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Continuazione tra reati: no se manca un disegno unico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo che chiedeva l’applicazione della continuazione tra reati per diverse condanne per spaccio ed evasione. La Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, sottolineando che il lungo arco temporale (circa un decennio) e la diversa natura dei crimini sono elementi che escludono l’esistenza di un unico e preordinato disegno criminoso, anche se la motivazione addotta era la necessità di finanziare la propria tossicodipendenza.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando il Tempo e la Diversità dei Crimini Escludono il Disegno Unico

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta un importante strumento per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più crimini sono legati da un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione rigorosa. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i criteri per escludere tale beneficio, focalizzandosi su due elementi chiave: l’ampio arco temporale e la natura eterogenea dei reati commessi.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda la richiesta di un condannato di unificare, sotto il vincolo della continuazione, una serie di sentenze definitive. Queste condanne, accumulate nell’arco di circa un decennio (dal 2013 al 2023), riguardavano prevalentemente reati di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti, a cui si aggiungeva un episodio di evasione.
La difesa del ricorrente sosteneva che tutte le condotte illecite fossero riconducibili a un unico movente: la necessità di procurarsi denaro per finanziare la propria dipendenza da droghe. Questa motivazione, secondo la tesi difensiva, avrebbe dovuto configurare quel “medesimo disegno criminoso” richiesto dalla legge per l’applicazione della continuazione.

La Decisione sulla Continuazione tra Reati

Il Tribunale di Milano, in funzione di Giudice dell’esecuzione, aveva già respinto la richiesta. Contro tale decisione, il condannato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge penale.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del giudice di merito. La Corte ha stabilito che gli argomenti del ricorrente non erano idonei a contestare la correttezza giuridica della decisione impugnata, ma si limitavano a riproporre una diversa valutazione dei fatti, operazione non consentita in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno escluso la sussistenza di un disegno criminoso unitario. La Corte ha evidenziato come il Giudice dell’esecuzione avesse correttamente basato il proprio rigetto su elementi oggettivi e decisivi:

1. Il lungo lasso temporale: I reati si sono snodati in un periodo di circa dieci anni. Un arco di tempo così esteso è stato ritenuto incompatibile con l’idea di un programma criminale unico e predeterminato. È più verosimile, secondo la Corte, che i crimini siano frutto di decisioni separate e prese di volta in volta, piuttosto che l’attuazione di un piano concepito sin dall’inizio.

2. L’eterogeneità dei reati: La presenza, accanto ai numerosi episodi di spaccio, di un reato di evasione ha costituito un altro elemento a sfavore del ricorrente. La natura diversa di questo crimine rispetto agli altri indica una volontà criminale differente, non necessariamente legata al programma di finanziamento della dipendenza, ma a una distinta scelta di sottrarsi a una misura restrittiva. Questo spezza l’unicità del presunto disegno.

In sostanza, la Corte ha concluso che la serie di reati non era espressione di un unico piano, ma piuttosto di una “generale propensione” a commettere reati, spinta da una condizione personale (la tossicodipendenza), ma priva di quella pianificazione unitaria che caratterizza la continuazione. La motivazione del giudice di merito è stata giudicata logica, coerente e priva di contraddizioni.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati: la necessità di provare in modo concreto l’esistenza di un programma criminoso unitario e preordinato. La semplice esistenza di un movente comune, come la necessità di denaro per la tossicodipendenza, non è di per sé sufficiente a dimostrare tale programma. Elementi oggettivi come la distanza temporale tra i fatti e la diversità della loro natura giuridica assumono un peso determinante nella valutazione del giudice. Per gli operatori del diritto, questa decisione ribadisce l’importanza di non limitarsi a indicare un movente generico, ma di fornire elementi specifici che possano dimostrare come i vari reati fossero stati programmati sin dall’inizio come parte di un unico piano.

La necessità di procurarsi denaro per la tossicodipendenza è sufficiente a dimostrare un ‘medesimo disegno criminoso’ tra più reati?
No. Secondo l’ordinanza, la necessità di finanziare la propria dipendenza è considerata una causa generica che spinge a delinquere, ma non costituisce, da sola, quel programma criminale unitario e preordinato richiesto per l’applicazione della continuazione tra reati.

Quali elementi ha considerato la Corte per escludere la continuazione tra reati in questo caso?
La Corte ha basato la sua decisione su due elementi oggettivi principali: il lunghissimo arco temporale in cui i reati sono stati commessi (circa un decennio) e l’eterogeneità dei crimini contestati (spaccio di stupefacenti ed evasione), ritenendoli incompatibili con un unico piano iniziale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a criticare la valutazione dei fatti già compiuta dal giudice dell’esecuzione, senza sollevare questioni sulla corretta applicazione della legge. La Corte di Cassazione non può riesaminare il merito dei fatti, ma solo verificare la legittimità delle decisioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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