Continuazione tra reati: quando la distanza temporale esclude il disegno criminoso
L’istituto della continuazione tra reati rappresenta una figura giuridica fondamentale nel diritto penale, consentendo di unificare sotto un’unica pena più reati commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questo istituto, specialmente quando un notevole lasso di tempo separa i diversi episodi delittuosi. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso proprio per la mancanza di prove concrete a sostegno di un piano unitario, a fronte di reati commessi a distanza di anni.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo che aveva presentato ricorso avverso un’ordinanza della Corte d’Appello di Bari. Quest’ultima aveva negato la sua richiesta di applicare la continuazione tra reati in relazione a tre condanne per violazioni della legge sugli stupefacenti. I reati erano stati commessi in momenti molto distanti tra loro: il primo nell’ottobre 2006, il secondo nel marzo 2009 (quasi tre anni dopo) e il terzo nell’agosto 2009 (cinque mesi dopo il secondo).
La Corte d’Appello aveva motivato il diniego evidenziando come l’ampio intervallo temporale, specialmente tra il primo e il secondo reato, rendesse inverosimile l’esistenza di una programmazione unitaria sin dal primo delitto. Secondo i giudici, mancavano elementi concreti per dimostrare un preciso e unico disegno criminoso, che andasse oltre la semplice scelta di vita di commettere reati.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha confermato la linea dei giudici di merito, dichiarando il ricorso inammissibile per la sua ‘assoluta genericità’. Il ricorrente, secondo la Suprema Corte, si era limitato a richiamare principi giurisprudenziali astratti senza però confrontarsi specificamente con le motivazioni dell’ordinanza impugnata. In sostanza, non aveva fornito argomentazioni o elementi di prova capaci di superare le obiezioni sollevate dalla Corte d’Appello riguardo alla mancanza di contiguità temporale.
Le Motivazioni: la genericità del ricorso e la mancanza di prove sulla continuazione tra reati
Il cuore della decisione della Cassazione risiede nella critica alla modalità con cui è stato formulato il ricorso. I giudici hanno sottolineato che non basta affermare l’omogeneità dei reati commessi per ottenere il riconoscimento della continuazione. È onere del ricorrente indicare concretamente quali ‘indici sintomatici’ siano stati trascurati dal giudice precedente e che potrebbero dimostrare l’esistenza di un unico piano criminoso, nonostante la distanza temporale.
Nel caso specifico, l’imputato non ha saputo indicare alcun elemento (oltre alla presunta identità delle modalità esecutive) che potesse legare il reato del 2006 a quelli del 2009. La mera ripetizione dello stesso tipo di reato non è sufficiente a provare un disegno criminoso unitario; altrimenti, si finirebbe per confondere la continuazione con l’abitualità a delinquere, che è concetto ben diverso. Il ricorso è stato inoltre ritenuto carente e non comprensibile in alcune sue parti, censurando la mancata acquisizione di atti senza però specificare quali.
Conclusioni: L’Importanza della Prova nella Continuazione tra Reati
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: per ottenere il beneficio della continuazione tra reati, non è sufficiente la semplice affermazione di un legame tra i delitti. È necessario fornire alla corte elementi concreti e specifici che dimostrino, al di là di ogni ragionevole dubbio, che tutti i reati sono frutto di una deliberazione iniziale e unitaria. L’ampio lasso di tempo tra i fatti costituisce un forte indizio contrario, che può essere superato solo con prove solide e argomentazioni puntuali. Un ricorso generico, che non si confronta con le motivazioni della decisione impugnata, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Cosa si intende per disegno criminoso unitario ai fini della continuazione tra reati?
Significa che più reati, anche commessi in tempi diversi, devono essere stati programmati e decisi in un unico momento iniziale, come parte di un solo piano complessivo, e non come decisioni separate prese di volta in volta.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato giudicato inammissibile per la sua assoluta genericità. Il ricorrente si è limitato a citare principi generali senza contestare specificamente le motivazioni della corte precedente e senza indicare elementi concreti che potessero dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso nonostante il lungo tempo trascorso tra i reati.
Un lungo intervallo di tempo tra i reati esclude automaticamente la continuazione?
Non la esclude automaticamente, ma la rende molto più difficile da provare. Un ampio lasso temporale, come i quasi tre anni tra il primo e il secondo reato in questo caso, indebolisce fortemente la credibilità di un piano unitario iniziale. Per superare questa presunzione, il richiedente deve fornire altri e specifici indici sintomatici di un’unica programmazione, cosa che in questo caso non è avvenuta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4872 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4872 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a BARLETTA il 10/07/1988
avverso l’ordinanza del 09/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME per mezzo del suo difensore avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso contro l’ordinanza con cui la Corte di appello di Bari, quale giudice dell’esecuzione, in data 12 settembre 2024 ha respinto la sua richiesta di applicare l’istituto della continuazione tra i reati in materia di stupefacenti, giudicati con tre diverse sentenze e commessi il 06/10/2006, il 10/03/2009 e nell’agosto 2009, stante la mancanza di una contiguità temporale, nonostante l’omogeneità delle violazioni, circostanza che rende non credibile una loro programmazione unitaria sin dal primo delitto commesso, e mancando elementi che dimostrino l’esistenza di un preciso disegno criminoso unitario, diverso dalla mera scelta di vivere commettendo reati;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione, avendo il giudice negato il riconoscimento della continuazione con una motivazione apparente e senza esaminare in concreto le modalità esecutive delle varie condotte;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile per la sua assoluta genericità, avendo il ricorrente solo riportato i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità, senza confrontarsi con l’ordinanza impugnata, che ha escluso la continuazione per la mancanza di contiguità temporale, essendo trascorsi circa tre anni tra il primo e il secondo reato, e cinque mesi tra il secondo e il terzo, senza indicare concretamente quali altri indici sintomatici siano stati pretermessi dall’ordinanza, capaci di’ dimostrare l’esistenza di un unico disegno criminoso nonostante l’ampio lasso temporale intercorso tra i vari delitti, tale non essendo, palesemente, la mera identità delle modalità esecutive, e senza neppure completare il ricorso in termini comprensibili, censurando l’ordinanza per la mancata acquisizione di atti che non vengono indicati;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente