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Continuazione tra reati: no se il disegno è incerto

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un individuo che chiedeva il riconoscimento della continuazione tra reati. La decisione si basa sulla mancanza di prova di un unico disegno criminoso e sulla genericità delle censure, ribadendo che il dubbio non è sufficiente per applicare questo istituto in fase esecutiva.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

La Continuazione tra Reati: Quando il Dubbio non Basta

L’istituto della continuazione tra reati, previsto dall’articolo 671 del codice di procedura penale, rappresenta un importante strumento per mitigare il trattamento sanzionatorio quando più crimini sono riconducibili a un medesimo disegno criminoso. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22781/2024) ribadisce un principio fondamentale: per ottenere tale beneficio in fase esecutiva, non basta il dubbio, ma è necessaria la prova concreta dell’unicità del piano criminale.

I Fatti del Caso

Un soggetto, già condannato con sentenze irrevocabili per diversi delitti, presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione per ottenere il riconoscimento della continuazione tra reati. L’obiettivo era unificare le pene inflitte, ottenendo un trattamento sanzionatorio più favorevole. La sua richiesta veniva però rigettata dal Tribunale di Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione. Contro questa decisione, l’interessato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata valutazione degli elementi a sua disposizione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione del giudice di merito. Secondo gli Ermellini, il ricorrente si era limitato a formulare censure generiche, proponendo una lettura alternativa dei fatti già ampiamente e correttamente valutati in sede di esecuzione. Il ricorso, pertanto, non presentava vizi di legittimità, ma tentava di ottenere un nuovo e non consentito giudizio di merito.

Le Motivazioni: la prova del disegno criminoso nella continuazione tra reati

La Corte ha incentrato le sue motivazioni sulla necessità di una prova rigorosa per l’applicazione della continuazione tra reati. Il Tribunale aveva adeguatamente spiegato l’assenza di indicatori concreti che potessero dimostrare l’esistenza di un’originaria e unitaria progettazione dei comportamenti criminosi. La giurisprudenza costante, richiamata nell’ordinanza, stabilisce che l’identità del disegno criminoso deve essere provata e non può essere desunta dal semplice dubbio sulla sua esistenza. La Corte ha inoltre chiarito un punto cruciale relativo al principio del “favor rei” (il favore verso l’imputato). Sebbene sia un cardine del nostro sistema penale, non può essere invocato per scalfire la certezza di una sentenza passata in giudicato. Riconoscere la continuazione in fase esecutiva incide su un giudicato ormai formatosi, e per questo motivo richiede un’evidenza probatoria solida, non un mero dubbio.

Le Conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza in esame offre un’importante lezione pratica: chi intende chiedere il beneficio della continuazione tra reati dopo che le sentenze sono diventate definitive deve essere in grado di fornire prove concrete e specifiche dell’esistenza di un unico disegno criminoso concepito prima della commissione dei reati. Non è sufficiente contestare genericamente la valutazione del giudice dell’esecuzione o proporre interpretazioni alternative. La mancanza di una prova certa e l’assenza di fratture logiche nella motivazione del provvedimento impugnato portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È sufficiente avere un dubbio sull’esistenza di un unico disegno criminoso per ottenere la continuazione tra reati?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’accertamento dell’identità del disegno criminoso non può essere suffragato dal solo dubbio sulla sua esistenza. È necessaria una prova concreta che dimostri un’originaria e unitaria progettazione dei comportamenti illeciti.

Cosa succede se il ricorso per la continuazione tra reati si limita a proporre una lettura alternativa dei fatti?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte ha ritenuto che formulare censure generiche e proporre una semplice lettura alternativa degli elementi già compiutamente valutati dal giudice dell’esecuzione non è sufficiente per contestare validamente la decisione.

Il principio del “favor rei” si applica nella richiesta di continuazione in fase esecutiva?
No, non in modo incondizionato. Secondo la Corte, il principio del “favor rei” non può essere invocato per superare la certezza di una sentenza passata in giudicato. Poiché il riconoscimento della continuazione incide su una decisione definitiva, richiede prove solide e non può basarsi su semplici dubbi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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