Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21922 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21922 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMENOME nato a Platì il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 25/10/2023 del GIP TRIBUNALE DI TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
letta la memoria scritta con cui il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 25 ottobre 2023 il Tribunale di Torino, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto l’istanza di NOME COGNOME di applicazione della disciplina della continuazione tra i reati oggetto delle seguenti sentenze di condanna emesse nei suoi confronti:
Sentenza della Corte d’appello di Torino del 4 luglio 1996, irrevocabile il 18 giugno 1997, per i reati degli artt. 73, 74, 80 d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 e 71 e 74 I. 22 dicembre 1975, n. 685 commessi tra il 1987 ed il 1990 (in atti definita “Vecchio narcotraffico”);
i
Sentenza del Tribunale di Torino del 23 maggio 2012, irrevocabile il 18 settembre 2021, per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. commesso dal 1994 (in atti definita “NOME“);
Sentenza della Corte d’appello di Torino del 25 giugno 2020, irrevocabile il 10 novembre 2020, per i reati degli artt. 73, 74, 80 d.p.r. n. 309 del 1990 commessi tra il 2014 ed il 2015 (in atti definita “NOME“);
Sentenza del Tribunale di Torino del 16 marzo 2021, irrevocabile il 30 luglio 2021, per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen. commesso dal 2012 al 2021 (in atti definita “NOME“).
In particolare, il giudice dell’esecuzione, dopo aver premesso che con separate ordinanze era già stata riconosciuta la continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME, e la continuazione tra i reati oggetto delle sentenze NOME e NOME, rileva che l’istanza ha ad oggetto quindi il rapporto intercorrente tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME, ed il rapporto intercorrente tra i reati oggetto delle sentenze NOME e NOME.
Il giudice dell’esecuzione aggiunge che con riferimento al rapporto tra tali reati, in realtà, il condannato aveva già presentato una istanza identica alla attuale, che era stata respinta, con provvedimento poi confermato dalla Corte di Cassazione.
Si tratta pertanto di un’istanza ripetitiva, in cui viene dedotto come elemento di novità che la renderebbe ammissibile un passaggio della sentenza della Corte d’appello di Torino relativa al procedimento COGNOME, e della sentenza della Corte di Cassazione relativa al procedimento COGNOME, in cui si ritiene incontestabile la risalente cointeressenza delle famiglie COGNOME ed COGNOME nel settore del narcotraffico, ed accertata la parallela e stretta correlazione fra la consorteria di narcotraffico e la consorteria mafiosa, nonché le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME, il quale avrebbe dichiarato che i rapporti tra il condannato e NOME COGNOME risalivano agli anni ’90, ed inoltre che egli fosse a conoscenza del fatto che il condannato acquistasse cocaina importandola dall’estero.
Sulla richiesta di continuazione tra le due associazioni di narcotraffico, il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza per la ampia distanza temporale tra i fatti, che sono separati da un arco temporale di 15 anni, e per le diverse caratteristiche delle due associazioni, atteso che la seconda è relativa ad un traffico internazionale di ingenti quantitativi di cocaina dal Sud America utilizzando comunicazioni cifrate ed invece la prima ha natura fortemente radicata sul territorio e sistemi di comunicazione professionali. Il giudice dell’esecuzione ha
aggiunto anche che le compagini delle due associazioni sono diverse ed i quantitativi di droga non paragonabili.
