicati. Due delle sentenze erano già state unificate sotto tale vincolo. La richiesta di estendere il beneficio anche alla terza condanna era stata però respinta.

Il Giudice di merito aveva motivato il rigetto evidenziando l’eterogeneità dei comportamenti e, soprattutto, l’ampio arco temporale in cui i reati erano stati commessi, tra il 2011 e l’aprile del 2013. Secondo il giudice, questi elementi ostacolavano la possibilità di ricondurre tutte le condotte a un’unica programmazione iniziale. L’interessato ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando che non si fosse tenuto conto dell’omogeneità dei delitti (tutti legati alle armi) e della già avvenuta unificazione parziale.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla continuazione tra reati

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Giudice dell’esecuzione. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per riaffermare i principi consolidati della giurisprudenza in materia di continuazione tra reati.

L’Unico Disegno Criminoso: Requisito Fondamentale

Il fulcro della decisione risiede nella definizione di “disegno criminoso”. La Corte ha specificato che per applicare la continuazione non basta che i reati siano simili o commessi a breve distanza di tempo. È necessario dimostrare che le diverse violazioni costituiscano parte integrante di un unico programma, deliberato in anticipo per conseguire un fine determinato. I reati devono essere stati concepiti, almeno nelle loro caratteristiche essenziali, prima dell’inizio dell’esecuzione del primo.

Programma di Vita vs. Disegno Criminoso

La sentenza traccia una linea di demarcazione netta: la reiterazione di condotte criminose non equivale a un unico disegno. Al contrario, essa può essere l’espressione di un “programma di vita improntato al crimine”, ovvero una scelta esistenziale di trarre sostentamento dall’illegalità. Questa condizione, però, non è tutelata dall’istituto della continuazione, che si fonda sul principio del favor rei. Anzi, è sanzionata da altri istituti come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato, che operano secondo un parametro opposto.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su una valutazione rigorosa dei fatti. I giudici hanno ritenuto che l’ampia distanza temporale tra i reati (quelli del 2011-2012 rispetto a quelli dell’aprile 2013) e la diversità dei contesti territoriali rendessero “davvero arduo” sostenere che l’imputato avesse programmato sin dall’inizio tutti i delitti. L’omogeneità tipologica dei reati, pur presente, non era un elemento sufficiente a superare questi ostacoli.

Inoltre, il fatto che due delle sentenze fossero già state unificate non creava alcun automatismo. La valutazione per estendere la continuazione a una terza sentenza deve essere autonoma e basata su prove concrete che colleghino anche quest’ultima al presunto piano originario. La Corte ha concluso che, in assenza di tali elementi, la richiesta del ricorrente si basava su congetture e non su una dimostrazione fattuale dell’unicità del disegno criminoso.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la continuazione tra reati non è uno strumento per scontare genericamente la pena a chi commette crimini in serie. È un beneficio concesso a chi agisce sulla base di un piano specifico e unitario. Le implicazioni pratiche sono chiare: chi invoca questo istituto in sede esecutiva ha l’onere di fornire elementi concreti (come la vicinanza temporale, la medesima modalità esecutiva, un obiettivo finale comune) che provino l’esistenza di una programmazione unitaria. La sola somiglianza dei reati non è, e non sarà, sufficiente a convincere il giudice.

Cosa si intende per ‘continuazione tra reati’ e quando si applica?
La continuazione tra reati è un istituto giuridico che permette di considerare più reati come un’unica violazione, se commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Si applica quando si dimostra che l’agente ha programmato fin dall’inizio una serie di reati, già concepiti nelle loro caratteristiche essenziali, per raggiungere un determinato fine.

La somiglianza tra i reati commessi è sufficiente per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. Secondo la sentenza, l’omogeneità tipologica delle condotte illecite (ad esempio, più reati in materia di armi) non è di per sé sufficiente. È necessario dimostrare che i reati fanno parte di un unico piano preordinato, caratterizzato da elementi come la vicinanza temporale e la coerenza delle modalità esecutive.

Qual è la differenza tra ‘disegno criminoso’ e un ‘programma di vita improntato al crimine’?
Il ‘disegno criminoso’ è un piano specifico e unitario per commettere una serie ben individuata di reati. Il ‘programma di vita improntato al crimine’ è, invece, una scelta generica di vivere commettendo illeciti, senza una programmazione specifica. Quest’ultima condizione non beneficia della continuazione, ma è valutata da altri istituti come la recidiva o l’abitualità nel reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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