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Continuazione tra reati: no se manca il piano unico

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati. La decisione si fonda sull’assenza di un medesimo disegno criminoso, provata dall’eterogeneità dei delitti commessi e dall’ampio arco temporale in cui si sono verificati. La Corte distingue la continuazione, basata sul favor rei, dalla semplice reiterazione di condotte illecite, che configura piuttosto un’espressione di uno stile di vita orientato al crimine.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Continuazione tra Reati: Quando la Cassazione Esclude il Medesimo Disegno Criminoso

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un’importante applicazione del principio del favor rei, consentendo un trattamento sanzionatorio più mite per chi commette più violazioni della legge penale in esecuzione di un unico piano. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19920/2024) chiarisce i confini di questo istituto, sottolineando come l’eterogeneità dei delitti e un ampio arco temporale possano escludere l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo contro l’ordinanza del Tribunale di Benevento, che aveva respinto la sua richiesta di riconoscere la continuazione tra due reati oggetto di sentenze irrevocabili. L’istante sosteneva che i reati commessi rientrassero in un unico progetto criminale, chiedendo di conseguenza l’applicazione del regime sanzionatorio più favorevole previsto per il reato continuato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la valutazione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, il Tribunale ha correttamente negato il riconoscimento della continuazione tra reati sulla base di due elementi cruciali: l’eterogeneità delle condotte e l’ampiezza dell’arco temporale in cui sono state commesse.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato la sua decisione su argomentazioni precise, che meritano un’analisi approfondita.

Eterogeneità dei Reati e Arco Temporale come Indici Contrari alla Continuazione tra Reati

Il primo punto fondamentale della motivazione riguarda l’analisi fattuale. I giudici hanno evidenziato che i reati in questione non erano omogenei sul piano esecutivo. Questa diversità nelle modalità di commissione, unita a un considerevole lasso di tempo tra un episodio e l’altro (dal 15 settembre 2019 al 23 giugno 2020), ha reso impossibile ricondurre le azioni a una programmazione unitaria e originaria. Secondo la Corte, un piano criminoso unico richiede una deliberazione iniziale che abbracci tutti gli episodi delittuosi, cosa che l’ampiezza temporale e la diversità delle condotte tendono a smentire.

La Differenza tra Continuazione e Stile di Vita Criminale

Il secondo argomento, di grande rilevanza giuridica, distingue nettamente la continuazione tra reati dalla semplice reiterazione di condotte illecite. La Corte ha chiarito che la ripetizione di crimini non è di per sé sufficiente a integrare un medesimo disegno criminoso. Al contrario, essa può essere l’espressione di un programma di vita improntato al crimine. Tale stile di vita, tuttavia, trova la sua sanzione in altri istituti del diritto penale come la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato. Questi istituti, a differenza della continuazione, hanno una funzione aggravante e non sono preordinati al favor rei. La continuazione presuppone un nesso psicologico specifico e unitario che va oltre la generica inclinazione a delinquere.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: per ottenere il riconoscimento della continuazione, non basta aver commesso più reati. È necessario dimostrare in modo concreto l’esistenza di un’unica ideazione e programmazione iniziale che leghi tutte le condotte. La diversità dei reati e la distanza temporale tra essi sono forti indicatori che possono portare a escludere questo nesso, configurando la condotta del reo non come parte di un piano, ma come una scelta di vita criminale, sanzionata con strumenti diversi e più severi.

Cosa si intende per continuazione tra reati?
È un istituto giuridico che permette di unificare, ai fini della pena, più reati commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso, applicando la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo. Si basa sul principio del favore verso il reo (favor rei).

Perché la Corte di Cassazione ha negato la continuazione in questo caso specifico?
La Corte ha negato la continuazione perché ha ritenuto insussistente un medesimo disegno criminoso. Gli elementi decisivi sono stati l’eterogeneità dei reati commessi (non omogenei nelle modalità esecutive) e l’ampio arco temporale intercorso tra di essi (dal settembre 2019 al giugno 2020).

La semplice ripetizione di reati è sufficiente per ottenere il riconoscimento della continuazione?
No. Secondo la Corte, la mera reiterazione di condotte illecite non configura automaticamente la continuazione. Può, invece, essere espressione di uno stile di vita orientato al crimine, che viene sanzionato da altri istituti come la recidiva o l’abitualità nel reato, i quali hanno una funzione opposta a quella della continuazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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