Sulla richiesta di continuazione tra i reati oggetto della sentenza NOME e i reati oggetto della sentenza NOME, il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza in quanto ha sostenuto che la mera parallela e stretta correlazione tra le attività della ‘ndrangheta cui era affiliato COGNOME e le attività dell’associazione di narcotraffico non erano sufficienti ad individuare un disegno criminoso unitario, atteso che la droga è il mestiere della ‘ndrangheta e, se fosse sufficiente una mera contiguità temporale ed una generica omogeneità tra i fatti giudicati, tutti i reati commessi dall’affiliato ad una cosca finirebbero per rientrare automaticamente in un unico disegno criminoso; inoltre, aggiunge che non è paragonabile la situazione di NOME COGNOME, correo in entrambi i procedimenti e che ha ottenuto il riconoscimento del beneficio, atteso che, nel caso di COGNOME è stata riconosciuta la continuazione tra l’associazione di narcotraffico del procedimento NOME ed un’associazione successiva di narcotraffico operante tra il 2016 ed il 2017 nonché rispetto alla partecipazione ad un clan di ndrangheta a partire dal 2008; le argomentazioni spese per lui, pertanto, non possono essere riproposte per COGNOME che non faceva parte di questa seconda associazione di narcotraffico.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al rigetto della istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze NOME e NOME, perchè l’istanza è stata respinta nonostante che la programmazione unitaria dei reati fosse desumibile dal contenuto dinamico della partecipazione associativa mafiosa di COGNOME atteso che l’essersi questi sempre dedicato al settore del narcotraffico e l’essere lo stesso stabilmente inserito nell’organigramma della locale di Volpiano sono fatti dimostrativi dell’unicità del disegno criminoso; in questo senso si era già orientata la sentenza di condanna del procedimento NOME che aveva riconosciuto il vincolo della continuazione tra il reato associativo e la vecchia associazione di narcotraffico, nonché un passaggio della sentenza di Cassazione che ha deciso la vicenda NOME e che ha riconosciuto la correlazione funzionale tra l’appartenenza mafiosa dell’odierno ricorrente e l’associazione di narcotraffico, pur se con riferimento alla associazione mafiosa oggetto della sentenza COGNOME, ma con considerazioni che possono essere estese anche alla vicenda COGNOME. Nel caso in esame vi era corrispondenza nelle modalità della condotta, coincidenza tra gli esponenti del RAGIONE_SOCIALE di ‘ndrangheta coinvolti anche nel traffico di droga, e sistematicità dell’attività svolta da NOME quale affiliato alla ‘ndrangheta e trafficante. Inoltre, l’ordinanza erra anche nel
distinguere la posizione dell’odierno ricorrente rispetto a quella del coimputato NOME COGNOME, cui attribuisce una diversa posizione perché quest’ultimo è stato condannato anche per un’ulteriore associazione di narcotraffico unita in continuazione con le altre, senza tener conto, però, che ad COGNOME era stato riconosciuto il vincolo della continuazione anche con la prima associazione.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al rigetto della istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME, perchè l’istanza è stata respinta ritenendo generiche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME sul rapporto tra il condannato e NOME COGNOME; in realtà, le dichiarazioni non erano generiche e dimostravano che COGNOME ed COGNOME fossero in affari tra loro, che l’oggetto di tali affari fosse il narcotraffico, e che il sodalizio tra loro risalisse già agli anni ’90.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al rigetto della istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME, perchè l’istanza è stata respinta ritenendo generiche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME sul contesto temporale del rapporto tra il condannato e NOME COGNOME; in realtà, le dichiarazioni non erano generiche e dimostravano che il rapporto tra COGNOME ed COGNOME risaliva agli anni ’90 e che i fatti del 2015 sono il risultato di una progressione criminale e di una programmazione criminale che risale al 1990, periodo in cui COGNOME ed COGNOME già collaboravano.
Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al rigetto della istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME (in ricorso si indica erroneamente il punto 3 dell’ordinanza impugnata, ma in realtà il passaggio censurato è al punto 2 dell’ordinanza), perchè l’istanza è stata respinta ritenendo che essa sottendesse l’abitualità nel reato, e non l’esistenza di un unico disegno criminoso, ma in realtà a pagina 35 della sentenza della Corte di Cassazione n. 33028 del 2023 si scrive che NOME COGNOME ha un ruolo di vertice nell’associazione finalizzata al narcotraffico e nell’aiuto dell latitanza di NOME COGNOME, dati dimostrativi della stretta correlazione fra l’associazione di ‘ndrangheta e quella dedita al narcotraffico, e che smentisce l’argomento della diversità strutturale delle due associazioni che si rifletterebbe nella differente compagine, peraltro la diversità della compagine si giustifica anche alla luce dell’omessa valutazione da parte del giudice dell’esecuzione dell’ascesa dell’COGNOME all’interno della ‘ndrangheta; anche il dato temporale, contrariamente a quanto ritenuto dal provvedimento impugnato, è un indice dell’unico disegno criminoso, laddove si osservi che la distanza temporale è stata funzionale alla realizzazione di un disegno criminoso che necessitava oltre che di mezzi e soggetti adeguati anche di un non irrilevante lasso di tempo.
Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al rigetto della istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME (in ricorso si indica erroneamente il punto 3 dell’ordinanza impugnata, ma in realtà il passaggio censurato è al punto 2 dell’ordinanza), perchè l’istanza è stata respinta anche evidenziando le diverse modalità di commissione del reato effettuate attraverso una diversa tecnologia, ma in realtà l’adozione di sistemi di comunicazione diversi e più moderni nella seconda associazione costituisce indice di un medesimo disegno criminoso, perché i sistemi di comunicazione sono stati idonei ad adattare l’ascesa criminale di COGNOME verso territori nuovi come quelli propri del Sud America attraverso nuove tecnologie adeguate ad un disegno criminoso che è rimasto il medesimo e che ha comportato idealmente modifiche necessarie ai nuovi contesti da affrontare.
Con requisitoria scritta il AVV_NOTAIO Generale, AVV_NOTAIO, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Con memoria scritta il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, ha replicato alle conclusioni del P.G. ed insistito per l’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Va premesso che è la seconda volta che la Corte di Cassazione è chiamata ad occuparsi dell’istanza di NOME COGNOME di applicazione della continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME, e tra i reati oggetto delle sentenze NOME e NOME.
L’istanza era già stata respinta dal giudice dell’esecuzione con ordinanza del 9 novembre 2021, contro cui COGNOME aveva presentato ricorso per cassazione, che era stato, a sua volta, respinto con sentenza Sez. 1, n. 39095 del 13/07/2022, COGNOME, n.m.
Nella pronuncia n. 39095 la Corte di Cassazione aveva dichiarato infondati gli argomenti con cui COGNOME aveva contestato la decisone del giudice dell’esecuzione evidenziando, in particolare, che: “l’unicità del disegno criminoso non può desumersi dalla circostanza che entrambe le associazioni fossero finalizzate al traffico di stupefacenti, trattandosi di un indice affatto generico, e neppure dalla circostanza che durante tutto tale lasso di tempo l’COGNOME abbia continuato a fare parte di un’associazione di stampo mafioso, dovendo piuttosto il giudice verificare le concrete modalità operative e i programmi perseguiti dalle compagini criminose al fine di accertare la sussistenza di una preordinazione unitaria che lega le varie
condotte illecite. Nel caso di specie, la verifica in ordine alla sussistenza del medesimo disegno criminoso non può risolversi nella considerazione della natura di associazione dedita al narcotraffico di entrambe le consorterie, quella degli anni ’90 e quella degli anni 2014-2015, e neppure nella considerazione che durante tutto tale lasso temporale, l’COGNOME abbia partecipato ad un’associazione di stampo mafioso. Priva di previo risulta, infatti, l’affermazione, svolta dalla difesa, secondo la quale il narcotraffico costituisce il “mestiere” dell’appartenente alla ‘ndrangheta dal momento che questa considerazione nulla dice in ordine alla preventiva programmazione, neppure per grandi linee, di partecipare ad una specifica associazione finalizzata a tale scopo”.
COGNOME ha contestato la ordinanza del giudice dell’esecuzione, e quella della Corte di cassazione che ne aveva avallato la decisione, proponendo una nuova istanza di identico contenuto sull’asserita esistenza di un novum che impedirebbe la preclusione alla riproposizione di istanza di identico contenuto che consegue al disposto dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen.
Il giudice dell’esecuzione ha ritenuto generico il novum, ma non ha dichiarato l’istanza inammissibile, come pure avrebbe potuto a fronte di elementi nuovi del tutto generici ed inidonei ad incidere sulla precedente decisione, ma l’ha affrontata nel merito rigettandola nuovamente.
Sul punto, occorre ribadire, infatti, che non basta l’aggancio ad un qualsiasi elemento nuovo, sopravvenuto o non dedotto, a permettere la riproposizione di una istanza già respinta, perché “il provvedimento del giudice dell’esecuzione divenuto formalmente irrevocabile preclude, ai sensi dell’art. 666, comma secondo, cod. proc. pen., una nuova pronuncia sul medesimo “petitum” finché non si prospettino elementi che, riguardati per il loro significato sostanziale e non per l’apparente novità della veste formale, possono essere effettivamente qualificati come nuove questioni giuridiche o nuovi elementi di fatto, sopravvenuti ovvero preesistenti, che non abbiano già formato oggetto di valutazione ai fini della precedente decisione” (Sez. 3, Sentenza n. 50005 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 261394).
Nella pronuncia COGNOME si è anche precisato che “ciò implica la necessità di definire cosa debba intendersi con l’espressione elementi nuovi, non bastando, ovviamente a tale fine dati di trascurabile significato che, solo in apparenza, conferiscano il carattere di novità ed essendo, invece, imprescindibile che l’elemento della novità debba avere un significato sostanzialistico”, atteso che “un’interpretazione del termine di novità che si discosti dall’aspetto sostanzialistico potrebbe sfociare nel rischio di una proliferazione di incidenti di esecuzione aventi il medesimo petitum, senza tenere in alcun conto la circostanza che, in relazione al regime di impugnazione che disciplina gli artt. 665 e ss. cod. proc. pen.,
imperniato COGNOME su COGNOME un COGNOME solo COGNOME grado COGNOME di COGNOME merito COGNOME (oltre COGNOME a COGNOME quello COGNOME di legittimità), la sistematica ed indebita proliferazione dell’incidente di esecuzione amplierebbe a dismisura i gradi di merito”.
Per il vero, nella giurisprudenza della Corte si rinviene anche un orientamento più restrittivo, che ritiene che una istanza, quale quella in esame, avente ad oggetto “i medesimi fatti e le medesime sentenze” già valutati in una precedente decisione incorra di per sè nella preclusione, in quanto avente la medesima “causa” della precedente già respinta (Sez. 1, Sentenza n. 3736 del 15/01/2009, PM in proc. Anello, Rv. 242533).
Ne consegue che nel caso in esame, i margini di valutazione dell’istanza presentata al giudice dell’esecuzione, ed anche dell’odierno ricorso per cassazione, sono molto ristretti, perché non possono portare a rivalutare di nuovo tutta la esistenza o meno di una volizione unitaria tra i reati oggetto dell’istanza, ma soltanto a ponderare l’incidenza sulla precedente decisione del giudice dell’esecuzione, e della Corte di cassazione che ha respinto il ricorso contro la stessa, degli elementi nuovi dedotti nella istanza.
Ciò posto, i motivi sono in parte infondati, in parte inammissibili.
Il primo motivo, dedicato al rapporto tra i reati oggetto delle sentenze NOME e NOME, è infondato.
Il motivo, pur lungamente sviluppato in ricorso, contiene argomenti che sono inammissibili, perché relativi ad elementi non nuovi, e che, pertanto, non possono essere utilizzati per scavalcare la precedente ordinanza del giudice dell’esecuzione del 9 novembre 2021, e la conseguente sentenza della Corte di Cassazione n. 39095 del 2022 citata.
Gli elementi nuovi si risolvono, come ricostruiti dall’ordinanza del giudice dell’esecuzione, nel passaggio della sentenza della Corte d’appello di Torino relativa al procedimento COGNOME, ed in quello della sentenza della Corte di Cassazione relativa al procedimento NOME, in cui si ritiene incontestabile la risalente cointeressenza delle famiglie COGNOME ed COGNOME nel settore del narcotraffico, ed accertata la parallela e stretta correlazione fra la consorteria di narcotraffico e la consorteria mafiosa.
Il giudice dell’esecuzione ha valutato questi elementi, ma li ha ritenuti insufficienti a fondare l’esistenza di un unico disegno criminoso, perché nulla dicono sull’esistenza o meno di una volizione unitaria alla base dell’adesione di NOME alle due associazioni.
