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Continuazione tra reati: no se manca un disegno unico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati. La decisione si fonda sull’assenza di un disegno criminoso unitario, evidenziata dalla notevole distanza temporale tra i fatti, dal diverso contesto criminale e dalla differente composizione del gruppo di concorrenti. La Corte ha ribadito che la successione di reati non implica automaticamente l’esistenza di un’unica programmazione.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando il Tempo e il Contesto Spezzano il Legame

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 81 del codice penale, rappresenta una colonna portante del nostro sistema sanzionatorio, offrendo un trattamento più mite a chi commette più violazioni di legge in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, l’applicazione di questo beneficio non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come e perché tale richiesta possa essere respinta, sottolineando l’importanza di una programmazione unitaria e non di una semplice successione di illeciti.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso presentato da un individuo avverso l’ordinanza di un Giudice per le Indagini Preliminari. L’istante chiedeva che venissero unificati, sotto il vincolo della continuazione, reati giudicati con tre sentenze diverse. In particolare, si contestava il mancato riconoscimento di un legame programmatico tra i crimini oggetto di due sentenze (rientranti in un contesto di associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti) e un ulteriore reato, giudicato separatamente.

Il giudice di merito aveva respinto la richiesta, ritenendo che mancassero le prove di un’unica strategia criminale che collegasse tutti gli episodi delittuosi. Contro questa decisione, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte e la Prova della Continuazione tra Reati

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione del giudice dell’esecuzione. Secondo gli Ermellini, il ricorso era manifestamente infondato, in quanto non offriva elementi concreti per smentire la logicità della decisione impugnata, ma si limitava a proporre una lettura alternativa degli atti.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della pronuncia risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno escluso la sussistenza di un medesimo disegno criminoso. Sono stati evidenziati tre fattori decisivi:

1. La notevole distanza temporale: Un lasso di tempo di diversi anni tra la commissione dei reati è stato considerato un primo, forte indizio dell’assenza di un’unica programmazione iniziale.
2. Il differente contesto criminale: I reati giudicati con le prime due sentenze erano maturati all’interno di una specifica associazione criminale (ex art. 74 D.P.R. 309/90). Il terzo reato, invece, era estraneo a quel contesto e vedeva la partecipazione di soggetti quasi tutti diversi, fatta eccezione per un singolo concorrente. Questa diversità di ambiente operativo e di complici ha rafforzato la tesi di una frammentazione della volontà criminale.
3. L’autonomia delle risoluzioni criminose: Alla luce dei punti precedenti, la Corte ha concluso che i reati non erano altro che l’espressione di autonome e distinte risoluzioni criminose. Si trattava di una “pervicace volontà criminale” che si manifestava in episodi distinti, non di un piano concepito sin dall’inizio. Mancava, in sintesi, la prova che l’imputato, già al momento della consumazione del primo reato, avesse programmato anche i successivi.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale in materia di continuazione tra reati: per ottenere il beneficio, non è sufficiente dimostrare di aver commesso più illeciti in un arco di tempo più o meno esteso. È necessario fornire la prova rigorosa di un’unica deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi contestati. La distanza temporale, la diversità del contesto operativo e la differente composizione del gruppo criminale sono elementi fattuali che, se presenti, possono legittimamente portare un giudice a escludere l’esistenza di un disegno unitario e, di conseguenza, a negare l’applicazione dell’istituto di favore.

Quando può essere riconosciuta la continuazione tra reati?
Può essere riconosciuta solo quando vi è la prova che i diversi reati siano stati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, ovvero un piano unitario e preordinato sin dall’inizio, che comprende la totalità degli illeciti.

La distanza temporale tra i reati è un ostacolo al riconoscimento della continuazione?
Sì, secondo la Corte una notevole distanza temporale tra i reati, unitamente ad altri elementi come il diverso contesto criminale, è un fattore decisivo che può portare a escludere l’esistenza di un unico disegno criminoso e quindi a negare la continuazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta non solo il rigetto del ricorso senza un esame nel merito, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non si esclude la colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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