Il ricorso attacca la decisione impugnata evidenziando la correlazione funzionale tra le due associazioni e la circostanza, che ritiene acclarata, che il
traffico di stupefacenti fosse la declinazione dinamica della partecipazione di COGNOME alla vita dell’associazione di tipo mafioso.
Questo argomento, però, era stato già affrontato nella precedente decisione della Corte di Cassazione n. 39095 del 2022, che aveva concluso nel senso che “la verifica in ordine alla sussistenza del medesimo disegno criminoso non può risolversi nella (…) considerazione che durante tutto tale lasso temporale, l’COGNOME abbia partecipato ad un’associazione di stampo mafioso. Priva di previo risulta, infatti, l’affermazione, svolta dalla difesa, secondo la quale il narcotraffic costituisce il “mestiere” dell’appartenente alla ‘ndrangheta dal momento che questa considerazione nulla dice in ordine alla preventiva programmazione, neppure per grandi linee, di partecipare ad una specifica associazione finalizzata a tale scopo”.
Il ricorso non fa altro che riproporre l’argomento, già passato al vaglio del giudice dell’esecuzione e di questa Corte, utilizzando stavolta l’espressione del narcotraffico come declinazione dinamica della partecipazione all’associazione a delinquere da parte di NOME ricavato dalle pronunce intervenute medio tempore, argomento che però, non è sufficiente a vincere le obiezioni del giudice dell’esecuzione secondo cui esso nulla dica sulla esistenza o meno di un unico disegno criminoso tra la adesione del ricorrente alle due associazioni. Perché si possa riconoscere la sussistenza di un unico disegno criminoso “quello che occorre, invece, è che si abbia una visibile programmazione e deliberazione iniziale di una pluralità di condotte in vista di un unico fine” (Sez. 1, n. 24202 del 23/02/2022, Cartanese, n.m.), e l’onere della allegazione dell’esistenza del “medesimo disegno criminoso”, in conformità alle regole generali, grava su chi la afferma, e quindi, in definitiva, sull’imputato, se questi è l’istante che ha determinato l’apertura dell’incidente di esecuzione (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 35806 del 20/04/2016, COGNOME, Rv. 267580).
D’altronde, l’adesione alle due associazioni non è sovrapponibile, come, invece, pretende di fare il ricorso, perché sono i due reati che non sono sovrapponibili, atteso che “l’elemento che caratterizza l’associazione di tipo mafioso rispetto all’associazione dedita al narcotraffico è costituito dal profilo programmatico dell’utilizzo del metodo, che, nell’associazione di cui all’art. 416bis cod. pen., si estrinseca nell’imposizione di una sfera di dominio sul territorio, con un’operatività non limitata al traffico di sostanze stupefacenti, ma estesa a svariati settori, in cui si inseriscono l’acquisizione della gestione o del controllo d attività economiche, concessioni, appalti e servizi pubblici, l’impedimento al libero esercizio del voto, il procacciamento di voti in occasione delle consultazioni elettorali” (Sez. 6, Sentenza n. 31908 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276469).
Il ricorso deduce anche che la continuazione tra associazione di tipo mafioso ed associazione finalizzata allo spaccio è stata riconosciuta al coimputato NOME COGNOME, ma l’argomento è inammissibile perché privo del requisito della specificità estrinseca dei motivi di impugnazione (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 276916, nonché, in motivazione, Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268823), atteso che lo stesso non si confronta con il percorso logico del provvedimento impugnato che ha evidenziato che non vi era identità tra le associazioni oggetto delle pronunce nei confronti di NOME e di COGNOME.
Il motivo è, nel complesso, infondato.
Il secondo ed il terzo motivo, relativi al rigetto della istanza di continuazione tra i reati oggetto delle sentenze Vecchio narcotraffico e NOME, e che possono essere affrontati congiuntamente, sono inammissibili.
Nei motivi si censura la valutazione del giudice dell’esecuzione che ha ritenuto generiche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, che costituirebbero il novum sulla risalenza agli anni ’90 degli interessi nel narcotraffico delle famiglie COGNOME ed COGNOME.
I motivi sono manifestamente infondati. Le dichiarazioni di NOME COGNOME, classe DATA_NASCITA, sui rapporti esistenti negli anni ’90 tra la famiglia COGNOME e la famiglia COGNOME e sugli interessi delle stesse nel narcotraffico sono una base debolissima per modificare la decisione del giudice dell’esecuzione che con l’ordinanza 9 novembre 2021 aveva già ritenuto insussistente il medesimo disegno criminoso tra le due associazioni, tra le quali vi è uno iato di quasi quindici anni; si tratta, infatti, di un soggetto nato nel DATA_NASCITA, che sull’attività criminale del famiglia di appartenenza negli anni ’90 non può che riferire fatti che ha appreso de relato, e le cui dichiarazioni, peraltro, nei termini riportati nell’ordinanza de giudice dell’esecuzione, sono anche di carattere estremamente generale, talchè esse non rappresentano che “dati di trascurabile significato che, solo in apparenza, conferiscano il carattere di novità”, per usare l’espressione della sentenza COGNOME citata sopra, che in modo non manifestamente illogico il giudice dell’esecuzione ha ritenuto essere insufficienti a giustificare la modifica della decisione precedente ed il riconoscimento della continuazione tra le due associazioni.
4. Il quarto motivo di ricorso è infondato.
Il ricorso attacca la motivazione dell’ordinanza impugnata che ha ritenuto che il percorso criminale di NOME nel traffico di stupefacenti dimostrato dalle due condanne per associazione finalizzata allo spaccio fosse espressione di una scelta
di vita, ma non di un unico disegno criminoso, di cui mancherebbero i presupposti, attesa la distanza temporale tra i fatti e la diversità delle compagini. Il ricorso sostiene che la diversità delle compagini si giustifica anche alla luce dell’ascesa di COGNOME nel settore del narcotraffico, e la distanza temporale si giustifica con la circostanza che la programmazione di uomini e mezzi necessari ad un disegno criminoso più ampio aveva bisogno di tempo per maturare.
L’argomento sull’ascesa di NOME nel settore del narco traffico è infondato, perché inidoneo di per sé a rendere manifestamente illogica la decisione del giudice dell’esecuzione, atteso che non è un indice da cui si possa ricavare l’esistenza di una volizione criminale unitaria, ma è, al più, un indicatore da cui desumere la abitualità nel reato e l’aver fatto NOME del traffico degli stupefacenti una scelta di vita dedicata al crimine, in conformità alle conclusioni correttamente raggiunte dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza impugnata.
L’argomento che mira ad abbattere la ampia distanza temporale tra le due associazioni, di quasi quindici anni, facendo leva sulla necessità che la programmazione di uomini e mezzi necessari ad un disegno criminoso più ampio avesse bisogno di tempo per maturare, introduce una ipotesi puramente congetturale sull’aver speso il tempo intercorso tra le due associazioni predisponendo uomini e mezzi per attuare un proposito criminoso che era vieppiù risalente, che, in quanto tale, è inidonea a rendere manifestamente illogica, atteso che il motivo formulato su elementi meramente ipotetici o congetturali è inidoneo a determinare una manifesta illogicità della motivazione (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237).
Il quinto motivo di ricorso, dedicato alla parte della ordinanza che motiva sulla diversità dei sistemi di comunicazione in uso tra le due associazioni finalizziate allo spaccio, è inammissibile.
Negli elementi nuovi dedotti a sostegno dell’istanza per superare la preclusione originata dalla precedente decisione di rigetto, come riportati dal giudice dell’esecuzione nell’ordinanza impugnata, non vi erano riferimenti alla diversità delle modalità di comunicazione. Né il ricorso li indica.
Il motivo, pertanto, è inammissibile, perché contiene una censura all’ordinanza impugnata che è sganciata dagli elementi nuovi dedotti, e che pertanto non poteva essere proposta contro l’ordinanza impugnata.
Ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., alla decisione consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 4 aprile 2024.